Agrippina, vittima della sua ambizione, o del sistema patriarcale romano?
Maria Pellegrini
Agrippina è conosciuta soprattutto per essere stata madre di Nerone e figlia del valoroso Germanico, colui che tutti indicavano come il futuro imperatore e considerato il piú degno successore di Augusto. È una figura femminile di cui gli storici Tacito, Cassio Dione, Svetonio e il naturalista Plinio il Vecchio hanno scritto molte notizie fornendoci un ritratto a tutto tondo. Sia Tacito negli Annali che Plinio il Vecchio nella Storia Naturale attestano inoltre di essersi avvalsi, tra le proprie fonti, anche di un’opera letteraria di Agrippina, concernente la storia della sua famiglia e quella della sua vita. Si tratta di un precedente unico. Mai una donna, a Roma, aveva scritto un’opera a sfondo storico. Tale opera, di cui non è rimasto nulla, riscosse l’onore molti anni dopo la sua morte, di essere inclusa tra le fonti di Tacito e Plinio.
Agrippina era nata (15 d. C.) in territorio teutonico, in una cittadina che poi ella stessa, nel 50 volle che fosse chiamata “Colonia di Agrippina”, dove il padre Germanico era occupato in campagne militari. Dalla piú tenera età aveva dunque respirato l’aria degli accampamenti e l’odore del pericolo. Germanico era infatti perennemente impegnato in operazioni militari. Nonostante ciò, egli teneva con sé la moglie e i figli, tra i quali il piccolo Gaio, che proprio per l’infanzia trascorsa fra le tende militari era stato soprannominato “Caligola”, da caligae, nome latino indicante le calzature dei soldati. Germanico era morto quando Agrippina aveva soltanto cinque anni, o poco meno, ma lei era stata sempre perfettamente cosciente della reputazione e dell’aura di magia che avvolgeva il nome paterno.
Morto Tiberio non sorsero dubbi: Caligola, il venticinquenne figlio di Germanico, amato dalle truppe che lo avevano visto poco più che bambino vagare per gli accampamenti al seguito del padre, fu scelto per la successione.
Il carattere ambizioso e volitivo di Agrippina si rivelò per la prima volta nel 37, quando, asceso al principato Caligola, lei e le due sorelle, Drusilla e Livilla, cominciarono praticamente a regnare insieme al fratello: situazione sino a quel momento nuova e certo destabilizzante per la conservatrice società romana. Fin dai tempi di Augusto le consorti e parenti dell’imperatore avevano diritto ai piú grandi onori e godevano di notevole influenza sulle decisioni dello Stato, sia ufficiose che ufficiali, ma in quell’epoca Agrippina aveva solo ventidue anni, e le sorelle erano adolescenti. Ed è certo che Agrippina, fin da quell’epoca, si mostrava consapevole di essere una privilegiata “discendente di un dio” (il divo Augusto di cui era pronipote). Nel 40 Agrippina fu coinvolta in un complotto contro l’imperatore e relegata nelle isole Pontine. Tuttavia più tardi, nel gennaio del 41, una nuova congiura organizzata dagli stessi pretoriani ebbe esito positivo e pose fine alla vita di Caligola a colpi di pugnale.
Nei tumultuosi momenti successivi all’assassinio di Caligola, Claudio in quanto unico membro maschio superstite della dinastia Giulio–Claudia, era stato portato a spalle in trionfo per le strade di Roma, ed eletto dai pretoriani imperatore per nessun altro merito che l’essere fratello del defunto Germanico, dunque zio di Caligola e di Agrippina. Salito al soglio imperiale, Claudio volle creare intorno a sé un clima di pacificazione generale proclamando un’amnistia, sospendendo i processi di lesa maestà e richiamando a Roma gli esiliati dei processi precedenti, anche Agrippina. Nello stesso anno in cui Claudio fu eletto imperatore, la moglie Messalina diede alla luce un figlio maschio, Britannico. Irritata per l’influenza che la nipote tornata dall’esilio aveva sul marito, Messalina prese subito a meditare all’eliminazione di quella pericolosa presenza nel Palazzo, dove lei sola intendeva essere regina. Agrippina fu in grado di tenere testa a quella terribile zia acquisita, non si lasciò intimidire dalle macchinazioni di Messalina. Anzi, per mandare ad effetto, i suoi piani a proposito dell’avvenire del figlio Domizio, il futuro Nerone, avuto da un precedente matrimonio, prese a circuire lo zio con affettuose premure le quali ottennero che il giovinetto, già amato dal popolo perché nipote di Germanico, suscitasse affetto e simpatia anche nell’animo di Claudio. Tali manovre tendenti a scavalcare Britannico, il legittimo pretendente alla successione imperiale, scatenarono l’ira di Messalina, che non esitò, secondo quanto narra Svetonio, a inviare sicari che strangolassero il giovinetto. Di questo tentativo di eliminare il giovane Nerone non v’è traccia in Tacito, ma l’episodio, anche se leggendario, rivela come la guerra tra le due donne fu dichiarata senza esclusione di colpi.
Nell’anno 48 Messalina fu uccisa in una congiura di palazzo, ordita dal liberto Narcisso: per Agrippina la via al talamo di Claudio era aperta.
Ma leggiamo attraverso le parole di Tacito come avvenne la scelta di Agrippina tra le altre possibili aspiranti a quel ruolo. Il potere dei liberti, nelle cui mani era affidato tutto l’apparato statale, era tale che essi si intromisero anche nella scelta della futura sposa di Claudio. “Con l’assassinio di Messalina la casa del Principe entrò in agitazione; i liberti cominciarono a disputarsi la scelta d’una nuova moglie per l’imperatore. […]Tuttavia, la sfida s’era alfine ridotta a quella tra Lollia Paolina, figlia del già console Marco Lollio, e Agrippina, figlia di Germanico. […] L’imperatore inclinava ora verso l’una ora verso l’altra [...] Chiamava infatti a consiglio privato i liberti discordi e comandava loro di esprimere il parere e corredarlo delle sue motivazioni. [...] Pallante propendeva per Agrippina sostenendo che era cosa assolutamente degna della sorte di un imperatore congiungere in una stirpe nobile i discendenti delle due famiglie Giulia e Claudia; e che la donna, di acclarata fecondità, di sana giovinezza, non doveva portare il nome glorioso dei Cesari in un altrui casato. Prevalsero queste ragioni, corroborate dalle blandizie di Agrippina”. Tacito aggiunge poi un malizioso commento: “Agrippina frequentava spesso lo zio paterno sotto il pretesto della parentela; essa lo sedusse, al punto che, preferita alle altre aspiranti, seppure non fosse ancora moglie, del potere di moglie già godeva”.(Annali, II, 1)
Agrippina voleva favorire l’ascesa di suo figlio Nerone al supremo potere, ma c’era un altro obiettivo nei piani di quella donna ambiziosa e di ferrei propositi: attraverso il figlio, una volta salito al trono, sarebbe stata lei, con la collaborazione di Seneca e del prefetto del pretorio Burro in qualità di “guide spirituali” dell’imperatore-ragazzo, la vera dominatrice dell’impero. Ma v’erano due ostacoli al suo piano: Britannico, il figlio legittimo di Claudio e della defunta Messalina, naturale candidato alla successione, e il proprio marito, Claudio stesso, il quale, malgrado la cattiva salute, continuava ad operare attivamente.
Agrippina abbatté l’ostacolo maggiore: dopo aver convinto l’imperatore ad adottare Nerone, di otto anni maggiore di Britannico, non ebbe esitazioni, e, sicuramente accordatasi con senatori a lei da sempre favorevoli, eliminò il suo sposo, facendogli mangiare un piatto di funghi: erano funghi avvelenati? Cassio Dione non ha dubbi in proposito, e così descrive la morte: “Agrippina fece chiamare una certa Locusta, famosa avvelenatrice recentemente condannata proprio per via di questa sua attività; dopo aver preparato con l’ausilio di costei un veleno letale, lo cosparse su uno di quei vegetali chiamati funghi. E mentre lei ne mangiò altri, fece in modo che Claudio gustasse quello avvelenato (che era appunto il più grande e il più bello), […] di notte, non appena il veleno raggiunse il suo effetto, morì senza essere riuscito a dire o a sentire nulla.” (Storia romana, LX, 34)
Agrippina aveva preparato la via al trono per il figlio diciassettenne Nerone con tanta abilità e spregiudicatezza che il passaggio di potere da Claudio a Nerone avvenne senza incidenti. Ben accolto dal Senato e dalle coorti pretorie, divenne imperatore il 13 ottobre 54 d. C., e governò per i primi anni (il cosiddetto “quinquennio felice”) in pieno accordo con i due suoi precettori, Anneo Seneca, espressione del ceto senatorio, e il prefetto del pretorio Afranio Burro, degno rappresentante della casta militare ormai decisiva nella scelta degli imperatori.
Seneca confidava troppo nell’efficacia della propria guida e nella possibilità di frenare la brama di potere di Agrippina, alla quale tuttavia doveva il suo richiamo dall’esilio, cui era stato condannato dall’imperatore Claudio. Tuttavia egli era riuscito provvisoriamente ad allontanare Nerone dall’influenza della madre e dal potere che lei rappresentava anche per i suoi legami con l’aristocrazia militare, e a ottenere anche l’eliminazione dei potenti liberti di Claudio. Ma Agrippina non era donna da lasciarsi intimorire, e aveva minacciato suo figlio di scalzarlo dal soglio imperiale a favore di Britannico, figlio di Claudio e Messalina, i cui diritti di erede legittimo del defunto imperatore erano stati completamente ignorati per favorire l’elezione di Nerone stesso, pur essendo questi soltanto figlio adottivo del defunto imperatore. Ma questa minaccia, invece di indurre Nerone all’obbedienza, lo spinse a una svolta che mise in luce i lati peggiori del suo carattere, fra i quali l’estrema spregiudicatezza e ferocia nella gestione del potere. Tanto per cominciare, Britannico fu eliminato con un veleno che lo fulminò durante un banchetto: tutti gli storici antichi concordano nell’attribuire appunto a Nerone la morte di Britannico, senza però il coinvolgimento di Seneca e Burro, anche se poi, a cose fatte, entrambi i precettori furono ricompensati con premi per il loro tacito consenso. Il prestigio e il potere di Agrippina avevano così ricevuto un duro colpo, e fu questo l’inizio di una lotta sorda fra l’imperatore e la madre, che durò quattro anni e si concluse con l’uccisione di Agrippina da parte del figlio. Tuttavia prima di giungere all’assassinio, Nerone aveva cercato di neutralizzare il potere della madre allontanandola dal Palazzo e privandola della guardia del corpo. Considerata l’inconciliabilità delle rispettive posizioni, Nerone decise di porre drasticamente fine all’invadenza della madre, mise in atto la sua atroce decisione fra il 19 e il 24 marzo dell’anno 59, durante le feste in onore della dea Minerva in Campania, a Baia. Per dissimulare la sua intenzione, aveva invitato sua madre a una cena in casa di un ricco amico. Durante il banchetto le si era mostrato premuroso, affettuoso, devoto, e l’aveva accompagnata fino alla carrozza in attesa fuori della villa congedandosi poi da lei con un bacio.
Agrippina salì sul battello che doveva ricondurla nella sua villa di Pozzuoli, ma durante il tragitto il pavimento ligneo della stanza dove lei riposava, in precedenza manomesso con la complicità di Aniceto, uno dei capi della flotta di Capo Miseno, era sprofondato. Ma la trappola aveva fallito, per caso o per un guasto del predisposto meccanismo, e Agrippina era riuscita a salvarsi a nuoto e a raggiungere la sua residenza, mandando subito a Nerone un liberto ad informarlo dell’accaduto e del modo miracoloso in cui lei era riuscita a salvarsi. Nerone passò allora alla violenza aperta: quella notte stessa incaricò Aniceto e due sicari di ucciderla raggiungendola nella sua villa. Agrippina mostrò tutta la sua forza d’animo e il suo disprezzo, offrendo spontaneamente l’addome al colpo di grazia che le era stato vibrato. Leggiamo in Cassio Dione: “Agrippina si strappò la veste, mostrò il ventre denudato e disse: Colpisci qui, colpisci qui, da dove Nerone è venuto al mondo”.( Storia romana, LXI, 13)
Tentando di sviare i sospetti dalla propria persona, l’imperatore fece circolare una opposta e complicata versione dei fatti. Tuttavia il rimorso per il matricidio non cessò mai di perseguitarlo e lo tormentò a lungo. Ma nello stesso tempo, con molti suoi atti e discorsi in pubblico, cercò di attizzare l’odio contro la sua memoria.
È stato tramandato che la caduta di Agrippina sarebbe da imputare al suo eccesso di ambizione. In realtà leggendo con attenzione Tacito, Agrippina perse il suo potere perché donna. Per i Romani rimase soprattutto una donna priva di qualunque autorità propria; è Claudio che l’aveva associata di fatto al potere politico, eludendo la prassi dello Stato patriarcale romano Infatti, sebbene Agrippina avesse eccellenti natali, fermezza virile, propensione al comando, accortezza e lungimiranza politiche, ella assunse l’effettivo comando dell’Impero romano dal giorno del suo matrimonio con l’Imperatore Claudio: questa ragione è espressa benissimo dalle parole di Tacito: nel momento in cui Nerone si adoperò per isolarla ed umiliarla, la madre avrebbe detto: “Fra le cose dei mortali nulla c’è di così vacillante e labile come la fama di un potere che non si fondi sulla propria forza”. Infatti osserva ancora Tacito: “la casa di Agrippina rimase subito deserta: nessuno si recò a consolarla e a starle vicino”. (Annali, 13.19.1).
Dopo la morte di Claudio, il Senato si illuse di poter sfruttare l’inesperienza di Nerone; Agrippina fu così ritenuta non più necessaria ai loro scopi. I senatori pensavano che l’imperatore lontano dall’influenza della madre, avrebbe lasciato il controllo politico nelle loro mani, ma si sbagliavano. Scomparsa lei, quasi tutti i senatori che si prodigarono nell’avallarne la damnatio memoriae caddero per mano di Nerone in una terribile excalation di violenze e rappresaglie.

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