di Alberto Prunetti

 

Un libro da bat­ta­glia e una bat­ta­glia vinta. L’opera di Tol­kien era stata con­fi­nata nel regno della let­te­ra­tura di con­sumo, di «eva­sione», per l’infanzia. Per giunta, nel vuoto di inte­resse dei cri­tici e dei let­tori di sini­stra, negli anni Set­tanta la destra, desi­de­rosa di colo­niz­zare un imma­gi­na­rio, aveva pro­vato a gher­mire la Terra di Mezzo di Tol­kien: un caso solo ita­liano, in con­tro­ten­denza con il suc­cesso de Il signore degli Anelli nei movi­menti hip­pie e alter­na­tivi dei paesi anglo­foni. Che il noir e la peri­fe­ria di Alpha­ville fos­sero luo­ghi tutt’altro che irri­le­vanti, era già stato accla­rato, e sarebbe un sui­ci­dio negare l’importanza e la dignità let­te­ra­ria della let­te­ra­tura per ragazzi. Ma attorno al fan­tasy non si regi­strava alcuna svolta cri­tica di rilievo. Anzi, su Tol­kien le accuse non si con­ta­vano: let­te­ra­tura di con­sumo, anti­mo­derna e con­ser­va­trice. Recen­te­mente, Wu Ming 4 ha aperto fronti di lotta con­tro parec­chi pre­giu­dizi ita­liani su Tolkien.

Tra i tanti elen­cati, occorre sof­fer­marsi solo alcuni che ren­dono pre­ge­vole il libro di Wu Ming 4 (Difen­dere la Terra di Mezzo, Odoya, pp. 280, euro 18): il capi­tolo illu­mi­nante sulle que­stioni lin­gui­sti­che e filo­lo­gi­che; la moder­nità delle scelte eti­che dei per­so­naggi di Tol­kien e la cri­tica della figura dell’eroe, ela­bo­rata pro­ba­bil­mente sull’onda delle vicende bel­li­che; l’inquadramento sto­rico della Con­tea nel con­te­sto della cri­tica liber­ta­ria della tec­no­lo­gia di Wil­liam Mor­ris e del ritorno a valori este­tici e arti­gia­nali con­vi­viali, ope­rato in Inghil­terra in una cor­rente che col­lega i lud­di­sti e i pre­raf­fael­liti attra­verso Ruskin. Infine il capi­tolo sul giar­di­nag­gio inglese e il pae­sag­gio della contea.

Su un punto però c’è da affon­dare il col­tello, ipo­tiz­zando una let­tura – credo sor­retta dall’impianto cri­tico di Wu Ming 4 – de Il signore degli anelli come una cri­tica anti­au­to­ri­ta­ria del potere. La stra­te­gia di Gan­dalf pre­vede infatti la distru­zione del potere. Non la rea­liz­za­zione di un con­tro­po­tere (un’ipotesi leni­ni­sta, sol­le­ci­tata da Boro­mir) ma il suo anni­chi­li­mento. Uomini potenti non pos­sono impos­ses­sarsi del potere: il potere è vischioso, attraente e ali­menta ener­gie nega­tive: quante volte coloro che sono andati al potere hanno poi tra­viato i loro ideali? Per Tol­kien il potere non può andare né ai potenti né ai saggi. Lo stesso Gan­dalf sarebbe a rischio, se indos­sasse l’anello: come Cri­sto di fronte alla terza ten­ta­zione dia­bo­lica, quella del potere, Gan­dalf resi­ste e dice «Non mi ten­tare. Non oso pren­derlo, nem­meno per custo­dirlo senza ado­pe­rarlo». L’importanza di quel passo viene riba­dita dall’autore de Il signore degli Anelli in un brano molto signi­fi­ca­tivo di una let­tera pri­vata, in cui sostiene che il vir­tuoso Gan­dalf «come signore dell’anello sarebbe stato molto peg­gio di Sau­ron». La sua sarebbe stata «un’onestà ipo­crita» che non­di­meno gli avrebbe per­messo, nel nome del bene, di «regnare e dare ordini». Così «avrebbe reso il bene dete­sta­bile e l’avrebbe fatto asso­mi­gliare al male». Una cri­tica totale e anar­chica di ogni potere.

Per que­sto a farsi let­te­ral­mente carico dell’anello del potere – e con­durlo alla sua dis­so­lu­zione nel fuoco? devono essere dei mezzi uomini: gli Hob­bit, che nulla hanno dell’eroe medie­vale, né la sua forza, né la sua hýbris. Sono deboli, eppure forti della pro­pria intel­li­genza, pieni di buon­senso e di insu­bor­di­na­zione. Al con­tra­rio Boro­mir è umano, troppo umano e la ricerca del potere lo perde: muore infatti subito dopo aver ten­tato di impos­ses­sarsi dell’anello, di toglierlo con la forza a Frodo. Diversa è la sorte di Ara­gorn, che non pra­tica la logica del comando né l’ideologia guer­riera. Certo, è un re: ma è un re ramingo, che non eser­cita un’autorità vin­co­lante e ricorda i capi esau­to­rati delle popo­la­zioni stu­diate dall’antropologo liber­ta­rio Cla­stres. Letta sotto que­sta luce, la Terra di Mezzo è intrec­ciata di echi lud­di­sti e pri­mi­ti­vi­sti: forme moderne della cri­tica anar­chica. Con una let­tura a ritroso, in Tol­kien ho ritro­vato lawil­der­ness spi­ri­tuale degli Ent assieme allo spi­rito liser­gico e al natu­ri­smo totale dello stre­gone Rada­gast, che fa venire in mente il fran­cese Camatte. E per magia in quelle pagine ho rivi­sto la cri­tica della tec­no­lo­gia di Zer­zan e la ten­sione liber­ta­ria del Wil­liam Mor­ris di Noti­zie da nes­sun Luogo: un romanzo tra i più amati dall’ultima gene­ra­zione di atti­vi­sti anglo­foni dell’ecologismo radi­cale. Poi ho volto lo sguardo verso Mor­dor e ho visto in riti­rata con­fusa le file degli appren­di­sti stre­goni di Evola, incal­zati dal libro di Wu Ming 4.

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