Piazza Piccola si chiamava così solo perché c'era quella Grande. Piazza Piccola e poi del Sopramuro e che poi ha preso il nome di Giacomo Matteotti non è davvero così piccola. Piazza Matteotti, in realtà, è una grande piazza limitata semmai dallo spazio che si prende il passaggio delle auto. Detto questo, non le manca proprio nulla, anzi. Solo che non tutti i commercianti la vedono allo stesso modo. C'è chi sostiene che è "troppo vuota" e che non sarebbe male, per riempirla un po', rimetterci la fontana che c'era una volta. Altri, più prosaicamente, pensano che lo spazio serva per i vari mercatini e per mettere più tavolini e ombrelloni. La fontana contesa è quella che si trova in viale Indipendenza, all'Alberata, e che una volta si mostrava, dicono, al centro del Sopramuro, in asse, dicono, con via Mazzini. Ciò che è certo, in realtà, è che una fontana fu rimossa nel 1887 per collocarci il monumento di Garibaldi che poi nel 1931 fu brutalmente rimosso per andare a dirigere il traffico in largo Cacciatori delle Alpi.

Ora, le fontane non sono dei soprammobili che si possono spostare dal tinello al salotto buono a seconda delle necessità del momento. Le opere d'arte sono protagoniste dell'identità di un luogo, ne fanno parte in modo integrale. Sulle città storiche non si può giocare come sul tavolo degli scacchi. Queste cose si facevano nell'Ottocento e alle porte di un nuovo secolo, il Novecento, quando la città si stava riassestando dopo tre secoli di immobilismo e di decadenza. E' così che si seguiva un vago sogno di modernità assecondando le necessità del tempo, la voglia di cambiamento, la spinta ormai incontenibile ad andare oltre le antiche mura. Una sorte simile toccò a Pietro Vannucci che stava in Piazza della Repubblica. Oggi, modificare in modo strutturale un luogo storico come piazza Matteotti non sarebbe davvero accettabile.

Chi la pensa diversamente sostiene che si tratterebbe di riportare a casa, in Piazza Matteotti, la fontana chiamata del Tritone che oggi riposa in pace dopo un pesante restauro a causa del suo stato pessimo di salute accanto a Sant'Ercolano. Dispiace ricordare ai volenterosi esercenti di piazza Matteotti che le cose non stanno come le raccontano. Basterebbe, peraltro, guardare le stampe di questa piazza presenti nei libri di storia locale per accorgersi che non si tratta della stessa fontana. Quella che si vede nelle stampe è del Seicento, fontana barocca, andata perduta quando arrivò Garibaldi, chiamata Fonte di Piazza Piccola.

Nel 1887, quando arrivò, appunto, Garibaldi, una fontana all'Alberata c'era già, costruita nel 1854, attribuita al Landoni. Non certo un'opera di eccelsa finezza ne' tantomeno di età barocca. Un'opera così, buona per il luogo al quale era stata destinata. La cosiddetta Fontana del Tritone, figlia del suo secolo, l'Ottocento, non è, per chi abbia occhi per vedere, propriamente un'opera d'arte. Sta lì, all'ombra, vicina alle nuove panchine di pietra, sotto gli alberi che le sono cresciuti attorno nel corso di così tanti anni, e non è un caso che sia rimasta dimenticata e quasi cadente per un lungo tempo. Ora che l'hanno rimessa in piedi non è proprio di grande utilità farle affrontare un viaggio breve ma tutto in salita. In piazza Matteotti, è chiaro, ci starebbe malissimo. Piazza Matteotti ha da un lato il Palazzo del Capitano del popolo e poi le linee e le proporzioni perfette del primo Rinascimento disegnate da Fiorenzo di Lorenzo per la nuova, allora, Università. Una vicinanza improponibile. Dunque non c'è da risarcire nessuno per uno scippo che non c'è mai stato.

Il corpo del reato è scomparso, la nobile Fonte di Piazza Piccola non c'è più anche perché nell'Ottocento si muovevano senza molto discernimento storico o, semplicemente, di buon gusto. Demolivano e via. Il Tritone dell'Alberata non le è gemello e neanche lontano parente. Piazza Matteotti rimarrà vuota e desolata? Ma no. Sta a noi farla vivere senza bisogno di regalarle soprammobili inutili e di poco pregio. Abbiamo perso, nel corso dei secoli, una infinità di opere d'arte. La scomparsa più dolorosa, per restare alle fontane, fu quella di Arnolfo di Cambio. Una città che è cresciuta nella storia è il risultato di grandi creazioni e di perdite irrimediabili, ma la storia di queste due fontane possiamo lasciarla ormai tranquillamente alle nostre spalle anche perché appartiene alle improvvisazioni che fioriscono all'ombra del dibattito infinito sul futuro del nostro passato, sul centro storico nel quale vogliamo vivere e sugli interessi che gli girano attorno. Sembra incredibile, ma la favola bella della fontana circola da quasi trent'anni

Renzo Massarelli

renzo.massarelli@alice.it

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