Solo cento anni fa milioni di italiani, un esercito più numeroso di quello che l'UE vorrebbe oggi fermare (alzando muri), viveva la stessa identica disperazione degli attuali immigrati, nutriva le stesse speranze di assicurare a se stessi ed ai figli prospettive di vita più umane.

Maggiore è la ricchezza ed il benessere sociale che si crea in un Paese, più grande è il flusso migratorio che attira.

Si preferisce ignorare che i Paesi più evoluti hanno globalizzato risorse (petrolio, legname, diamanti, ecc.) sottraendole a quelli più poveri e in tale contesto il minimo che ci si possa attendere è di gestire il fenomeno favorendo l'integrazione in termini culturali, linguistici sociali.

I motivi più eclatanti per i quali, uomini e donne abbandonano la propria terra d'origine e le proprie case, sono ascrivibili alla fame, alla miseria o povertà assoluta, alla conflittualità etnica, alla insofferenza religiosa, alla mancanza di ogni libertà d'azione e d'opinione, ma anche perché  fuggono dalla guerra.

Un immigrato, sia esso disperato o profugo, merita di essere accolto con la stessa dignità e non classificato, come qualcuno fa, secondo l'equazione immigrato = criminale.

La delinquenza va combattuta con fermezza e gli individui che ne fanno professione, se stranieri, vanno rispediti ai paesi d'origine, ma non dimentichiamo che certi fenomeni mafiosi sono alimentati da modelli e organizzazioni malavitose nazionali.

Per questo occorre favorire ogni strategia che promuova l'integrazione stabilendo con tutte le realtà istituzionali utili collegamenti di supporto. La scuola, le associazioni degli immigrati, la Consulta degli immigrati, le associazioni del volontariato e i sindacati, sensibili al tema, devono trovare spazio per confronti sociali basati sulla dialettica e la concretezza di un inserimento proficuo, improntato alla garanzia dei diritti umani e del beneficio comune, secondo un modello relazionale esportabile in tutte le realtà.

E' importante che l'Europa affronti il problema con una sola voce sapendo che questo esodo biblico non può fermarsi e risolversi alzando muri e barriere o con l'affondamento dei barconi. Intervenire è necessario prima che il fenomeno sia fuori controllo.

La nostra idea è di creare condizioni di vita più equa all'interno di quelle nazioni che ne sono carenti: intessere politiche di cooperazione allo sviluppo, fornire i supporti tecnici e strutturati per una crescita economica e sociale dei paesi a rischio, esportare insieme a risorse umane e formative, i modelli istituzionali improntati al rispetto della dignità e della libertà delle idee.

Se si trovassero le condizioni ottimali per mettere al centro l’essere umano staremmo tutti meglio. Un uomo è un uomo a qualsiasi latitudine viva ...

Ing. Giocondo Talamonti

Condividi