Perugia 2019. La scommessa: Perugia laboratorio urbano
di Andrea Granelli
Il centro storico di Perugia deve essere restituito ai cittadini: il tema è noto e annoso; questa restituzione non deve essere solo simbolica, né nostalgica e neppure artificiale e neppure costruita a tavolino. Deve contribuire a non solo a curare un vulnus e a ripristinare l'antico equilibrio estetico e funzionale, ma deve - e questa è la sfida maggiore - contribuire a una reale e virtuosa rigenerazione anche dell'anima della città. Deve cioè ritornare ad essere non solo "bene comunità" di cui i cittadini si riappropriano e meta di un turismo meno curioso, ma deve diventare il fulcro economico, sociale e culturale di Perugia dove i suoi abitanti - e dunque anche gli studenti . ne diventino utilizzatori assidui e custodi premurosi.
E questa è certamente una grande sfida: fare coesistere bisogni apparentemente estremi, come la voglia di tranquillità e isolamento tipica dei borghi non marinari (che invece vivono e prosperano con gli scambi) e l'esigenza di apertura che il turismo contemporaneo pretende; come la novità e gli stimoli continui chiesti dall'esuberanza della popolazione studentesca e la stabilità e sicurezza ricercata dalle fasce più anziane, componente sempre più rilevante della popolazione perugina. Ogni cittadino dovrebbe dunque avere un motivo per frequentare il centro.
La sfida è dunque unire le iniziative di miglioramento estetico-architettonico tipiche delle rigenerazioni urbane, con la capacità di riattivare una rinascita economica e culturale stabile e auto-generante. Il centro deve dunque ritornare ad essere una realtà polifunzionale, in grado di dare residenzialità, attrarre talenti per creare startup, ospitare sedi di studi professionali, consentire la creazione di spazi culturali e creativi e rendere possibili spazi commerciali di qualità (anche fortemente sperimentali). Un vero e proprio Living Lab urbano - dunque - capace di trasformarsi - nel medio periodo - in un autentico luogo di innovazione urbana, utile per la città; una sorta di "città nella città" che deve vivere in maniera autonoma ma connessa e deve quindi essere un biosistema caratterizzato sia da omogeneità sia da differenze.
E qui devono giocare un ruolo fondamentale le istituzioni formative - di cui Perugia è ricca - per formare le nuove competenze necessarie per rendere possibile e stabile questa trasformazione dell'ecosistema urbano. Si tratta non tanto di mettere a disposizione corsi e voucher formativi, quanto di costruire - insieme ai futuri imprenditori urbani e ai pianificatori che modelleranno il centro storico non solo in termini di spazi e modalità ma anche creando opportunità economiche e culturali - le competenze effettivamente necessarie.
I bisogni architettonici e urbanistici si integrano e alimentano dunque anche le necessità economico-imprenditoriali e - di conseguenza - i fabbisogni formativi. La sfida è dunque partire dai veri bisogni, quelli che non dipendono dalle mode del momento, ma solo l'espressione - anche se iniziale ed episodica - di una vera curva della domanda che li supporti nel futuro.
Poiché viviamo nell'età della complessità, caratterizzata dalla difficoltà di formalizzare, matematizzare i fenomeni, le proprietà di un sistema (ad esempio le esigenze dell'ecosistema urbano) non si riescono più a dedurre o indurre ma sono proprietà emergenti: nascono non si manifestano solo in funzione di particolari condizioni di contesto e di specifiche capacità di osservazione. questo vale anche per l'identificazione dei bisogni del centro storico che dipende dalla molteplicità degli attori (attuali e potenziali) che sono e diventeranno i suoi utenti. Pertanto l'elemento consecutivo - e progettuale - tende a sfuggire ed acquista (nuova) centralità le sperimentazione e la verifica sul campo.
Per questo morivo Perugia deve dunque in parte trasformarsi in Living Lab, laboratorio a cielo aperto dove co-progettare e sperimentare (costruendole in maniera graduale e adattandole in corso d'opera) le nuove soluzioni del vivere, con-vivere e produrre urbano. L'incertezza da sperimentare non è però più il funzionamento tecnico ( funziona?) ma il grado di accettabilità da parte degli utenti (è utile?, viene capito dai potenziali utilizzatori?). Questi laboratori devono diventare una nuova classe di infrastrutture urbane dove testare in vivo nuovi prodotti, servizi e luoghi (negozi, botteghe, artigiani, spazi culturali...) e creare un archivio pubblico di dati sperimentali (in formato Open Data) che consenta una sorta di analisi e monitoraggio epidemiologico dell'innovazione urbana. Questo Living Lab deve anche diventare un'antenna al servizio delle imprese per fare scouting di nuove idee (o nuovi bisogni) e testarle in loco.
I servizi contenuti e l'animazione di questo luogo non possono dunque essere decisi in maniera dirigistica - pena un sicuro fallimento (o perlomeno un graduale spegnimento del luogo a valle della conclusione degli eventi programmati e finanziati) - ma vanno condivisi con gli attori locali (in primo le Università) che si fanno carico di scegliere e supportare la progettualità e creare le competenze necessarie.
Il punto di partenza per il ripensamento della componente economico-culturale del centro storico deve essere la tematizzazione definita, ma non vista come un'autolimitazione; anzi deve essere più simile ad un'opzione che - come noto - più è ampia (senza però essere generica) e più ha valore. Gli elementi tematici devono dunque rafforzare le filiere produttive caratteristiche del contesto perugino. Partendo da questi temi - che fondono le vocazioni dei luoghi con le aspirazioni di chi oggi li abita - è necessario lanciare un processo di co-disign con gli stakeolder del territorio per identificare le opportunità più concrete. In questo processo di selezione, la rilevanza del parere espresso dovrà però essere proporzionale all'impegno oggettivo sul progetto della persona (o ente) che lo manifesta, per evitare forme di pura esternazione. Solo da un'autentica responsabilizzazione di chi si impegna ad abitarlo e a valorizzarlo, si sviluppa l'intelligenza della città. Pensare che una città diventi smart solo grazie alla semplice adozione di tecnologie innovative calate dall'alto è - e continua a rimanere - un grande errore. C'è dunque una "via italiana" al risanamento dei centri storici e alla dimensione smart delle città. Perugia, che si candida a Capitale Europea della Cultura 2019, potrebbe diventare un esempio virtuoso.
Fonte: Il Sole 24 Ore

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