La creatività nell'era digitale
di Gian Filippo Della Croce
TODI - L’appello del Presidente della repubblica Giorgio Napolitano alla inaugurazione del salone del libro di Torino 2013 per sollecitare una maggiore sensibilità verso la cultura del nostro paese, partendo dal fatto che l’Italia è attualmente agli ultimi posti fra i paesi Ue per quanto riguarda i livelli di lettura, e questo è un elemento di preoccupazione per la tenuta sociale e democratica dell’Italia, ci mette di fronte ad una esigenza alla quale nel tempo si è guardato in vario modo, innanzi tutto cercando di organizzare i produttori di creatività, il sindacato nazionale scrittori, di cui mi onoro di rappresentare la sezione dell’Umbria, fondato nel 1948 da Corrado Alvaro, Vittorini, e Giuseppe Di Vittorio allora segretario generale della Cgil, convinto che una grande confederazione sindacale non poteva non comprendere nelle sue istanze di rappresentanza quelle della cultura e della creatività.
Istanze che però oggi debbono saper guardare oltre a tutta l’area creativa, guardare oltre il diritto d’autore ad esempio, perché non è che una delle tessere del grande mosaico che è lo scenario nel quale si combatte la grande battaglia per la conquista della conoscenza, che è il fondamento della conquista della vera democrazia.
La storia del nostro sindacato è questa: un grande contributo alla conquista della democrazia fatto di idee e di passioni. Conservare la nostra storia è conservare quelle idee e quelle passioni, producendone di nuove e maggiormente vicine alla domanda che viene dalla società che ci circonda e nella quale dobbiamo essere capaci di poter fare sempre meglio il nostro lavoro, che è quello di creare, ideare, diffondere.
Il ns sindacato deve essere uno strumento a difesa del lavoro creativo, uno strumento che nello stesso tempo ci radica nella società e per questo fin dalla sua nascita si è dato una organizzazione territoriale, e che comunque ha bisogno di modificare la sua mission per creare una grande alleanza della creatività nell’era digitale, un’era che ci sta portando a grandi scoperte, che rivoluziona le nostre vite, che influenza il nostro modo di pensare e incide significativamente sulla creatività e sui meccanismi che ne hanno regolato fino ad oggi la diffusione.
Guardiamo adesso gli scenari dove agiscono autori, editori, librai, biblioteche, lettori: 170 libri nuovi al giorno e cari, che restano in libreria poco tempo, vetrine monotitolo, scaffali interi riservati ai grandi editori che dettano condizioni ai librai, condizioni che solo i grandi editori possono fare e che mettono quindi fuori gioco gli editori più piccoli ma non per questo meno importanti , magari quelli che guardano al territorio e alle sue prerogative e alla sua capacità di esprimere culture, idee, autori, ai quali le grandi case danno poche anzi pochissime possibilità.
La crisi economica che stiamo vivendo, nelle sue varie fasi, a un certo punto nell’immaginario collettivo alimentato dai media ha individuato un antico paese, dove è nata la cultura occidentale, come il simbolo della catastrofe economica che ogni paese dell’Unione europea potrebbe vivere a sua volta, questo paese è la Grecia, ma parlando di libri, autori, editoria, lettura, il simbolo della catastrofe si chiama invece Gran Bretagna, dove fra la fine degli anni novanta e l’inizio del 2000 il prezzo dei libri è diventato libero e selvaggio.
Prima conseguenza sono sparite le librerie indipendenti mangiate dalla grosse catene. Poi quando i grandi store hanno cominciato a vendere Harry Potter a 4 sterline, sono andate in crisi anche queste.
Poi in Italia è arrivata la legge che regolamenta lo sconto sui libri ma la situazione è cambiata di poco perché’ dato che ogni giorno arrivano sul mercato 170 titoli, un libraio ne può gestire soltanto alcune decine e quali sono? Quelli che danno garanzia di essere venduti e hanno una buona promozione, cioè soprattutto quelli delle 5 sorelle ( Mondadori, Rcs, Gems, Giunti, Feltrinelli) che coprono da sole più del 60% del mercato. Il giro di affari dei libri in Italia è di circa 3 miliardi di euro, ma da noi le persone che leggono più di un libro all’anno sono solo il 15 per cento della popolazione.
Chi legge un solo libro ogni 12 mesi sono il 46,8 % degli italiani contro il 70% della Francia e l’80% della Svezia. Tutto questo capita nell’era digitale che per i libri ad esempio significa ebook (non toccato finora dalla nuova legge), una dimensione quella digitale che offre dei vantaggi ai lettori, perché sono i lettori di solito a fare la promozione del libro sui social network, e inoltre se un lettore di e book pensa che un libro costi troppo, finisce per cedere alla tentazione di scaricarlo illegalmente, nuovi problemi quindi ma anche nuove opportunità, la creatività nell’era digitale quindi non è una contraddizione, ne tantomeno un paradosso, può essere invece una opportunità per entrambi, la creatività ne trae vantaggi dalla enorme capacità di diffusione che la digitalizzazione rende possibile, pensiamo alla banda larga.
È pensiamo infine al fatto che per anni creatività e innovazione sono state sottovalutate e che come beni immateriali non sono considerate voci attive dei bilanci nazionali. Una ricerca negli usa ha stabilito che se il lavoro degli scrittori fosse stato considerato come voce del Pil sarebbero entrati nelle statistiche 9 milioni di dollari in più, e c’è chi dice da noi che la cultura non da mangiare.
Creazione artistica insieme a ricerca e innovazione fanno già parte del calcolo del Pil di Canada e Australia e ora anche deli stati uniti, tra un anno anche l’Europa comincerà a prendere la cosa in considerazione, la creatività e i beni immateriali potranno essere quindi al centro del motore dello sviluppo.
Le economie che avranno saputo rinnovarsi puntando sul wi fi, sulla creatività, sull’innovazione, decollano. quelle che sono rimaste legate ai vecchi modelli industriali vanno a fondo. Scrive Thomas Friedman e aggiunge che se sommassimo il peso specifico dei beni immateriali supererebbero di gran lunga gli altri. Il concetto di creatività è forse troppo vasto perché comprende numerosi settori, ma è comunque l’elemento che solo può garantire il cambiamento.
C’è un Pil immateriale, la cui sostanza è fatta di idee , parole, astrazioni, sperimentazioni, esperienze, forme, colori, linguaggi, stili, ammettere la sua importanza sarebbe già un grande passo avanti e per questo è importante portare alla conoscenza del più grande numero di persone possibile, delle istituzioni, della politica, che la creatività in campo artistico, culturale ma anche tecnico e scientifico è da considerare come un investimento , il riconoscimento della potenza anche economica della fantasia .

Recent comments
12 years 15 weeks ago
12 years 15 weeks ago
12 years 15 weeks ago
12 years 15 weeks ago
12 years 15 weeks ago
12 years 15 weeks ago
12 years 15 weeks ago
12 years 15 weeks ago
12 years 15 weeks ago
12 years 15 weeks ago