I viaggiatori del Grand Tour non cercavano il Medioevo e non trovaReano la città particolarmente attraente. La videro sporca, piena di galline, triste e povera, oscura con i suoi vicoli troppo stretti. Non si facevano abbindolare neppure dalla Fontana Maggiore. Arrivavano, dopo aver tribolato su salite impossibili, con le loro carrozze in cima alla città, per cercare le rovine romane, le rimanenze classiche della storia, i paesaggi bucolici. Ma Perugia non era la campagna romana. Perugia era il medioevo. E poi sul finire del Settecento la sua identità arrivava sfibrata dai secoli vissuti nel buio dell'oppressione clericale. Persino i simboli del suo secolo d'oro, il Duecento, apparivano smorti e anneriti, più vecchi che antichi. I nostri ospiti di quel tempo preferivano il Trasimeno e poi quella straordinaria meraviglia della natura che era la Cascata delle Marmore, a Terni. Del resto, il Medioevo non era una bella parola. Ricordava i secoli dei barbari, le pestilenze, l'ignoranza, il declino e poi la scomparsa della magnificenza classica della romanità.

"Si può senz'altro dire che i momenti-culmine della storia cittadina - ha sostenuto Raffaele Rossi, storico della città e politico raffinato- sono la città etrusca, il libero comune, la Perugia democratica del Risorgimento". Rossi non cita il periodo romano perché Roma, nella storia, ha esercitato su Perugia dominio e oppressione e poi ricorda che, comunque, sia la città etrusca che quella romana "non esistono più"  anche se ci hanno lasciato rilevanti testimonianza storiche. Non è sulle mura antiche e mute che la nostra civiltà ritrova la sua memoria e la sua identità ma nella città medievale che è, in fondo, quella che abitiamo da otto secoli. La Perugia del Duecento, della Fontana Maggiore, del Palazzo dei Priori, della Cattedrale e delle chiese dentro e fuori le mura, e poi dello Studio, l'università. Insomma, Perugia e i perugini sono figli di quel tempo e da lì arriva il soffio di quella civiltà, la democrazia, il vivere sociale, il potere del popolo, le grandi corporazioni, i Consoli e i Priori.

Paradossalmente, è il medioevo o, meglio, il periodo della civiltà dei comuni, il tempo della rinascenza mentre è nel primo Rinascimento e nel tempo del signorie che la città decade sotto l'ombra minacciosa della Rocca Paolina.

Perché è importante il medioevo per Perugia? Per le cose che possiamo vedere ancora oggi ma anche perché questa città fu l'ultima a cedere al potere temporale dei papi e a resistere, finché fu possibile, in difesa del valore della autonomia e dell'autogoverno. L'Italia dei comuni, in qualche modo, finisce con la repubblica perugina che deve cedere alle armate dei Paolo III.

E' la Grande Storia che oggi cerchiamo di ritrovare lavorando sul nostro lontano e pur prossimo passato con il progetto del corteo storico e della festa medievale? E' questa la domanda che dobbiamo porci perché il pericolo è quello di cadere su banali rievocazioni, sulla retorica che non cerca ma banalizza, sulle feste paesane che producono molto rumore ma nessun sogno contemporaneo. Noi non possiamo non guardare alla nostra grande storia se non con i piedi ben fermi nel nostro tempo se no rischiamo di far scivolare per Corso Vannucci una specie di carnevale che è una festa fine a se stessa e fatta con maschere di fantasia.

Ora, una quota del famoso milione di euro concesso dal ministero dei beni culturali a Perugia finalista per la nomina a Capitale europea della cultura servirà per un non meglio precisato "Museo del medioevo". E' possibile che questi finanziamenti finiscano nel calderone di rame battuto del medioevo prossimo venturo, insomma nel corteo storico del quale si parla da tempo. Serviranno a far uscire da qualche bottega spade, elmi, corazze? E di quale epoca, del Medioevo o del primo Rinascimento, il tempo, per dire, di quel signore che si chiamò Braccio Fortebraccio che visse quando a Perugia cominciò, guidata dal potere romano, la grande spoliazione politica e una irreversibile decadenza? Facciamo il museo della repubblica perugina o delle signorie che verranno dopo? Celebriamo l'Italia dei comuni o quella dei capitani di ventura? Quante domande inutili. Facciamo semplicemente una bella festa, la festa del Medioevo. Questa cosa ci mancava. Per il resto, abbiamo il festival del cioccolato, il festival del giornalismo e tante altre cose. Può durare anche solo un giorno o due, si discute poco e ci si diverte molto. Qualche turista arriverà anche se avrà qualche difficoltà a capire dov'è la Perugia medioevale, come i viaggiatori del Grand Tour di una volta.

Renzo Massarelli

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