“Il bambino che inventò lo zero”, 9 aprile a Todi incontro con l’autore
TODI - È ispirata alla vita del matematico Leonardo Fibonacci (Pisa, 1170-1240) la storia scritta dallo storico del Medioevo Amedeo Feniello nel suo libro “Il bambino che inventò lo zero”, che sarà presentato sabato 9 aprile 2016 alle 11 nella Sala del Consiglio comunale di Todi.
A parlare di questa singolare figura, alla quale è riconosciuto il merito di aver introdotto in Europa nel XIII secolo i numeri arabi, la numerazione decimale e il segno “0”, sarà l’autore intervistato dal professor Attilio Bartoli Langeli, illustre medievista che insegue quello stesso segno e numero nelle carte dei notai medievali di quell’epoca.
Leonardo Fibonacci, che da bambino visse a Bugia, l’attuale Algeria, con il padre Guglielmo dei Bonacci, nel suo “Libro dell'abaco” del 1202, scrive, per la prima volta, i numeri da zero a nove. Una rivoluzione matematica, ed anche culturale, appresa da Fibonacci dalla scienza araba. Che Amedeo Feniello racconta in un libro scritto in maniera semplice e divertente e ricca di illustrazioni, per un pubblico di ragazzi, con l’obiettivo di far amare la matematica in un modo diverso ai più piccoli, dalle scuole elementari alle medie, partendo da un bambino pisano che “ha inventato lo zero”.
L’iniziativa è promossa dalla Biblioteca Comunale di Todi in collaborazione con la scuola media Cocchi-Aosta.
“Il bambino che inventò lo zero” (Editori Laterza)
Il libro racconta la storia di Leonardo Fibonacci attraverso gli occhi di un anziano arabo che viene chiamato a curare questo vivace bambino pisano, giunto al seguito del padre mercante nella città di Bugia, nell’odierna Algeria. Leonardo è un bambino curioso, e viene attratto dalla modalità con cui il vecchio arabo risolve calcoli che i mercanti italiani, con il sistema dei numeri romani, non riescono a chiarirsi. In particolare gli interessa il concetto di “vuoto”, che arriva dagli indiani e consente di operare somme e moltiplicazioni in modo molto più veloce e sicuro. Al vuoto Fibonacci darà il nome di “zefiro”, che dal veneto “zevero” divenne il nostro “zero”.

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