PERUGIA - Anche le strutture ricettive all’aria aperta dell’Umbria, rappresentate dalla Faita Confcommercio, esprimono un deciso NO all’introduzione della tassa di soggiorno. E lo fanno a ridosso della riunione dell’Anci che dovrebbe varare un regolamento di riferimento per tutti i Comuni umbri.

“L’introduzione della tassa di soggiorno – dichiara la presidente Faita Monica Migliorati – è doppiamente penalizzante per i campeggi e in generale le strutture ricettive all’aria aperta. Infatti nel costo giornaliero di un campeggio – che mediamente si aggira su cifre inferiori ai 10 euro – l’incidenza della tassa di soggiorno, anche fosse un euro, è molto più evidente e rilevante per la clientela. In un momento così difficile per il turismo, e con una concorrenza così forte a livello sia nazionale che internazionale, questo rischia di tagliare le gambe a tante strutture e di rendere il nostro territorio meno competitivo. Serve a monte una strategia che guardi allo sviluppo della regione e non a tassare i soggetti economici volano dell’economia turistica. Per cui, pur consapevoli che molti Comuni sono decisamente orientati all’introduzione di questo balzello, per il quale chiedono agli imprenditori di fare gli esattori, ribadiamo la nostra contrarietà perché sia chiaro che questa scelta viene fatta sulla testa delle aziende e del turismo”.

La preoccupazione della Faita Umbria è raddoppiata in considerazione del bilancio della stagione 2011 per il settore. Una indagine realizzata tra le strutture associate evidenzia in media nella regione una diminuzione del 4% negli arrivi e nelle presenze. Alcune zone (Ternano e Valnerina) segnano un trend positivo, ma il segno negativo è dato dal crollo di presenze ed arrivi al Trasimeno, vero polo attrattivo della ricettività all’aria aperta, che presenta cali attorno al 15%. Questo andamento negativo si riflette anche nei fatturati delle imprese, calati in media del 10% rispetto al 2010. La clientela prevalente dei campeggi (80%) è costituita da stranieri: Olanda, Belgio e Germania restano i principali mercati europei, con un calo sensibile di presenze, tuttavia, nell’area del Trasimeno, tradizionale roccaforte rispetto a questo target. Per quanto riguarda il 20% di clientela rappresentata dagli italiani, il 50% proviene dal Sud, il 40% dal Nord e il 10% dal Centro Italia. La permanenza media resta per gli stranieri di una settimana, mentre cala sensibilmente quella degli italiani, che si attesta attorno ai 3 – 4 giorni. Un discorso specifico merita l’area del Lago, nella quale c’è la maggiore concentrazione di strutture: nonostante una situazione idrica accettabile, il Trasimeno continua a perdere appeal nei confronti dell’estero. Diversi tour operator lo hanno tolto dai loro cataloghi e alcuni continuano a presentarlo come non balneabile.

“Come dimostrano i dati – conclude Monica Migliorati – l’inserimento della tassa di soggiorno andrebbe a gravare in una situazione già di per sé pesante, che richiede invece alla Regione uno sforzo straordinario sul fronte della promozione e della comunicazione, per ridare al Trasimeno e all’intero comparto della ricettività all’aria aperta – che “muove” decine di migliaia di turisti all’anno – una visibilità ed incidenza accettabile nei mercati, soprattutto internazionali”.
 

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