Ci sono le logge, le briglie e persino una piazza che porta il suo nome e poi ancora le sue ossa custodite a San Francesco al Prato. il suo regno durerà solo otto anni, meno di quello di un sindaco dei tempi nostri o dei Podestà del ventennio. Però non ci sarà un condottiero del suo tempo più svelto e moderno di lui. Geniale nel disporre le proprie truppe e nel dividere quelle avversarie. Svelto e scaltro. Uno così ce lo facciamo scappare? Va beh, son passati quasi seicento anni dalla sua morte, ma che vuol dire? Non è il tempo che conta. E poi Perugia ha bisogno di nuovi simboli al passo con il sentire comune di chi sogna figura forti, imponenti, condottieri invincibili. Ora ci siamo con Andrea Braccio Fortebracci da Montone, ma nato a Perugia, sia inteso. A Palazzo dei Priori ci hanno pensato un bel po'. C'erano in giro diversi progetti. Facciamo un bel corteo storico con i cavalieri in corso Vannucci e i vestiti di raso, belli come quelli del Quattrocento e poi rispolveriamo questa leggenda della guerra dei sassi di Campo Battaglia, una cosa tutta nostra, tutta perugina. Pare che all'idea abbia lavorato in gran segreto una commissione scientifica non meglio precisata. I sassi? beh se son veri fanno male e se son stracci fanno ridere.

Resta il corteo in costume, i cosiddetti figuranti, e poi un torneo tra rioni anche se i rioni non ci stanno a farsi ridere dietro. Chissà dove andranno a prenderli. E poi che torneo? Non si sa. Lasciamo stare il costo di questa festa che a Perugia, dicono, manca, non c'è e invece se ci fosse magari potrebbe risollevare le sorti del centro storico, ora un po' in crisi. I commercianti ci sperano.

E Braccio? beh lui sarà la star perché c'è una data da mettere al centro di questo evento. Il 1416, giorno della vittoria di Braccio con i perugini. Ma Braccio non era un perugino?, certo, ma stava sempre in giro per l'Italia e a Perugia non era gradito. Il 1416 è il giorno della sua rivincita e da allora, come per incanto, passiamo dal medioevo alla rinascenza, ci spiegano all'assessorato alla cultura.

Braccio a riprendersi la sua città di nascita ci aveva provato altre volte, almeno altre due, ma commise l'errore di volerla espugnare superando le mura, le porte e l'animo riottoso dei cittadini. Nel 1416 invece lo scontro decisivo si giocò nella campagna di Sant'Egidio, lontano dalla città, e la vittoria di Braccio fu strepitosa, un modello ineguagliato di strategia militare per quei tempi. La prima volta fu nel 1410 e quella notte somiglia come una goccia d'acqua ad una giornata ancora lontana da venire. Il XX giugno 1859. Dunque, Fortebraccio si avvicina alla città di notte con trecento fanti e due mila cavalieri. Le sue avanguardie si presentano proprio sotto le mura di San Pietro, entrano nel monastero, sfondano due porte e sbaragliano la resistenza dei pochi perugini in attesa. La via romana è, per il grande condottiero, una passeggiata tranquilla. Una bella boccata d'aria fresca nella sua città ritrovata. Poi arriva la Porta di Sant'Ercolano e ancora la resistenza delle truppe perugine viene vinta. Si tratta di salire ancora un poco e qui c'è la sorpresa perché dalle finestre cade di tutto, dalla cenere all'acqua bollente alle poche suppellettili che esistevano allora nelle case. "Le donne incuoravano alla pugna - ricorda nella sua Storia di Perugia Luigi Bonazzi-  i figli, i fratelli, i mariti che, piombando come fulmini addosso all'inimico e sopraggiunti da nuove orde di popolo, lo costrinsero a ritirarsi". Sul campo restarono cento morti.

Come si può capire, la reputazione di questo personaggio è alquanto controversa. A Todi, durante una scaramuccia, fece tagliare la testa a cinquanta fuorusciti perugini. Allora perché interessa ancora? Dicono che c'è molto da capire e studiare. Dicono anche che un mercenario che devastò castelli, città e campagne, depredò e uccise non può essere giudicato con la mentalità di oggi. E' cambiato il contesto, ma se questi sono i nostri eroi cosa diciamo ai nostri giovani? Ecco a voi Braccio Fortebracci, l'uomo che fomentava le guerre e con queste diventava ricco. E' lui l'esempio. Al netto del contesto, si capisce. Dimenticata la splendida città del Duecento, le sue forme di autogoverno e di democrazia, il potere del popolo che non ebbe bisogno per edificare tutte le meraviglie che vediamo ancora oggi di un dittatore. Avevano le loro corporazioni e ognuno contava per ciò che sapeva fare, per il lavoro e non per il possesso. Facevano da soli e tutti insieme e il potere che veniva delegato valeva per poco e poi ruotava.

Alla prossima vigilia del XX Giugno e per gli anni a venire faremo festa ricordando il 1416, giorno in cui un condottiero perugino occupò la sua città. Ci tufferemo nel tempo sulfureo delle signorie e dei predoni. "Pretendere che Braccio amasse di cuore il popolo sarebbe un pretendere la mansuetudine da un leone ferito". Luigi Bonazzi, storico nato all'inizio dell'Ottocento, forse non l'azzeccava tutte. Forse è l'ora di riscrivere un'altra storia. E' questo ciò che ci vogliono dire con molta grazia quelli che governano a Palazzo dei Priori. Non solo su Fortebraccio, si capisce.

Renzo Massarelli

 

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