Bartolo, una delle glorie di Perugia e la nobiltà delle professioni legali
di Elio Clero Bertoldi
PERUGIA - Arrivò a dorso di mulo dalla natìa Sassoferrato quando aveva appena 14 anni e già in vita e nei secoli a seguire ha portato il suo nome (“lucerna iuris”, lo definivano), quello di Perugia e della sua università in ogni parte del mondo: dall’Europa alle Americhe, fino al sud Africa. Ancora oggi negli Usa, in Louisiana, magistrati e avvocati di New Orleans frequentano, con orgoglio, la prestigiosa “Bartolo’s Society”.
Nel settecentesimo anno della nascita di Bartolo (1314-1358), insigne giurista, avvocato, giudice, politico e diplomatico, Perugia (dopo Sassoferrato e Todi, dove svolse le funzioni di giudice penale e da dove, dovette fuggire, saltando una finestra e riportando anche una frattura occipitale, per una sentenza, evidentemente non gradita al popolo tuderte) é stato ricordato per iniziativa del consiglio dell’Ordine degli avvocati e dell’ateneo perugino con un convegno dal titolo “Bartolo da Sassoferrato e la nobiltà delle professioni legali”, svolto dal professor Fernando Treggiari (e con interventi tenuti dall’avvocato Gerardo Gatti, dal vicesindaco Barelli, dal presidente della corte d’appello De Nunzio, dal rettore magnifico Moriconi, dal professor Bartolini di giurisprudenza, dal presidente degli avvocati perugini Orlando, con lavori coordinati dall’avvocato Aurelio Pugliese).
Ebbe una vita, Bartolo, breve (morì poco più che quarantenne il 13 luglio 1358), ma luminosa e intensa. All’ateneo perugino, fu allievo di Cino da Pistoia, giurista e poeta (amico di Dante Alighieri) e superò il maestro. Venne a Perugia a studiare, perché allora Sassoferrato era sottoposta (dal 1297) al libero comune umbro e fu ospite del convento di San Francesco al Prato (dove ora riposano le sue ossa), in quanto era stato un francescano suo paese, Pietro di Assisi, ad avviare questo giovane di modeste condizioni agli studi e a credere nelle sue capacità intellettuali. Finì gli studi Bologna (1334), con Iacopo Buttrigario. Fu giudice a Todi, Macerata e Pisa ed insegnò negli atenei di Pisa e di Perugia (dal 1443), dove nel 1348 fu anche insignito, col fratello, del titolo di “cittadino onorario”. Subito divenne un caposcuola internazionale, tanto che l’imperatore Carlo IV gli concesse un blasone nobiliare con lo stemma del leone (gli Alfani - da Alfano figlio di Francesco, figlio del giurista - discenderebbero da lui) e il Papa lo pregava di suggerimenti e consigli. Per lo studiolo del duca di Urbino, il pittore Giusto di Gand lo rappresentò tra i 28 eroi del pensiero di tutti i tempi (da Sofocle in poi) e Luca Signorelli lo immortalò nella Libreria del vescovo Alberti ad Orvieto.
I suoi 9 libri di commenti sono stati per secoli punti di riferimento, anzi di più se in Spagna, Portogallo e loro colonie in America (come il Brasile) e in Africa, era obbligo per i giudici in caso di dubbi interpretativi “consultare Bartolo”. E persino tre-quattrocento anni dopo la morte i suoi trattati, i commenti, le sentenze risultavano “guida del diritto civile” in tutta Europa.
Perugia gli era particolarmente grata perché il numero degli studenti, con lui e dopo di lui crebbe a dismisura (Nessun é un buon giurista se non é allievo di Bartolo, si diceva) facendo contenti ateneo e Comune. Quest’ultimo lo teneva su un piedistallo anche perché era stato grazie alla sua arte diplomatica che a Perugia era stata concessa tutta una serie di privilegi dall’imperatore (incontrato a Pisa) e dal Papa (Perugia era stata nominata con bolla “studium generale”, cioè vi si potevano insegnare tutte le discipline). Era stato, Bartolo, un difensore della nobiltà delle professioni legali, in particolare di quelle “superiori”, cioè il giudice, l’avvocato e il docente di materie giuridiche per le quali serviva la laurea, in contrapposizione al procuratore legale e al notaio (che potevano operare, all’epoca, senza conseguire il titolo accademico).
Forse - ha ricordato qualcuno al convegno - sistemare un poco meglio la sua tomba in San Francesco al Prato, trattata con poco garbo, non sarebbe una cattiva iniziativa.

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