Un ricordo di Luca Canali
di Maria Pellegrini
Conoscevo Luca Canali dai tempi lontani dell’Università, quando era assistente di Paratore e io seguivo le sue esercitazioni. Dopo la laurea non lo avevo più incontrato. Seguivo le sue pubblicazioni ma sporadicamente seppi sue notizie. Trent’anni dopo lo intravidi al supermercato, dove anch’io andavo per la spesa, intento nella scelta di cibo per gatti, o nelle vie del quartiere mentre passeggiava solitario e assorto nei suoi pensieri con l’aria vagamente assente. Un giorno si avvicinò per chiedermi notizie del cane che portavo con me. Vinsi la mia titubanza, mi presentai come una ex allieva delle sue lezioni alla facoltà di Lettere della Sapienza.
In realtà di lui ricordavo soprattutto l’atteggiamento distaccato, quasi sprezzante e la severità con la quale esaminava gli studenti, ma per il momento gli rivolsi soltanto parole di elogio per i suoi studi e le sue recenti pubblicazioni. Mi scrutò con curiosità, i suoi occhi erano velati da infinita malinconia, tuttavia un lampo di quell’antica sicurezza era rimasta nel suo sguardo freddo, tagliente come una lama, acuto quasi volesse scrutare ogni pensiero. Leggendo un suo romanzo Nei pleniluni sereni ero rimasta colpita da una frase del protagonista, Lucrezio: Sono disorientato e solo. Ipotizzo allora che sia giusto puntare sulla mansuetudine, screditando l’intelligenza che spesso degenera in strumento di dominio e di oppressione. Ma la mansuetudine corre il rischio di trasformarsi in dabbenaggine, o in oziosa complicità con i prepotenti e i malvagi. Forse bisogna vivere giorno per giorno, scegliere caso per caso, secondo i princìpi di una elementare solidarietà umana, evitando le ingiunzioni dei grandi sistemi filosofici.
Mi domandavo se queste considerazioni coincidessero con il pensiero dell’autore, e ne ebbi conferma in successivi incontri. Nel supermercato, davanti a una scatola di nasello surgelato che stava comprando, una mattina mi chiese se potevo aiutarlo per alcune ricerche in biblioteca e per copiare gli articoli scriveva per un giornale. Non si era arreso alle moderne tecnologie: neppure la macchina da scrivere era entrata nelle sue abitudini, tantomeno il computer, usava soltanto la vecchia biro Bic, sempre con l’inchiostro nero. Accettai. Scoprii che era un uomo che aveva conosciuto il dolore e la solitudine, gli affanni e le passioni, l’eccitazione e la felicità dell’amore, il disinganno e l’amarezza della sconfitta. Il professore - cominciai a chiamarlo così - usciva metodicamente tutte le mattine alla stessa ora per fare la spesa e per una breve passeggiata. Indossava abiti quasi logori che pure portava con eleganza come se fossero appena usciti dalla bottega di un sarto. Camminava in modo calmo e composto, soffermandosi spesso davanti ai cartelloni pubblicitari o ai manifesti murali, leggeva tutto ciò che fosse scritto sui muri, dalle parole volgari, ai patetici messaggi d’amore; si concedeva una breve sosta per l’acquisto di uno o più quotidiani e un veloce occhieggiare davanti all’edicola per rubare qualche notizia su giornali e riviste o sorridere maliziosamente davanti agli audaci nudi femminili, ammiccanti qua e là su tutte le pubblicazioni esposte. Talvolta mi concedeva di accompagnarlo e lo seguivo sul marciapiede lungo un alto muro di tufo che recingeva un ampio vivaio, uno spazio verde, fitto di piante e fiori multicolori che rivestivano il ridosso di una collinetta.
Era un tratto di strada verdeggiante, privo di palazzi, molto vicino alla sua abitazione. Rigogliose piante rampicanti pendevano lungo il muro e alti rami di abeti sporgenti sulla strada ombreggiavano i passanti. “L’aria è più buona qui” diceva illudendosi che quel poco verde potesse vincere la battaglia contro i gas di scarico emessi dalla fila di automobili che giorno e notte sfrecciavano lungo la grossa arteria affluente al centro della città. Lo ascoltavo seguendo l’ariosa trama dei pensieri che lo spingeva al racconto di episodi della sua vita crivellata dai colpi di un destino non certo felice. Nelle poche frasi, asciutte, semplici, essenziali, che mi rivolgeva in quelle occasioni, ne ammirai l’intelligenza, la sicurezza, la tristezza, l’umanità non la pietà, la semplicità non la banalità. Quando qualche passante richiamava la sua attenzione, lo fissava lungamente fino a costringerlo ad abbassare lo sguardo e spesso si voltava con occhio indagatore e attento, come se dovesse fermarne ben saldamente l’immagine. Lo vidi spesso curvo, al sole nelle giornate d’inverno, all’ombra in quelle d’estate, sul cofano di qualche macchina in sosta mentre leggeva i giornali che poi gettava nel cassonetto della spazzatura.
Sulla stampa di questi giorni e anche alla radio autorevoli giornalisti e professori universitari ne hanno ricordato le pubblicazioni, elogiato la sua vasta cultura, il suo amore per i classici antichi, ma c’è qualcosa della sua generosità quotidiana che vorrei sottolineare: il suo straordinario amore per gli animali - che lo spingeva a sfamare i gatti randagi del quartiere suscitando spesso le ire dei “boriosi” residenti - e l’attenzione per l’umanità più debole, gli extracomunitari che chiedevano l’elemosina. Lo aspettavano all’uscita del supermercato e lui dispensava a tutti il necessario per poter mangiare almeno per quel giorno. Ma non era solo pietà la sua, era anche curiosità per quell’umanità derelitta alla quale chiedeva quali fossero i motivi che li avevano portati nella nostra terra. Molti erano diventati suoi amici e lo rincorrevano chiamandolo “Luca, Luca”.Si fermava più a lungo a parlare con loro che con qualche sussiegoso vicino di casa.
Con il tempo, durante il lungo rapporto di lavoro, scoprii anche i difetti del suo carattere, ma come mi diceva un suo amico :”I cavalli di razza, scalpitano”. E lui era un cavallo di razza. Poliedrico e interessato a quanto si pubblicasse, dalla saggistica alla poesia, dai classici latini ai romanzi contemporanei, e lui stesso è stato poeta, saggista, romanziere, finissimo traduttore di classici latini, poeti soprattutto: Virgilio, Orazio, Catullo, Lucano, Tibullo, Properzio, Stazio, Prudenzio, Ausonio, Giovenco. Gli sarò sempre grata per quanto mi ha insegnato.

Recent comments
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago