Settis e Rodotà: se Venezia muore, Gubbio diventa uno scenario finto
ROMA - L’annientamento del rapporto tra cittadini e città, le nefaste conseguenze del decreto sblocca-Italia, la continua e inarrestabile mercificazione del pubblico, la fine delle città storiche ridotte a tristi musei a cielo aperto, e tutte le ripercussioni delle penose e volgari manifestazioni di una società che per mascherare la sua inarrestabile decadenza usa la retorica del modernismo: questi i temi salienti della presentazione del libro di Salvatore Settis “Se Venezia muore”, avvenuta a Roma mercoledì 27 maggio nella sala Pietro da Cortona dei Musei Capitolini.
Salvatore Settis, Stefano Rodotà, Romerto Gramiccia, Gianni Cuperlo, Massimiliano Smeriglio, Simone Oggionni, insieme per lanciare un j’accuse a chi prosegue con pertinacia e abnegazione la distruzione sistematica delle città storiche, a chi restringe sempre di più gli spazi di agibilità democratica dei cittadini, fino a far perdere loro la memoria di sé e a farli diventare stranieri a se stessi. I centri storici si svuotano, s’impoveriscono di abitanti, e senza cittadini non ci sono più città. La bellezza asettica non vissuta porta il centro a trasformarsi in non luogo, e gli amministratori lavorano indefessamente e ciecamente per trasformare le città in divertimentifici. Le città violentate perdono la loro identità, in uno scempio culturale che sembra non aver fine.
Settis sceglie l’esempio di Gubbio, da affiancare a quello di Venezia, cogliendo l’occasione di un gruppo di eugubini del comitato per la salvaguardia dei beni architettonici e paesaggistici della loro città, venuto per l’occasione con pettorine che esprimono in modo garbato la loro protesta contro lo scempio che si sta consumando con la vetrificazione delle seicentesche Logge dei Tiratori.
Rodotà indirizza a loro il suo saluto: “Salvatore Settis ci restituisce non solo l’anima della città ma ci restituisce il progetto della città, che non è un progetto regressivo, come lui ci ricorda molto bene quando respinge una delle accuse fatte a chi guarda le città con gli occhi dei cittadini di Gubbio, che sono qui perché le loro Logge non vengano ‘vetrificate’. Settis sottolinea nel suo libro il fattore degrado, la perdita di identità, la mortificazione della città, che, come dice, ci sono tanti modi di distruggere…”
Anche Settis si rivolge ai cittadini di Gubbio presenti, per dire che il suo libro non riguarda la sola Venezia, ma un fenomeno che purtroppo coinvolge tutto il mondo, dall’Europa fino alla Cina, dove anziani disperati per la perdita della loro dimensione, dopo la distruzione del centro della loro antica città, finiscono per lasciarsi morire, depauperati dell’unica cosa che dava un senso alle loro vite: il senso di identità e di appartenenza.
“Ci sono qui i cittadini di Gubbio.” dice “È una piccola città, Gubbio, una piccola città straordinariamente preziosa, chiunque ci sia stato anche per soli cinque minuti lo sa, è una città preziosa in Italia, in Europa, nel mondo. Un centro storico che da 8700 abitanti negli anni Cinquanta è sceso agli attuali 2500 circa. Che sta vedendo chiudere tutti i piccoli esercizi commerciali, dove è rimasta una sola farmacia, gli studi medici se ne vanno e non c’è più l’ospedale. Il centro storico si svuota, e mentre il centro storico si svuota, simultaneamente le autorità, il Comune, offrono come risposta un trenino assurdo per i turisti, sul tipo di quelli di Las Vegas, che si vedono negli Universal Studios, in modo da poter girare per la città come se fosse uno scenario! Allora la città storica diventa una sorta di scenario finto, non si distingue più tra il finto e il vero, ed è in questo contesto che un opificio storico, prezioso come le Logge dei Tiratori, sarà ‘vetrificato’, come denunciano con i loro cartelli i cittadini di Gubbio qui presenti. Non è difficile per loro persuadere noi, speriamo che persuadano chi ha il potere! Le città stanno perdendo il monopolio di se stesse, non si può immaginare una città dove gli abitanti diventano servitori dei turisti. Si perde il senso civico, il senso del politico: sapete che politico deriva da politikè, che è un aggettivo che indica l’arte dei cittadini di ragionare fra loro della città dove vivono: se mancherà questo, mancherà l’anima stessa, della città e dei cittadini. La città è legata fortemente all’umano lavoro, e se si perde questo rapporto, si perde tutto.”
Teorie antieconomiche, contrarie allo sviluppo?
Settis non la pensa così, anzi è convinto che siano i comitati cittadini come quello di Gubbio a fare più economia, economia vera, e non coloro che ritengono di fare economia mercificando le città, mettendo a tutti i monumenti un cartellino con il prezzo. Bisogna intervenire subito, conclude, incominciando con l’incentivare la presenza dei giovani nelle città. Se non succederà questo, se le città non torneranno a vivere veramente e non con una vita museale solo di facciata, avremo perso tutti: le città la loro anima e i cittadini la loro.

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