Cala di 220 unità il numero dei detenuti nelle carceri dell’Umbria
PERUGIA – “La popolazione carceraria in Umbria è diminuita di 220 unità, transitando da 1563 a 1343 detenuti, a fronte di una capienza di 1324 posti. Dei 1343 detenuti presenti nei quattro istituti umbri alla data del 28 febbraio 2015, 1033 sono definitivi, mentre 310 sono in custodia cautelare. Gli stranieri sono 386, circa il 30 per cento del totale, le donne 41. Solamente 6 i semiliberi. Il 57 per cento dei detenuti definitivi sta scontando una pena inferiore ai 5 anni, vale a dire che, in considerazione delle ulteriori detrazioni concedibili attraverso la liberazione anticipata, queste persone sono in grado di vantare un'aspettativa qualificata alla concessione dell'affidamento in prova ai servizi sociali”: questi i numeri sulla situazione carceraria umbra contenuti nella relazione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale, professor Carlo Fiorio, illustrata in Aula dal presidente della commissione Sanità e Sociale, Attilio Solinas.
I principali problemi evidenziati, oltre a quelli rappresentati dai detenuti sulle dimensioni ridotte delle stanze e sulla bassa temperatura, sulla scarsa qualità del cibo e poche possibilità di svago, sono costituiti dal probabile accorpamento del provveditorato umbro sull'amministrazione penitenziaria a quello della Toscana. Critiche alla circolare che preclude la possibilità che il garante sia rappresentato da persone da lui delegate nei colloqui con i detenuti e al fatto che vi assista un agente di polizia che non si limita al controllo a vista ma ascolta anche, con possibile violazione della legge, che lo prevede solo per il 41 bis. Evidenziata l'importanza delle attività culturali che affievoliscono le conflittualità della detenzione, come ad esempio il teatro, e l'utilità di mettere a contatto le scuole con la popolazione carceraria, per una migliore cognizione sociale delle problematiche connesse. Sottolineato l'incremento delle visite, per esempio alla domenica, per non discriminare i figli delle persone detenute, e la necessità di implementare i trasporti verso le strutture detentive, che generalmente non godono di fermate nelle adiacenze.
Per quanto riguarda l'assistenza sanitaria, medici e infermieri offrono una copertura di 24 ore al giorno, ma dal dicembre 2014 è entrato in vigore un piano di ristrutturazione della medicina penitenziaria che prevede la costituzione di graduatorie aziendali all'interno delle quali saranno selezionati e assunti con contratti annuali nuovi medici, alcuni dei quali potrebbero essere alla loro prima esperienza lavorativa, circostanza che potrebbe arrecare disagi dal momento che i detenuti, oltre ai sintomi ordinari legati alle malattie di cui soffrono, hanno una serie di sintomatologie collaterali legate alla condizione detentiva che potrebbero non essere correttamente trattate da medici inesperti.
INTERVENTI
MARCO SQUARTA (FDI): “Necessario fare tutto il possibile per migliorare la condizione anche della polizia penitenziaria, che porta avanti il suo lavoro in pessime condizioni, lavorando anche nei turni di riposo settimanale, senza percepire lo straordinario se non per le ore eccedenti la durata normale di una giornata lavorativa. La relazione rischia di diventare un documento ideologico dal tono quasi inquisitorio nei confronti dell'amministrazione penitenziaria, non possiamo accettare che si contesti il diniego per i collaboratori nei colloqui con i detenuti. Giusto tutelare le persone ristrette, ma i milioni di euro l'anno che vengono spesi devono servire per l'edilizia residenziale”.
CLAUDIO RICCI (RP): “Importante armonizzare le attività delle associazioni nella rieducazione socio-culturale, l'impiego dei detenuti nei servizi pubblici e nelle attività produttive, sviluppare attività teatrali e per il recupero psico-fisico, includendo pellegrinaggi a piedi per ritrovare sé stessi. Serve anche un'azione unitaria per evitare la chiusura del provveditorato carcerario e l'accorpamento con la Toscana, in un'ottica di macroregione che dovrebbe comprendere anche le Marche. Importante anche migliorare i trasporti. Si lavori per una mozione specifica sulle problematiche evidenziate”
GIUSEPPE BIANCARELLI (UPU): “Le carceri finiscono per diventare luoghi di pena anche per la guardie. Andare fino in fondo necessità di monitorare violazioni diritti umani nei luoghi di restrizione delle libertà personali. Visitare i carcerati è segno di civiltà, garantire il recupero è importante. La popolazione carceraria diminuita, ma solo in 6 si trovano in regime di semilibertà e 32 secondo l'articolo 21, sono dunque poche le alternative alla detenzione e l'Assemblea deve farsene carico. Critica la posizione di chiusura sui colloqui da parte dell'amministrazione penitenziaria, probabilmente lesiva dei diritti delle persone ristrette. Allarmano i numeri: si sono verificati suicidi e 18 tentativi di suicidio, con un totale di 137 episodi di autolesionismo, praticamente il 10 per cento della popolazione carceraria”.
ANDREA LIBERATI (M5S): “Evidenziate condizioni di estremo disagio dei carcerati, ma non possiamo dimenticare gli agenti penitenziari, ai quali non vengono offerte possibilità di migliorare la propria condizione. Serve di più, compensazioni di tipo psicologico e familiare, occorre prendersi cura dei diritti umani di tutti. Meritoria l'opera di volontari e cappellani. Da parte della politica serve più condivisione, recarsi in visita e vedere coi nostri occhi, perché altrimenti non è facile capire come vivono gli agenti, che hanno il diritto di vivere meglio, e con essi le loro famiglie”.
GIANFRANCO CHACCHIERONI (PD): “Certezza della pena e diritti dei detenuti sono ciò che rende la giustizia più efficiente. Giusto un colloquio diretto del garante che saprà come utilizzare le informazioni che riceve. Dobbiamo incontrare le guardie carcerarie per capire meglio di cosa hanno bisogno e cosa possiamo fare noi. Serve un raccordo tra l'assessorato e le associazioni per venire incontro alle necessità, dalla carta igienica a quelle più grandi. Molto importante il reinserimento, dobbiamo ricomprendere nella società civile anche questi cittadini ristretti nelle loro libertà”.

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