Non è raro, nelle scuole dell’altra Europa, trovare una sì scritta: “Centro di risorse per le ricerche”. Da noi, in Italia, è praticamente un ago in un pagliaio. A sentire le dichiarazioni della politica dei tecnici -”anche noi li abbiamo”-. A me sembra di incontrare quella infinita catena di coloro che credono ai miracoli, ognuno conosce qualcuno che li ha visti fare, ma, risalendo di voce in voce, del miracolo vero e proprio non se ne trova mai, neppure l’odore. Veniamo a qualche fatto. Una rappresentanza della mia scuola si è recata, all’inizio dell’anno scolastico in una scuola francese e tutto ad un tratto si è trovata catapultata in un altro mondo: là, la favola, senza miracoli, era diventata una realtà. Effettivamente c’era e c’è concretamente un ambiente per la formazione e per lo sviluppo. Uno sviluppo per l’apprendimento che stimola e potenzia quella creatività che accompagna, nella struttura psicologica una modificazione positiva degli studenti stessi di fronte al sapere ed alla cultura, proprio perchè si sentono  protagonisti e costruttori di una loro trasformazione e che li sintonizza con i cambiamenti in atto nella società.  Come succede tutto ciò?  Innanzitutto la strumentazione -a Napoli si dice che senza denari non si cantano messe-  locali e ambienti fisici dove si integrano, coesistono e si autoalimentano intelligenza libresca  ed intelligenza artificiale, biblioteche e laboratori pratico-elettronici. Gli studenti hanno solo l’imbarazzo della scelta.  Da noi, in moltissime scuole, ancora la tecnologia dell’800: gesso e lavagna. E’ penoso vedere ancora gli studenti rintanati per anni interi nelle loro aule che per forza di cose si impoveriscono nell’estetica di una miseria, appena ravvivata da qualche rischiosa e disperata scritta sulle pareti e ancora le aule come luoghi di infedele pellegrinaggio di un nomadismo che da anni non da più frutti a quei docenti che oramai somatizzano pure la loro rassegnazione professionale. Eppure basterebbe poco per schizzare in un’esplosione creativa dagli esiti imprevedibili. Un docente libero e “condizionato” di potere organizzare una didattica programmata dentro uno spazio perfettibile e suscettibile di miglioramenti a cominciare dalla strumentazione nella quale e con la quale costruire, rintracciare e comparare contenuti formativi mediante i quali gli studenti si scoprono protagonisti è cosa diversa dall’ascoltare passivamente una lezione che per ben che vada capitalizza massimo venti minuti di interazione teorica.  Diversamente, i contenuti formativi e culturali dovrebbero assumere colori e sapori nuovi per concertare con i giovani  quell’autentica musica delle emozioni che - speriamo di approfondire-  la scuola così come è non potrà mai dare.

Antonio Monaco.

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