Alberto Burgio

 

Ana­lisi ese­ge­ti­che e testuali e un impo­nente lavoro filo­lo­gico; edi­zioni cri­ti­che ne varie­tur e accu­rate rico­stru­zioni sto­ri­che; studi bio­gra­fici e di cri­tica let­te­ra­ria: in una bat­tuta, una biblio­gra­fia storico-critica ricca di decine di testi fon­da­men­tali. È que­sto il frutto della Bruno-Renaissance veri­fi­ca­tasi in que­sti ultimi decenni e legata ai nomi (per limi­tarsi agli stu­diosi ita­liani: tra gli stra­nieri basti qui nomi­nare Fran­ces Yates) di Nicola Bada­loni, Gio­vanni Aqui­lec­chia, Alfonso Inge­gno, Michele Cili­berto e, natu­ral­mente, Euge­nio Garin. Man­cava però finora una summa enci­clo­pe­dica che siste­ma­tiz­zasse i risul­tati di que­sto gigan­te­sco lavoro in un discorso uni­ta­rio e con­creto, sul modello della dan­te­sca e della vir­gi­liana pro­dotte dall’Istituto dell’Enciclopedia Ita­liana. Ci si può chie­dere per­ché, e imma­gi­nare rispo­ste diverse.

Si può chia­mare in causa la potente mito­lo­gia subito sorta intorno alla figura e all’opera dell’autore del De la causa e della Cena delle ceneri, di que­sto sim­bolo della libertà del pen­siero e della lai­cità, della moder­nità e della sua «gene­ra­zione equi­voca»: una mito­lo­gia che, pun­tual­mente sovrap­po­nen­dosi al pro­filo sto­rico e testuale, ne ha per dir così scom­pi­gliato le linee. O si può evo­care il carat­tere radi­cal­mente «uni­ver­sale», plu­ri­di­sci­pli­nare – anzi, per dir così, trans­di­scor­sivo – di un’opera che non sol­tanto spa­zia tra filo­so­fia e let­te­ra­tura, teo­lo­gia, poli­tica e moderna scienza della natura (dove quest’ultima, fusa con le super­sti­zioni rina­sci­men­tali, dà vita a un’esaltazione della «magia» come sapere demiur­gico), ma si costi­tui­sce, let­te­ral­mente, nell’osmosi, per noi dif­fi­cile a com­pren­dersi, di que­ste dif­fe­renti logi­che. E che quindi resi­ste a una let­tura uni­ta­ria, che, per quanto dut­tile, rischia di tra­mu­tarsi in una cami­cia di forza.

Una irri­du­ci­bile eccedenza

Ben­ché Bruno sia oggi per noi un eroe della coe­renza, oltre che del corag­gio e dell’orgoglio, a sco­rag­giare l’impresa enci­clo­pe­dica è stata sin qui forse l’irriducibile ecce­denza di un discorso poli­morfo e obiet­ti­va­mente (per strut­tura e dina­mica imma­nente, oltre che per ani­mus e inten­zione) anar­chico.
Que­ste ragioni e pro­ba­bil­mente altre ancora aiu­tano a spie­gare la tarda com­parsa di stru­menti enci­clo­pe­dici incen­trati sull’opera e la figura di Gior­dano Bruno. Fatto sta che ora, asse­sta­tasi la cospi­cua messe di un plu­ri­de­cen­nale lavoro cri­tico, una pode­rosa opera colma final­mente que­sta lacuna. Mostrando come negli ultimi decenni non si sia solo lavo­rato con acri­bia, com­pe­tenza e pas­sione sul testo bru­niano e sui suoi straor­di­nari con­te­sti. Si è anche costruita, ad opera di un’agguerrita schiera di sto­rici della filo­so­fia e della cul­tura fer­rati nella ricerca filo­lo­gica, una pro­spet­tiva al tempo stesso orga­nica e arti­co­lata, aperta ben­ché robu­sta­mente unitaria.

Pub­bli­cati dalle Edi­zioni della Scuola Nor­male di Pisa in col­la­bo­ra­zione con l’Istituto Nazio­nale di Studi sul Rina­sci­mento, arri­vano in que­sti giorni in libre­ria i tre son­tuosi tomi in-quarto (due di testo, di oltre mille pagine cia­scuno, com­po­sti in colonne fitte in corpo 9; il terzo di appa­rati: biblio­gra­fia delle opere, biblio­gra­fia cri­tica e indici) di Gior­dano Bruno. Parole, con­cetti, imma­gini (euro 180). Che offrono al let­tore qual­cosa come 1200 voci, opera di 37 stu­diosi attivi in uni­ver­sità e cen­tri di ricerca di tutto il mondo, ma per la gran parte ricon­du­ci­bili a quell’officina bru­niana di incom­pa­ra­bile ope­ro­sità che Michele Cili­berto, idea­tore e cura­tore dell’opera (oltre che diret­tore dell’edizione adel­phiana delle opere di Bruno e autore di testi cri­tici di rife­ri­mento tra i quali La ruota del tempo. Inter­pre­ta­zione di Gior­dano Bruno (Edi­tori Riu­niti, 2000); Gior­dano Bruno (Laterza, 2000); Umbra pro­funda. Studi su Gior­dano Bruno (Sto­ria e Let­te­ra­tura, 2000);L’occhio di Atteone. Nuovi studi su Gior­dano Bruno (Sto­ria e Let­te­ra­tura, 2002);Gior­dano Bruno. Il tea­tro della vita (Mon­da­dori, 2007), ha saputo ani­mare nell’arco di tre decenni, vivi­fi­cando l’eredità gari­niana e al tempo stesso tra­sfor­man­dola in una instan­ca­bile fucina editoriale.

Una strut­tura labirintica

Si diceva dell’unità del per­corso e del punto di vista che lo motiva senza tut­ta­via coar­tare il discorso bru­niano. Di ciò fa fede in primo luogo la logica plu­ri­versa del lem­ma­rio, scor­rere il quale sug­ge­ri­sce con forza l’immagine di una strut­tura labi­rin­tica. Le voci sono ideal­mente ripar­tite tra cin­que ambiti. In primo luogo, le cate­go­rie teo­ri­che che strut­tu­rano il les­sico della «nolana filo­so­fia» nel con­te­sto della tra­di­zione filo­so­fica in par­ti­co­lare rina­sci­men­tale (tra que­ste i lemmi «acqua», «anima», «etere», «fato», «grembo», «infi­nito», «ombra», «sigil­lus», «uni­verso» e «vin­cu­lum»). Quindi, non senza una spe­ci­fica atten­zione ai temi della pole­mica anti­cri­stiana, le varie­ga­tis­sime fonti anti­che e moderne, let­te­ra­rie e filo­so­fi­che, teo­lo­gi­che e scien­ti­fi­che (Cice­rone e Coper­nico; Pla­tone, Ari­sto­tele, Era­smo e Cal­vino; Lucre­zio e Melan­tone; Tom­maso, Vir­gi­lio e Tycho Brahe). Terzo ambito: gli epi­sodi e i luo­ghi, le figure e i motivi della bio­gra­fia bru­niana e del mondo poli­tico, cul­tu­rale e reli­gioso che ne fu con­te­sto (voci sono per esem­pio dedi­cate a Eli­sa­betta I, a Enrico III e a Moce­nigo; e alle città e agli ate­nei nei quali il Nolano dimorò ed eser­citò il pro­prio magi­stero). Un ulte­riore insieme tema­tico rag­gruppa ideal­mente gli autori e i momenti salienti della for­tuna di Bruno, muo­vendo dal tempo della sua vita ter­rena (si vedano in pro­po­sito le voci dedi­cate a Keplero e a Mer­senne, a Spi­noza e a Leib­niz). Infine – ma non si tratta certo della com­po­nente meno ori­gi­nale dell’opera, né della meno scon­tata e age­vole – i pro­fili cri­tici degli stu­diosi che hanno stu­diato la «nolana filo­so­fia» (tra que­sti War­burg e Gen­tile, Spa­venta e Nowicki) e dei let­te­rati (da Bre­cht a Joyce, da Gadda a Cal­vino) che ne hanno tratto ispirazione.

Ma, a illu­stra­zione di quanto si diceva sull’organicità dell’opera, sulla sua capa­cità di intrec­ciare tra loro mito, sto­ria e teo­ria e di tenerli insieme in una trama coe­rente, con­nota cia­scuna voce – in par­ti­co­lare quelle lun­ghe e più den­sa­mente teo­re­ti­che – una cifra uni­ta­ria, tra­sver­sale ai diversi ambiti che la costi­tui­scono. Può darne qui una vaga idea, a titolo di esem­pio, la pur som­ma­ria sin­tesi di una delle voci dedi­cate a concetti-chiave della rifles­sione bruniana.

Un prin­ci­pio ordinatore

L’analisi del con­cetto di «anima» – diciotto fitte colonne nelle pagine di aper­tura del primo tomo – muove da una pun­tuale rico­gni­zione delle fonti, dal Pla­tone del Fedro, dell’Alcibiade primo e del Timeo a Mar­si­lio Ficino, pas­sando per Era­clito (letto per il pro­ba­bile tra­mite di Dio­gene Laer­zio) e per il De anima ari­sto­te­lico (la cui tesi dell’intima unione «ile­mor­fica» tra anima e corpo Bruno rece­pi­sce tut­ta­via cri­ti­ca­mente, per la cifra ridu­zio­ni­stica che ritiene di cogliervi); e poi, ancora, Plo­tino, Ago­stino e Tom­maso. Di qui si svi­luppa l’analisi teo­rica della con­ce­zione bru­niana dell’anima, che ne riper­corre le pro­fonde oscil­la­zioni sullo sfondo di una gene­rale e ori­gi­nale con­no­ta­zione ontologica.

L’anima è per Bruno difatti non sol­tanto né pri­ma­ria­mente il prin­ci­pio dal quale dipen­dono le atti­vità vitali e cono­sci­tive dell’uomo, bensì l’universale prin­ci­pio ordi­na­tore che innerva e muove il mondo per via del suo mani­fe­starsi, in un pro­cesso di indi­vi­dua­liz­za­zione, nei sin­goli enti, ivi com­presi i corpi cele­sti. È que­sto, si può dire, il cuore della teo­ria bru­niana dell’anima come «intrin­seco» e uni­ver­sale prin­ci­pio vitale, dina­mico e cogni­tivo (anima del mondo e nel mondo, anima mundie deus in rebus), e del suo con­ti­nuo spe­ci­fi­carsi in riflessi indi­vi­duali: una pro­spet­tiva che, tra­du­cen­dosi (così, per esem­pio, nel De l’infinito) nell’affermazione dell’endiadi anima-natura, con­tri­buirà in misura rile­vante alla costru­zione del moderno para­digma pan­tei­stico, dove Bruno figura tra le figure somme insieme a Spi­noza e Toland, al primo Schel­ling e, muta­tis mutan­dis, allo stesso Hegel.

Ovun­que, in tale pro­spet­tiva, Dio è visi­bile e in una certa misura sen­si­bile. Ragion per cui nel rico­no­scere il river­bero dell’Uno-Dio nell’originaria infi­nità del tutto con­si­ste per Bruno, al di là dalle sue forme sto­ri­che, la retta reli­gione. Si tratta, a ben vedere, di una visione dina­mica della tota­lità (Dio si espande nell’infinito spazio-temporale) e di una cosmo­lo­gia anti-deterministica che si col­lega al tratto più moderno della filo­so­fia bru­niana. L’atto cono­sci­tivo costi­tui­sce qui un gesto libero e libe­ra­to­rio, capace di var­care i con­fini del finito (si pensi all’ipotesi coper­ni­cana) e di signo­reg­giare la natura (per mezzo di un sapere magico nel quale non pare incon­gruo scor­gere una pri­mor­diale figura della prassi).

Sem­pli­cità e rigore

L’anima dun­que, da una parte, come prin­ci­pio del tutto e dell’unità delle parti; dall’altra, come forma pla­smante che «attua e fa per­fetto il tutto», con­net­ten­dosi per que­sta via alla «sostanza»: all’Uno-tutto che dà luogo a una sem­pre rin­no­vata inte­ra­zione tra il prin­ci­pio spi­ri­tuale e quello mate­riale e, di qui, all’infinita plu­ra­lità degli indi­vi­dui. È pre­ci­sa­mente il nesso anima-sostanza ad appa­rire infine cru­ciale nel qua­dro di que­sta pro­ble­ma­tica, nella ten­sione tra onto­lo­gia, filo­so­fia pra­tica, epi­ste­mo­lo­gia e rifles­sione teo­lo­gica. Emerge così la com­ples­sità di uno dei temi car­di­nali della «nova filo­so­fia», che que­sta sin­tesi enci­clo­pe­dica resti­tui­sce senza sem­pli­fi­ca­zioni né sche­ma­ti­smi, spez­zando i vin­coli disci­pli­nari carat­te­ri­stici dell’enciclopedismo moderno.
L’esempio potrebbe ripe­tersi ad libi­tum. Ma la com­ples­sità delle voci – del loro ordito sto­rico e ana­li­tico – non deve indurre in errore. Di un’enciclopedia – di un’opera di alta divul­ga­zione – effet­ti­va­mente si tratta, quindi di uno stru­mento che sconta la varie­gata com­po­si­zione del pro­prio pub­blico elet­tivo, com­po­sto non sol­tanto da cul­tori della mate­ria e spe­cia­li­sti, ma anche da quel più vasto ambito di let­tori colti – stu­diosi e stu­denti; e quel che in quest’epoca non esal­tante resta della «société des gens de let­tres» – che chiede e a buon diritto attende pagine leg­gi­bili e nette. Sce­vre da tec­ni­ci­smi, tenute in esem­plare equi­li­brio tra sem­pli­cità e rigore.

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