“La poesia va letta con le vibrazioni sentimentali che evoca”.

In quest’ orizzonte  colmo di significati non sempre manifesti si è mossa la dotta relazione del prof. Angelo  Maria Fanucci dell’università  LUMSA, relatore  del secondo incontro del progetto Poiesis al Liceo di  Gualdo Tadino.  Una lectio magistralis esemplare, sviluppata con ampie citazioni di Montale, Ungaretti, Pascoli e dell’amatissimo Leopardi, iniziata dall’esigenza di dare una motivazione appropriata al fare poetico: un fare che “riguarda innanzitutto la parola caduta irrimediabilmente nell’inerzia” dell’uso comune e personalistico , ma  riscattata nella sua autentica vocazione di testimone universale di umanità  dalla poesia stessa.

Se il fare poetico risulta inutile quando la vita si arrende all’ovvietà del risaputo e del prevedibile, esso invece è prodigo di aspettative quando, di fronte all’incontentabilità umana, realizza una soluzione  immensa in grado di rappresentare non soltanto chi la scrive. In questa prospettiva il tedio, la noia di vivere  come sentimento più insopportabile, subisce un ribaltamento totale: da scarto drammatico tra essere e dover essere, a movimento dello spirito che coglie in quella dialettica il senso, l’intimità, l’intuizione del fare poetico” capace di guardare il non-io senza tremare”. Secondo Fanucci  quell’istanza  presente in ciascuno di noi a riconoscersi  nell’alterità,  e ad esserne interpreti,  è la realizzazione del gesto rivoluzionario antelitteram rappresentato dalla poesia.

 

Marco Jacoviello

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