Gli ispiratori del Sassoferrato
di Marco Bona Castellotti
Più che a Perugino e Raffaello, che ne rappresentano comunque il fulcro, l'interessante mostra allestita nella cappella di San Giovanni Battista presso il Collegio del Cambio a Perugia, curata da Francesco Federico Mancini e Antonio Natali, si concentra sul pittore marchigiano Salvi detto il Sassoferrato. Studi recenti ne hanno delineato un profilo biografico dai contorni sempre meno sfocati, accertando, fra l'altro, che nel 1677 egli apparteneva alla confraternita dei terziari francescani e svolgeva a pieno ritmo la sua fiorente professione nel rione Monti a Roma.
Oltre a produrre opere di soggetto sacro e preferibilmente mariano, aveva eseguito nella cattedrale di Perugia copie da Raffaello, che questa rassegna consente di esaminare da vicino e con occhio critico. Considerate spesso prive di pathos e di vita propria, queste copie del Sassoferrato rivelano una loro compunta intensità che, nel caso paradigmatico del Trasporto di Cristo morto, datato 1639 sul bordo della veste di Nicodemo e desunto dall'originale che Raffaello dipinse per Atalanta Baglioni, per il variare dei colori smaltati, tra reale e metafisico, per la riduzione dei dettagli decorativi e l'immobilità contemplativa dei protagonisti, assai più spiccata di quanto non sia l'azione drammatica, può dichiaratamente definirsi religiosa.
La singolare autonomia del Sassoferrato si spiega alla luce del fatto che, pur manifestando senza sotterfugi la propria dipendenza dai modelli raffaelleschi, egli li riproduce con profonda sensibilità personale, tipica di espressioni pittoriche che, nei decenni centrali del Seicento, attingono dall'ideale classico di matrice bolognese, in particolare dal Domenichino, ma aggiungono un supplemento di purificazione formale, grazie alla quale il "bello" diviene strettamente funzionale al "sacro". La pittura del Sassoferrato è il risultato di un connubio tra valori estetici e devozionali, estrema propaggine della cultura figurativa della controriforma, che poteva convivere a fianco (e in contrasto ) con la magniloquenza barocca. Sassoferrato portava così alle estreme conseguenze la semplificazione codificata dalla controriforma, liberandola però, in virtù del sentimento della dolcezza, dalla sua astrazione "senza tempo".
Estimatore del pittore marchigiano, Federico Zeri riconosceva in lui qualche affinità con Scipione Pulzone. Per Zeri il catalogo, tuttora in fieri, del Sassoferrato non sarebbe inquinato da repliche di bottega, così che anche dipinti apparentemente "minori" sarebbero di mano del maestro. Le copie esposte a Perugia dovrebbero aguzzare lo sguardo, rendendoci capaci di distinguere come certe debolezze riscontrabili, magari, nei profili dei volti, non necessariamente siano sintomo dell'intervento di aiuti.
Perugino e Raffaello. Modelli nobili per Sassoferrato a Perugia, Perugia, Collegio del Cambio, sino al 20 ottobre
Fonte: Il Sole 24 Ore del 21 luglio 2013

Recent comments
12 years 12 weeks ago
12 years 12 weeks ago
12 years 12 weeks ago
12 years 12 weeks ago
12 years 12 weeks ago
12 years 12 weeks ago
12 years 12 weeks ago
12 years 12 weeks ago
12 years 12 weeks ago
12 years 12 weeks ago