La sen­tenza della Corte euro­pea dei diritti dell’uomo rela­tiva ai fatti della Diaz san­ci­sce sem­pli­ce­mente e defi­ni­ti­va­mente che di «tor­tura» si è trat­tato, chiede allo Stato ita­liano di adot­tare una nor­ma­tiva spe­ci­fica sulla tor­tura, oltre a risar­cire il ricor­rente Arnaldo Cestaro per i danni per­ma­nenti che i man­ga­nelli e gli scar­poni dei poli­ziotti hanno lasciato sul suo corpo, che nel 2001 con­tava 62 anni.

La sen­tenza piomba sul dibat­tito poli­tico ita­liano squar­ciando la corazza di ipo­cri­sia nella quale ci siamo ormai abi­tuati a vivere: par­liamo tutti i giorni di coef­fi­cienti di cre­scita, tassi di inte­resse, ban­che… tutte cose impor­tan­tis­sime, per carità, ma dimen­ti­chiamo com­ple­ta­mente che non esi­ste nes­sun pro­gresso sociale senza svi­luppo dei diritti civili.

Non più solo le sen­tenze di tri­bu­nali, Cas­sa­zione e Corte Euro­pea, ma ormai anche il senso comune dice quali siano stati i respon­sa­bili delle «tor­ture» den­tro la scuola Diaz e nella caserma di Bol­za­neto: i poli­ziotti che hanno mate­rial­mente par­te­ci­pato; i loro diri­genti che li hanno coor­di­nati; il governo di destra che ne ha voluto e coperto l’azione; i pre­ce­denti governi di centro-sinistra che hanno nomi­nato nella Poli­zia uomini quan­to­meno ina­de­guati, gli stessi che hanno poi gestito il G8; l’assenza nel nostro codice penale del reato di tor­tura; la non rico­no­sci­bi­lità di poli­ziotti che non hanno alcun iden­ti­fi­ca­tivo; e non ultima la sostan­ziale indif­fe­renza della gran parte della società ita­liana per tutto ciò che con­cerne lo svi­luppo di una seria nor­ma­tiva sui diritti civili.

Que­sta indif­fe­renza si ritrova spesso anche all’interno dei movi­menti, che con­si­de­rano la bat­ta­glia per i diritti civili una que­stione secon­da­ria e anche un po’ fasti­diosa rispetto alle lotte sociali.

Certo, la vio­lenza della poli­zia non è que­stione solo ita­liana. La crisi ha fatto emer­gere in tutta la sua evi­denza il pro­blema di fondo, che è l’incapacità della poli­tica, nella nostra epoca, di gestire le crisi sociali. Governi e i par­titi in crisi di rap­pre­sen­tanza, dele­gano alla poli­zia la riso­lu­zione dei con­flitti sociali. Allo stesso modo, dele­gano alla magi­stra­tura il con­trollo sulla lega­lità dei com­por­ta­menti delle isti­tu­zioni e dei poli­tici stessi, salvo poi doler­sene nei talk show.

Ma le norme sulla tor­tura dovreb­bero pre­ce­dere que­sto dibat­tito. La sen­tenza della Corte Euro­pea, chia­mando la «tor­tura» con il suo spe­ci­fico nome, ci aiuta a rico­no­scere che i fatti di Genova sono stati una «crepa» nel cuore della società ita­liana: le tor­ture alla scuola Diaz prima e alla caserma di Bol­za­neto dopo hanno por­tato alla siste­ma­tica umi­lia­zione e alla ridu­zione all’impotenza di un numero impres­sio­nante di per­sone, da parte di un numero impres­sio­nante di poli­ziotti. Quando arri­verà a matu­ra­zione anche il ricorso fatto alla stessa Corte per i fatti di Bol­za­neto, sulla giu­sti­zia ita­liana, sulle forze dell’ordine e sullo Stato cadrà non una tegola come ma l’intero edi­fi­cio di men­zo­gne imba­raz­zate e arro­ganti che hanno carat­te­riz­zato il dibat­tito pub­blico sui cosid­detti «fatti di Genova».

A que­sto punto l’unica rispo­sta seria a que­sta ver­go­gnosa vicenda sarebbe l’approvazione in tempi brevi di una norma sulla «tor­tura». Non una norma qua­lun­que, però. Certi truc­chetti che hanno carat­te­riz­zato l’iter par­la­men­tare fino ad ora potreb­bero ren­dere nullo lo sforzo. Sarebbe l’ennesima beffa. Sta anche a noi vigilare.

* L’autore è il regi­sta del film «Diaz», 2012

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