di Renato Casaioli L’ho ascoltata la prima volta una sera a Magione, durante una manifestazione dei renziani, durante la campagna elettorale per le primarie del PD. Una buona dialettica senza dubbio ma, ricordo bene, che alla fine del suo intervento non si capiva a quale modello economico e sociale, aspirasse.

Solo due punti del suo intervento risultarono chiari. Il primo il superamento del Patto di stabilità, che sta strozzando i comuni. Il secondo, una difesa accorata delle Provincie, in netta contraddizione con quanto sostiene il suo capo corrente di riferimento. Renzi, com’è noto, è per la cancellazione dell’ente Provincia.

Nadia Ginetti, la neo senatrice del PD, pur restando nel vago anche questa volta, sembra però ora far capire meglio qual è il suo modello di donna: Margaret Thatcher, e soprattutto, quale il pensiero politico ed economico, a cui guarda con viva ammirazione.

Non è una novità, dentro al PD, c’è una componente che fa esplicito riferimento quando si esprime, al liberismo. La società secondo questi personaggi, dovrebbe basarsi più sul darwinismo sociale, alleggerito da una spruzzata di carità, che non sulla solidarietà che trova nel Diritto la piena legittimazione. Lo si è capito bene quando a Ballarò è intervenuto Davide Serra, uno dei finanziatori di Matteo Renzi. Un finanziere d’assalto, si sarebbe detto un tempo. Senza giri di parole ha riproposto il vecchio schema del “più mercato e meno Stato, del via i lacci e laccioli”, e poi a seguire “il mercato si regola da solo”.

Slogan che sintetizzano un’ideologia: quella liberista appunto. Principi attraverso i quali nell’ultimo trentennio, è stato governato l’intero pianeta. Il “caso” ha voluto che in studio, ci fosse pure la scienziata ambientalista Vandana Shaiva, che con molta efficacia lo ha indicato come: “essere lui il problema”. Serra come da copione ha attaccato le pensioni, gli stipendi, soprattutto quelli pubblici, lo Stato sociale, in quanto portatori di tutti i mali. Ovviamente si è “dimenticato”, di dire che la crisi è nata proprio dagli istituti finanziari e questo gli ha permesso di non trarre le conclusioni del trentennio liberista. Avrebbe dovuto ammettere che con i soldi pubblici, si sono salvate le banche dal loro fallimento. Banche, che da tempo oramai avevano smesso di fare il loro antico mestiere: raccogliere il risparmio e finanziare il lavoro. Gli istituti di credito sono stati i principali promotori di quell’economia di carta, della cosiddetta finanziarizzazione, che ha portato al collasso l’intero pianeta. Dalla scuola di Chigago, erano partite le teorie che in Occidente la produzione di beni non era più funzionale. Che i diritti e l’ambiente, potevano essere tranquillamente calpestati. Quel pensiero nefasto, aveva trovato in Reagan e nella Thatcher, due attuatori d’eccezione. A disastro avvenuto, portarli ancora come un esempio a cui guardare fiduciosi, è davvero diabolico. Quei soldi pubblici utilizzati per salvare i santuari della finanza, sono venuti dal taglio delle pensioni, dalla cancellazione dello Stato sociale, dalla compressione di tutti i diritti di cittadinanza, dalla cancellazione di qualsiasi opera pubblica. I cantori del libero mercato non hanno storto il naso, non hanno avanzato questioni di principio, hanno semplicemente intascato i soldi pubblici e seguitato a fare, grazie al governo Monti, come prima: speculare. Questo la neo senatrice Ginetti dovrebbe saperlo. Renzi ha affermato pubblicamente che la riforma delle pensioni imposta dalla Fornero, va bene così. Anche alla neo senatrice sta bene che in futuro si andrà in pensione a oltre 70anni e con 400 euro mensili? Nel Pd è oramai tempo che una riflessione e un confronto si schiuda. L’ultimo evento, come l’iscrizione al partito dell’ex ministro Fabrizio Barca, estensore di un proprio manifesto programmatico, di fatto aprono la campagna congressuale del partito. Ne carne ne pesce, questo è oggi il PD. Conseguentemente un soggetto politico, culturale, che non riesce a essere percepito dalla società come portatore di discontinuità. Una condizione che fin quando durerà, lo condanna al perenne insuccesso.

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