FOLIGNO - È  da alcuni giorni in libreria il romanzo: “Mi racconti di lui?”, Caosfera Edizioni, opera prima della giovanissima scrittrice Alessandra Squarta, umbra di Nocera. Il libro è stato presentato ieri in prima nazionale a Palazzo Trinci a Foligno, presenti l'Assessore alle Politiche per la memoria Rita Zampolini, la rappresentante della Comuntà montenegrina in Umbria Danijela Djurdjević, l'esponente dell’ Officina della Memoria Luciana Brunelli. A parlarne, Lucia Vezzoni dell'ANED.

La professoressa Vezzoni propone ai Lettori una articolata recensione dell’opera:

 

«Leggendo la Premessa, il romanzo sembra essere la storia della piccola Lisena, ma nel suo dipanarsi diventa la storia di tre donne: Maddalena, Lisena e Alessandra, la giovane autrice.

Nelle pagine del libro e nella vita delle tre donne è sempre presente il padre Stevo: “una delle persone più importanti della mia vita”, dice Lisena alla giovane intervistatrice.

 

Di lui sapremo poche cose,  ma sia la sua presenza sia la sua mancanza sono momenti determinanti, tanto che Lisena da piccola ha sempre chiesto insistentemente “Mamma, mamma, mi racconti di lui?” .

È una figura che incuriosisce le tre donne, il paese, il lettore e che ci lascia con tante domande senza risposta. Anche il titolo, Mi racconti di lui?, ci predispone all’attesa di una risposta, di un racconto, di una storia che non sarà mai completa, una storia che lascerà dei vuoti, riempiti però dalla forza e dalla determinazione tutta al femminile.

 

Stevo è  un personaggio che acquista spessore non tanto dai brevi episodi della sua vita intensa e dirompente, ma soprattutto dal legame che Lisena ha con lui sia prima di conoscerlo sia dopo. Tutta la narrazione è filtrata attraverso gli occhi di Lisena che è la vera protagonista che, con forza e sicurezza, riesce a superare gli ostacoli e a ricostruirsi un presente in cui trovare sempre un motivo di vita: l’attesa del padre, il rapporto intenso con la madre, il fratello Antonio, la nuova famiglia in Serbia, il figlio Stefano, il piacere di viaggiare e di scoprire nuovi mondi ed ora il piacere di raccontare.

 

È una storia che si dipana in tempi diversi: il tempo di  Maddalena, di Stevo, di Lisena e quello di Alessandra (il tempo della “pagina di word”). Due mondi lontani, quello di Lisena e quello di Alessandra, ma che hanno in comune la voglia di raccontare “la verità” e la voglia di narrare una storia. Il  mezzo? Le parole. È una storia che inizia negli anni della guerra, la seconda, ma non è un romanzo storico, anche se dalla storia prende le mosse: il fascismo, l’occupazione fascista del Montenegro, le deportazioni in Italia, a Colfiorito, le “casermette”, la Resistenza, i partigiani… “la guerra, … simile a una pesante trave trascinata al suolo aveva lasciato la sua traccia, la sua pesante orma nella vita di chi era rimasto.” .

 

Lisena ci racconta come la guerra è passata sulla vita della gente, come l’ha modificata “distruggendo ogni loro sogno”, come ha stravolto le speranze, le aspettative, i progetti, i sentimenti, i rapporti tra la gente, “Da bambina nella tasca dei miei pantaloni immaginavo di tenere il mio piccolo mondo, quello che avrei voluto, quello che invece non mi è stato offerto”.

 

È un romanzo che ci parla non di guerra ma di emozioni, di sentimenti, di valori, di paure, di certezze, di dubbi, di violenza, di miseria, di adolescenze non vissute, di un fine che non sempre è lieto come nelle fiabe.

È un libro che, alla fine della lettura, comincia a farti pensare: la famiglia, la paternità, la maternità, il rispetto di sé e degli altri, il pregiudizio, il saper ascoltare senza giudicare, l’imparare ascoltando gli altri, l’incontro con l’altro diverso da noi, la violenza sulla donna. E non ultima la morte: “È nello scorrere del tempo, delle lancette sull’orologio che percepisci il dolore, quella mancanza che ti toglie il fiato.”. E allora l’aggrapparsi ai ricordi per non dimenticare.

 

Mimetizzata tra le pagine, come dice Dino Renato Nardelli nella Prefazione, c’è una terza protagonista: dapprima riveste il ruolo di intervistatrice, un ruolo fastidioso, da “ficcanasa”, dice Alessandra,  che si insinua nei segreti, nei sentimenti più profondi, poi diventa sempre più definita e acquista una propria identità e, attraverso il suo piacere di scrivere, ci  trasmette ancor di più il piacere di leggere. “Ho sempre voluto scrivere per entrare nel cuore di tutti, della gente, come molti scrittori hanno saputo fare con me già a quell’età”. Alessandra riesce a trasferirci i sentimenti, l’umanità, dei suoi protagonisti e a dare loro un elevato  spessore morale e sociale.

 

Sullo sfondo il paesaggio umbro, che, oserei dire, è esso stesso un personaggio capace di commuovere,  di farti sentire i profumi di Sorifa. “Mamma mi raccontava sempre che osservare il paese fuori la tranquillizzava”.

È una scrittura piacevole e fresca; le parole arrivano al fondo del cuore e con semplicità ti avvicinano al cuore dei personaggi.

Condividi