di Jacopo Giombolini

Numero Zero di Umberto Eco (218 pagg., editrice Bompiani) è la sconfessione del mestiere di giornalista, ma pure la farsa, un po’ grottesca, di ciò che si è di fatto verificato in molte testate “di regime” del nostro paese nel corso di quella che chiamiamo Seconda Repubblica. Umberto Eco torna alla narrativa e lo fa trattando un'altra volta le tematiche alle quali è più affezionato: intrighi, dietrologie e leggende metropolitane stavolta inerenti la storia recente italiana, massonerie, progetti oscuri dei servizi segreti deviati e contro-storie mai raccontate. Stavolta, però, il suo personaggio principale non è né un fine studioso, come Guglielmo da Baskerville del Nome della rosa e né un astuto contraffattore, come Simone Simonini del Cimitero di Praga. Colonna è un reporter da quattro soldi, uno scribacchino fallito, come suole qualificarsi, che sull'orlo dei cinquant'anni, avendo lasciato gli studi, scritto su testate locali, corretto centinaia di bozze e fatto il ghost writer per autori peggiori di lui, riceve la proposta che probabilmente non può rifiutare.

Siamo nel 1992 e Milano, assieme alla sua struttura burocratica, sta per essere investita dall’inchiesta Mani Pulite. Un noto faccendiere del posto, proprietario di qualche emittente privata e di riviste scandalistiche, oltre che di svariate cliniche private sul litorale romagnolo, il Commendator Vimercate, decide di foraggiare un nuovo giornale, il Domani, e di assoldare una redazione molto sui generis. Il direttore è il machiavellico dottor Simmei, gli altri cinque collaboratori sono tutti nullafacenti di chiara fama, rottamati da riviste di basso profilo, che fino a quel punto della loro vita hanno trattato perlopiù oroscopi, enigmistica e affari di cuore. Colonna è l’unico ad avere un ruolo di spicco, il capo redattore, ed è anche l’unico a essere messo a parte dei reali intenti dell’editore. Il Domani non è una testata come le altre, che parla degli argomenti del giorno prima ma, come annuncia lo stesso nome, è un giornale che parla del domani, del giorno dopo la pubblicazione, che quindi fa illazioni su fatti che non sono ancora accaduti ma che potrebbero accadere e coinvolgere personaggi famosi.

Un mezzo molto potente, quindi, capace di influenzare e dirigere le abitudini della massa. Su questa nuova professione di giornalista, che deve essere capace di predire e provocare risposte, creare notizie dal niente e insabbiare verità acclarate, il direttore fonda le sue quotidiane lezioni nel corso delle riunioni di redazione, offrendo a tutti i suoi giovani redattori gli attrezzi del mestiere. Il Domani è, in effetti, un giornale destinato a non uscire mai, e tutti sono all'opera solo sul “Numero Zero”, una prova generale di ciò che il giornale potrebbe divenire: un'arma di ricatto precisa e ben affilata.

Ma quello ideato dal Commendatore è un gioco d'azzardo che non fa i conti con la presenza, all’interno della redazione, di un personaggio che ha reso il complotto una sua ragione di vita. Romano Braggadocio, esperto di scandali con la fissazione per Mussolini, tra un compito e l’altro sta venendo a capo di uno dei misteri più intriganti d’Italia: il reale destino del Duce alla fine della Seconda guerra mondiale. Braggadocio sta portando avanti da anni un reportage che lo conduce nei luoghi più bui e equivoci di Milano e che coinvolge Gladio, la P2, l'assassinio di papa Luciani, il golpe di Junio Valerio Borghese, la Cia e chissà che altro. Il Colonna verrà reso partecipe dei suoi propositi, e sarà il primo a rischiare grosso quando la vicenda prenderà una fatale piega noir.

Prosegue sul filone della “paranoia del complotto” questa nuova singolare creazione di Umberto Eco, che ancora una volta, mentre illumina gli aspetti più oscuri e gotici di Milano, offre un’inconsueta chiave di lettura ai fatti che hanno segnato la storia d’Italia nell'ultimo mezzo secolo. Si potrebbe persino pensare che Numero zero sia solo un romanzo, ma quando è del famoso filosofo e semiologo di Alessandria che stiamo parlando, davvero i confini del genere perdono ogni consistenza e tutto può essere letto come una gigantesca metafora.

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