PERUGIA - "Il clima di torpore sociale e amministrativo che si è creato attorno al nuovo Piano regolatore generale è quanto di più preoccupante si possa immaginare. Quando molti Comuni si stanno confrontando con l’opzione cemento-zero, puntando su recupero e valorizzazione dell’esistente, le linee guida approvate dalla compagine governativa tifernate danno vita ad un nuovo, gigantesco, consumo di territorio che fa immaginare un uso quanto meno discutibile della strumentazione urbanistica. Non vorremmo che fossero interessi di parte, e non una seria programmazione, a orientare i destini urbanistici di una città che sta vivendo una decadenza che sembra non avere mai fine”. Con queste parole Oliviero Dottorini, capogruppo Idv all'Assemblea regionale dell'Umbria, interviene sul nuovo Piano regolatore che il Consiglio comunale di Città di Castello ha recentemente approvato.

"Città di Castello - continua Dottorini, che nella nota fa riferimento anche alla sua carica di presidente di Umbria Migliore - muove da un Piano regolatore Cusmano ambizioso e che poneva attenzione al massimo riuso e ristrutturazione dell'esistente. Il nuovo Piano Nigro, di contro, appare incentrato sulla ricerca quasi spasmodica di nuove aree e terreni edificabili senza apparente motivo o necessità. La città infatti rimane stabile sui 40mila abitanti oramai da decenni, la sua capacità insediativa è nettamente sovradimensionata e caratterizzata da cubature inutilizzate e invendute di tutte le tipologie urbanistiche. Basti pensare ai negozi che quasi quotidianamente sono costretti a chiudere i battenti, alle imprese e agli artigiani che tentano di alienare i propri insediamenti produttivi, alle abitazioni anche di recente costruzione che restano vuote e prive di nuovi acquirenti. Per non parlare del centro storico, svuotato di funzioni e lasciato nel degrado, con decine e forse centinaia di appartamenti e locali commerciali sfitti o in vendita. Non si capisce quindi – aggiunge - in base a quale logica e attraverso quali indicatori economico-sociali l'Amministrazione comunale abbia deciso che Città di Castello avesse bisogno di 20 nuovi insediamenti su aree attualmente agricole per un totale di 100 ettari di consumo di territorio, il 10 per cento in più di insediamenti residenziali rispetto al vecchio Piano Cusmano, il 10 per cento in più di insediamenti produttivi e 250mila metri quadri di nuove costruzioni”.

“Il nostro è un territorio fragile che ha a disposizione circa 200 ettari di aree industriali in via di dismissione. Proprio queste dovrebbero essere oggetto di un serio piano di recupero, lungimirante e volto il più possibile alla tutela del paesaggio, vera ricchezza e volano dello sviluppo economico della nostra vallata. A fronte di una domanda inesistente, invece, l’Amministrazione comunale – conclude il consigliere regionale – prevede ulteriori espansioni urbanistiche, isolando la parte storica della città e lasciando interi quartieri al degrado, privi di quelle realtà storiche e commerciali che per anni hanno svolto un ruolo aggregatore e di integrazione sociale e multiculturale. L’inerzia nel contrastare l’esodo di servizi comuni e primari fuori dal centro storico fa il paio con la pratica delle varianti tese a spostare esercizi commerciali e a favorire nuovi insediamenti senza tener contro dell’esistente. Adesso, anche grazie alla elasticità che il Piano operativo offre, vigileremo ancora più attentamente affinché il Comune di Città di Castello non si trasformi nel tempio della negoziazione tra gruppi di interesse e politici locali dalle ambizioni facili”.

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