Materiale di grande interesse storico e antropologico è quello rinvenuto a Col di Marzo nel territorio di Montelabate nella terza campagna di scavi condotta dalle Università di Cambridge e Queen’s Belfast, in concessione della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria, con la collaborazione degli atenei di Perugia e Roma, Tor Vergata.

Questa mattina nel palazzo della Provincia -  presente il responsabile dell’Ufficio promozione eventi e living Lakes, Francesco Allegrucci che ha portato i saluti del presidente Marco Vinicio Guasticchi -  il professor Simon Stoddart (direttore degli scavi) e la professoressa Letizia Ceccarelli dell’Università di Cambridge, il professor Finbar McCormick della Queen’s University di Belfast e le professoresse Luana Cenciaioli e Laura Bonomi Ponzi della Soprintendenza Archeologica dell’Umbria hanno illustrato l’importanza delle scoperte che aprono uno squarcio sulla vita degli etruschi nei luoghi più distanti dai principali insediamenti urbani. Una civiltà rurale, lontana dai fasti e dal lusso, ma non per questo priva di “comodità”e “lussi”. E’ il caso dei corredi in ceramica dipinta che attestano il gusto per gli agi, ma anche, grazie alla presenza di lettere dell’alfabeto etrusco, che in quel villaggio abitato da un centinaio di anime c’era chi sapea leggere e scrivere.

“L’area di scavo sul Col di Marzo, una collina a 645m s.l.m. – ha spiegato il professor Stoddart - offriva la posizione ideale per un insediamento di altura che, a partire da VI secolo fino al III secolo a.C., era sede di una comunità autosufficiente, che produceva anche a fini commerciali con lavorazione di metallo e allevamento intensivo di animali, pecore in particolare. Le favorevoli condizioni dell’ambiente circostante per l’allevamento sono attestate ancora oggi dalla presenza di un ampio gregge sulla collina, controllato da un pastore. L’allevamento di  pecore, in antichità come oggi, rappresenta una risorsa fondamentale per la produzione casearia, economia integrata anche dall’ allevamento di suini e bovini. La produzione di cereali, verdure e viticultura integrava la dieta degli Etruschi che abitavano Col di Marzo, molto similmente a quanto avviene anche oggi nella Tenuta della Fondazione Gaslini".

" Questi dati precisi sull’alimentazione e l’economia del sito – ha aggiunto - sono stati prodotti da accurati studi archeobotanici e paleozoologici sui resti rinvenuti durante gli scavi, che hanno restituito anche prove tangibili di tale economia: colini in ceramica per produrre formaggio, pesi da telaio che indicano la lavorazione della lana. Infine la produzione metallurgica era funzionale sia alle necessità quotidiane, abbiamo infatti scoperto un altissimo numero di chiodi in ferro per uso di carpenteria, sia agli scambi commerciali”.

Sabato 10 agosto sarà possibile visitare il sito (ritrovo ore 10 davanti al Bar Mori di Belvedere) con il professor Stoddart in qualità di eccezionale guida che in chiusura ha ringraziato per la collaborazione la Provincia di Perugia, i Comuni di Gubbio e Perugia, la British Academy, la Browning Foundation (tramite Magdalene College di Cambridge),  la Thriplow Trust, il McDonald Institute di Cambridge, la Humanities Grant dell’Universita di Cambridge, la Commissione Europea e la Fondazione Gaslini e la Soprintendenza per i  Beni Archeologici dell’Umbria per l’appoggio a questo progetto.

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