Elio Clero Bertoldi
 

Il ladro ha un nome: fra Winterio di Magonza, francescano. I ricettatori, anche: i Priori con a capo Matteo Francesco Montesperelli. Ma a quel tempo le norme giuridiche erano diverse e veniva considerata somma gloria il rubare reliquie e somma vergogna il restituirle. Per cui i perugini, nonostante contatti, ambascerie, prese di posizioni papali (Sisto IV), minacce dei Chiusini e soprattutto dei Senesi, non mollarono di un passo e tanto per essere chiari stanziarono una cifra notevolissima per la guerra. E, alla fine del braccio di ferro, l'ebbero vinta.
La storia del Sant'Anello, la reliquia che domani 29 luglio verrà, come tradizione, esposta in San Lorenzo, è davvero interessante.
Anno domini 1473. Fra Winterio, ospite del convento dei francescani di Chiusi, viene accusato di un furto e per questo incarcerato e torturato. Assolto, per vendicarsi del guardiano e dei confratelli che lo avevano accusato, nella notte del 23 luglio rubò la reliquia e tutta l'argenteria. Il Sant'Anello è un monile di calcedonio che, raccontava la devozione, Santa Mustiola aveva portato nel III° secolo a Chiusi, dove era stata martirizzata (all'epoca di Aureliano imperatore). Un'altra versione, più laica, sosteneva che un commerciante ebreo a Roma l'avesse ceduto in vendita ad un commerciante di Chiusi. Per tutti, all'epoca, era l'anello che Giuseppe avrebbe messo al dito di Maria, sua sposa (molti sostengono che questa usanza non vigesse all'epoca in Israele).
Il frate tedesco, in fuga da Chiusi col suo prezioso bottino, passò a sud del Lago Trasimeno ed arrivò a Perugia. Tramite un conoscente, Luca delle Mine, si mise in contatto con i Priori ai quali vendette la reliquia. Quando i Chiusini seppero che la loro reliquia era finita in mano ai Perugini si mossero per riaverla indietro. Ma intanto i perugini gioivano per quell'acquisto tanto che il 6 agosto, per ben tre volte, i Priori dovettero esporre il Sant'Anello al popolo in adorazione. Non solo: la reliquia venne trasferita, in processione pomposa, dalla cappella dei Signori al vicino Duomo.
Chiusi e Siena si rivolsero allora persino al papa Sisto IV (Francesco della Rovere, che era stato lettore di teologia a Perugia e ne aveva ottenuto ufficialmente la cittadinanza), il quale invitò Perugia - ma senza intimazioni - a restituire la reliquia. I Perugini, per far capire che erano pronti a tutto, stanziarono 40mila fiorini per la guerra contro Siena e Chiusi. Nel frattempo fra Winterio veniva tenuto prigioniero a palazzo dei Priori (ma in una sorta di suite ante litteram) e, alla sua morte, onorato con una lapide e un busto e sepolto in Duomo.
Le trattative tra le parti andarono avanti fino al 1486 quando fu trovato un accordo, in base al quale, comunque, il Sant'Anello rimase a Perugia, custodito in un reliquario d'oro e d'argento dentro ad un forziere apribile solo con una serie di chiavi (in mano a più personaggi laici e religiosi), ospitato in una cappella ad hoc (costruita nel 1488), difeso da una cancellata in ferro.
Che il Sant'Anello fosse una reliquia del tutto particolare (anche per gli aspetti di turismo religioso che richiamava) lo testimonia anche l'arte: la pala dello Sposalizio della Vergine del Perugino, lo Sposalizio della Vergine di Raffaello, l'affresco, attribuito a Giovan Battista Caporali nella chiesa di Santa Maria d'Ancaelle, sul Lago, tanto per citarne alcuni, sono tutti di poco successivi al furto sacrilego. Il Sant'Anello, per i devoti, curava asma, sciatica, calcoli renali, febbri maligne, addirittura restituiva la vista. E ancora oggi, ogni 29 luglio, la sacra reliquia, con un macchinoso sistema di sicurezza, viene mostrata ai fedeli.

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