Godibilissimo
Godibile, godibilissimo. Dall’inizio alla fine: parlo del mini/spettacolo titolato “Di-verso In-verso” che venerdì 21 novembre ci ha offerto a Gualdo Tadino, presso il Cinema Teatro don Bosco, l’Amministrazione Comunale della Città delle Porte, in collaborazione con la Compagnia Arte&Dintorni.
Un mini opera lirica che in tre quadri ha riposto la sostanza di un testo d’opera di fine settecento, a firma di Marc Beaumont, poeta di corte.
Fine settecento, Francia. Domani sarà rivoluzione, oggi la vita dei privilegiati è ancora e sempre quella che è stata da un paio di secoli a questa parte; domani, appena domani, saranno loro la grande maggioranza dei 15.000/25.000 citoyens ai quali il dr. Guillotin avrà risparmiato le lungaggini della la morte naturale, e in Place de la Concorde il boia mostrerà la loro testa, separata dal corpo con la precisione che i tempi richiedono, alla folla esultante.
Domani. Ma oggi la loro vita di privilegiati è ancora quella che è sempre stata da un paio di secoli.
Gente che sa divertirsi: per questo quella sera a Gualdo è stata una gioia anche per noi. Anche per me, che mi onoro di essere il primo degli ammiratori di Marco Jacoviello (gli altri lo chiamano “il professore”), il protagonista assoluto di quella serata, nel suo ampio mantello d’altri tempi e sotto una sontuosa parrucca, bianca, bianchissima, fatta di fili d’argento rubati alle ali degli angeli
IL TRIONFO DELLA POESIA, “in tre quadri d’insieme presentati (dice la presentazione) a mo’ di siparietti musicali”, a conclusione del PROGETTO POIESIS che è toccato a me inaugurare, al Casimiri, con una striminzita conversazione sulla necessità della poesia, che rispetto allo spettacolo di cui sto parlando ha fatto la figura dei pasticcini secchi di fronte al salame del re.
La giunonica Musa che aveva il compito di legare i tre ”siparietti”, l’ha fatto con grande leggerezza, sia vocale che gestuale; coadiuvata in maniera eccellente dalla maschera laccata di un presentatore folletto, che, saltando come si conviene ai suoi simili, i toni giusti sapeva variarli con antica saggezza, la figlia adottiva di Zeus e di Melpomene ha costruito come un arioso contenitore nel quale si sono alternate lirica ed elegia, arie d’opera e canzonette pseudopopolari, battute comiche e filosofia di strada (ma stavolta a smontare il facile ottimismo del Venditore d’Almanacchi c’era un Passeggere arrivato appena un momento prima da Recanati); il tutto sempre nel segno della leggerezza. E Cirano si è aggirato a lungo in mezzo a noi spettatori, facendosi partecipi della sua dolce follia amorosa, e Rossana è rimasta per sempre lassù, in pianto fra le braccia di Cristiano
Il tutto inframmezzato da pezzi assortiti, proposti dal Sestetto di Ottoni Eugubini, che provocatoriamente lanciavano ora una sigla televisiva, orai un pezzo di classica fattura, riproponendo ancora una volta il fascino della leggerezza, ma nella sua versione più popolare: non prendiamoci troppo sul serio, ché non il giuoco non vale la candela. Li dirigeva splendidamente Marco, con una gestualità innaturale nello spazio del tutto innaturale del quale poteva usufruire.
Ho pensato alla confidenza che ci fece a suo tempo Italo Calvino nella prima delle sei Lezioni americane, quella -appunto- sulla leggerezza: “Gran parte del mio lavoro di scrittore, per oltre 40 anni, si è basato sulla sottrazione di peso; l'obiettivo che mi ponevo ogni volta che mi mettevo a scrivere era quello di alleggerire i racconti nella struttura e nel linguaggio”.
Forse la funzione essenziale della poesia è tutta qui, nel suo sublime sottrarre peso alla vita, che di questa sottrazione ha estremo bisogno per continuare ad essere se stessa.
Don Angelo M. Fanucci

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