Elio Clero Bertoldi

PERUGIA - Venivano da Odessa, Russia, i Krachmalnicoff. In Italia dal 1919, a Perugia dal 1930. Le leggi razziali li colpirono quando il figlio del capofamiglia stava frequentando il liceo. Cacciato dalla scuola a 18 anni, Vittorio, fu costretto a sostenere gli esami da solo. E non superò mai lo stress di quei giorni. Qualche anno più tardi, nel 1943, la stretta sugli ebrei si fece ancora più asfissiante. I Krachmalnicoff, ricercati, (Abramo e Raja, i genitori, Vittorio e Marisa, i figli) dovettero fuggire anche da Perugia e furono aiutati dai Faina, antica casata perugina, ma anche da altre famiglie nella zona di San Venanzo, sul Monte Peglia.

É una storia avvincente e di grande impatto, psicologico e morale, quella che, Alberto Krachmalnicoff, figlio di Vittorio e membro dell'associazione Italia-Israele, racconta in questi giorni dedicati alla memoria.

“Devo dire che in Umbria, anche in quei tempi terribili, la comunità regionale nel suo insieme - sottolinea - non aveva nulla contro gli ebrei. Tanto che la popolazione e la Chiesa molto si spesero per salvare gli ebrei e non mi risulta che ci furono deportazioni in questa regione. Basti pensare, inoltre, che, due giorni prima che scattassero gli arresti furono addirittura un paio di fascisti ad avvertire mio nonno e i miei genitori di allontanarsi quanto prima da Perugia”.

Furono Aldo e Francesca Faina ad accoglierli in una loro proprietà sul Peglia.
“Ma, siccome non potevano restare per così lungo tempo in un solo posto, si registrò - spiega -una solidarietà diffusa: tante famiglie accolsero, a turno, i miei. Quella del fattore de Faina, quelle di molti coloni... Persino quella di un maresciallo dei carabinieri (Ciampi, ndr) pensate un po'... E nessuno ne denunciò la presenza...”

Si salvarono tutti, i Krachmalnicoff. E il capofamiglia, nel testamento, lasciò agli eredi un impegno morale: “Fate qualsiasi cosa per i Faina”.
Il padre di Alberto, Vittorio, non confidò mai al figlio quelle disavventura e quanto gli era capitato. Racconta Alberto: “Quando avevo 14 anni, fu mia zia, Marisa, sorella di mio padre, a mettermi a parte di quanto era avvenuto. L’Umbria dimostrò grande cuore. E ha lasciato un insegnamento: quando una legge é ingiusta, anti-umana, bisogna aver la forza di andarle contro”.

Come Antigone, che si ribellò agli ordini del re e, a rischio della vita, tumulò i resti mortali del fratello, cui era stata negata, per legge, la sepoltura.
Alberto Krachmalnicoff, a ricordo della storia della sua famiglia e della grande solidarietà degli umbri, ha girato un filmato di circa trenta minuti, intervistando tutti i testimoni di quei fatti ancora in vita e lo proietta, anche nelle scuole, per far conoscere alle nuove generazioni quanto avvenuto, nel male (le persecuzioni contro gli ebrei) e nel bene (il buon cuore dimostrato della gente umbra).

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