di Eugenio Pierucci

 

PERUGIA - Per Stefano Vinti, segretario regionale di Rifondazione Comunista, vanno evitate speculazioni per gli aspetti penali della vicenda di don Pierino Gelmini, sia in senso colpevolista che nel senso opposto, ciò perché “per ragionare su di essa è necessario mantenere prioritariamente saldi due presupposti: la presunzione di innocenza, per chiunque, che è un principio costituzionale e un fondamento dello stato di diritto, e che non si possono contestare a priori le accuse degli ex ospiti della comunità in quanto non credibili, considerati incapaci di intendere e di volere (ma non godono di tutti i diritti civili e politici?) o capaci solo di mentire, vendicarsi e odiare”.

Altra cosa sono le valutazioni politiche, “riguardo alle quali non si può non rilevare come tanti esponenti della destra cattolica e sanfedista – fascisti ed ex fascisti, conservatori e perbenisti di tutte le gradazioni - che ha fatto della lotta alla droga una bandiera ideologica contro il presunto permissivismo laico, abbiano scompostamente reagito all’avvio delle indagini, lasciandosi andare ad una violenza che ha dell’incredibile".

“Si può ben comprendere – osserva quindi - che per alcuni ‘lor signori’, pizzicati anche di recente in atteggiamenti opposti alla proclamata pratica del proibizionismo più intransigente, si metta in evidenza l’inconsistenza morale di un’etica basata sull’ipocrisia, ma a tutto c’è un limite!”. Proseguendo perciò sempre sul piano politico, il segretario umbro del Prc non rinuncia a chiedere che si faccia comunque chiarezza su due questioni: “la prima riguarda i rapporti che sono intercorsi tra la Regione dell’Umbria e la comunità di Don Gelmini (finanziamenti, relazioni con il sistema sanitario regionale, tipo e quantità dei controlli, livello di salvaguardia della dignità e della salute degli utenti, risultati effettivi raggiunti), la seconda per capire finalmente quali rapporti di potere e di sudditanza psicologica si instaurano nelle comunità chiuse, fondate sul carisma autoritario e la 'cristoterapia'".

Per il resto Vinti afferma che le accuse mosse a don Gelmini saranno vagliate con ancora maggiore scrupolo dalla magistratura, alla quale occorre dare fiducia e non sottoporla a indebite pressioni mediatiche, ma che il sacerdote "resta comunque responsabile del sostegno politico e culturale che ha assicurato al proibizionismo e alle leggi repressive che hanno allargato la piaga della dipendenza da sostanze nocive, oltre che di aver sostenuto la legge Fini-Giovanardi che ha solo ulteriormente radicato il mercato delle sostanze, ed è colpevole, questo sì, di autoritarismo, razzismo e intolleranza”.

“Per le tossicodipendenze – insiste ancora - non servono né il carcere, né i ricoveri coatti. Alla tolleranza zero bisogna opporre una strategia dell’accoglienza sociale per la persona e le famiglie che vivono il dramma della droga, ad iniziare dalla decriminalizzazione delle condotte di vita legate al consumo. C’è necessità, piuttosto, di un forte contrasto dei traffici e di tolleranza zero nei confronti dei trafficanti”.

Da qui la necessità di “potenziare ulteriormente il ruolo dei SERT e quello dei servizi territoriali, mentre le comunità terapeutiche debbono essere messe in rete con il servizio pubblico. Ciò perché vanno sostenuti quanti da anni sono impegnati a costruire percorsi personalizzati, e perciò efficaci, di prevenzione, cura e riabilitazione, considerando la strategia della ‘riduzione del danno’ come parte integrante della rete dei servizi”.

Intervento del 27-12-2007

 

 

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