All'oratorio passando per l'Università: ecco i manager della Santa Sede
di Armando Allegretti
PERUGIA - Arriva un nuovo Master all’Università degli Studi di Perugia, Master dal titolo “Progettazione, gestione e coordinamento dell’oratorio” ed è subito bufera. Non tanto per la qualità degli insegnamenti ma quanto per le finalità e la formazione che dovrebbe avere.
A sollevare la questione sono stati i Radicali depositando un’interrogazione a firma di Poretti e Perduca rivolta al Ministro dell'Istruzione Profumo, proprio per avere spiegazioni in merito al nuovo corso che verrà attivato ad aprile.
Il Master – si legge - ha come finalità il perfezionamento delle competenze di base nella realizzazione, gestione e coordinamento di un progetto d’oratorio parrocchiale. “Ritenendo che l'iniziativa ha un carattere assolutamente privatistico – sottolineano i Radicali - non avente lo scopo di creare professionalità da impiegare nel mondo del lavoro ma di valorizzare l’esperienza esclusivamente dottrinale della Chiesa cattolica i senatori radicali chiedono di sapere quali oneri per lo Stato tale attività comporta dato che si favorisce la formazione esclusivamente in senso cattolico degli studenti”.
L’interrogazione depositata chiede inoltre “quali sono le materie di insegnamento previste - e soprattutto si chiede al Ministro - “se non si ritenga opportuno richiamare il senato accademico dell’Università degli Studi di Perugia sull’opportunità di istituire tale master invece di indirizzare risorse per corsi di perfezionamento per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani in attività formative”.
Promotrici di questa “rivoluzionaria” iniziativa didattica sono l’Anspi (associazione nazionale S. Paolo Italia) e la Ceu (Conferenza episcopale umbra), le quali, esaltano con toni trionfali degni di una vittoria dell’Italia alla Coppa del Mondo, la realizzazione del Master.
Ma come si struttura questo corso? Direttamente dal sito web dell’ateneo umbro si legge che gli studenti impareranno a: “Perfezionare le competenze di base nella realizzazione, gestione e coordinamento di un progetto d’Oratorio. Migliorare le competenze psico-pedagogiche in merito alla relazione educatore-ragazzo. Far crescere le competenze didattiche volte a promuovere la capacità di progettazione, organizzazione e valutazione del setting educativo. Ampliare le conoscenze socio-antropologiche del contesto territoriale, istituzionale ed ecclesiale che gravita intorno all’Oratorio. Definire le buone prassi per l’elaborazione di percorsi formativi specifici, utili alla crescita delle figure educative coinvolte nell’attività di Oratori”.
Sul sito dell’Anspi si legge: “Per gli educatori che saranno coinvolti, sarà un impegno di gratuità a favore dell’oratorio”. Una formazione post-laurea per un vero e proprio volontariato in Santa Sede.
E i crediti? Il numero di CFU (credito formativo universitario) che la partecipazione al corso attribuisce è 40. Quindi, considerando che, per conseguire la laurea triennale ne occorrono 180, per quella magistrale 120, non meravigliamoci se gli iscritti al corso indetto dalla Ceu e dall’Anspi supererà il numero minimo di attivazione.
Ma un oratorio ha davvero bisogno di tutti questi manager?




Friday
10/02/12
14:30
Mi sembra una polemica strumentale. Primo: perché gli oratori, al pari dei centri sociali e di ogni altra struttura che favorisce la socialità, sono presidi educativi importanti. Secondo: i master sono finanziati con le quote di iscrizione e quindi a costo zero per l'Ateneo.
Speriamo che, effettivamente, lo sviluppo di centri di aggregazione sociale possa garantire lavoro a giovani professionalità. Le vicende del degrado che sta vivendo Perugia sono sotto gli occhi di tutti, quindi meglio aggregare i giovani che lasciarli allo sbando. Meglio farli lavorare nelle iniziative che fanno crescere il senso di dialogo, rispetto e solidarietà umana, che lasciarli abbandonati a loro stessi, senza una prospettiva. Per quanto la Chiesa possa essere censurabile, non bisogna fare di tutta un'erba un fascio. Altrimenti, se ci guardiamo intorno con onestà e coerenza, non credo che ci siano più 'santi' intorno a noi, verso qualsiasi parte volgiamo lo sguardo.
Le famiglie che inviano i loro ragazzi all'oratorio e i loro figli, i giovani che si iscrivono al master etc., debbono essere liberi di scegliere, altrimenti ricadiamo nello stesso errore di chi condanniamo: la società omologata.
Personalmente, anche io sono stato indirizzato all'oratorio da piccolo, ci sono stato un mese, mi stava stretto e non mi trovato a mio agio, me ne sono andato. Non per questo ora sono qui a condannare gli oratori. I senatori radicali, fin troppo stipendiati come i loro colleghi, si dedicassero ai problemi cogenti, come la meritoria battaglia che stanno facendo sulle carceri.
Friday
10/02/12
15:08
Allora per rispondere a mister X , punto primo nessuno ha criticato dicendo che l'oratorio non è un presidio educativo importante, anzi lo è, come ben dice, allo stesso livello di un centro sociale, peccato che non è stato mai finanziato un master sulla gestione di un centro sociale. Domandiamoci perchè non è stato mai finanziato un centro sociale: non perchè privo di risorse economiche (vaste nel mondo ecclesiastico)o perchè privo di individualità culturali, ma perchè l'organizzazione di un centro di aggregazione non compete ad una figura professionale titolata ma alla collettività proprio per favorire l'aggregazione sociale. Se è necessario creare nuove figure professionali-spirituali, lo si può far benissimo all'interno dell'oratorio stesso, senza necessità di servirsi delle strutture pubbliche che sono laiche per costituzione e soprattutto evitando, in un periodo di gravi crisi economica come questa, di dover tassare i ragazzi interessati,e inoltre queste tasse potrebbero essere anche investite all'interno dell'attività dell'oratorio nel momento in cui i corsi siano tenuti all'interno dell'oratorio stesso.
Concludo dando pieno sostegno all'attività dei Senatori della Repubblica e al Dottor Minelli che nei giorni scorsi aveva messo in risalto la questione
Friday
10/02/12
15:54
Non sono d'accordo, credo che inserire figure appositamente formate e pagate, dentro i centri di aggregazione, sia un elemento qualificante degli stessi, per rendere più efficace la loro azione sociale. Sono d'accordo con Lei sul fatto che l'organizzazione dei centri di aggregazione deve essere espressione di una comunità, sia essa laica associativa, di quartiere o parrocchiale. Ma questo principio, non presuppone che gli stessi non debbano garantire dei servizi adeguati e con personale preparato, pagato e specializzato. Consideriamo che i centri di aggregazione, laici o confessionali che siano (mi riferisco non solo a quelli Cattolici), sono una delle frontiere più avanzate che entrato in contatto con il disagio sociale, quindi è importante che problemi esistenziali delicati, siano affrontati da personale specializzato. Lo stesso Ateneo dispone di una struttura interna, per il sostegno, anche psicologico agli studenti. Che poi la Chiesa navighi nell'oro, come del resto i partiti, è fuori di ogni dubbio. La sicurezza tanto sbandierata ed evocata dai politici, si crea anche facendo azione di prevenzione e sostegno nei centri di aggregazione giovanile. Piuttosto credo che il pubblico dovrebbe investire nella creazione di posti di lavoro per il sostegno alle politiche sociali.
Per creare le figure spirituali ci siano già i seminari o le scuole di teologia. Discorso diverso per le figure che sono preparate dalle facoltà di scienze della formazione, per fornire un supporto sociale - educativo - pedagogico - psicologico. Ad esempio nell'Ateneo di Perugia esiste anche un corso di laurea in psicologia. Formare dei professionisti non è mai un male e non necessariamente, gli oratori potrebbero avere al loro interno professionalità adeguate. L'Ateneo deve trasferire sapere e professionalità alla società nel suo complesso.
Per lo stesso principio che il signor Artur contesta sulle risorse interne agli oratori, anche la pubblica amministrazione, dovrebbe essere capace al suo interno di formare e aggiornare i propri dipendenti, eppure paga master, corsi di aggiornamento, centri di formazione etc. etc. collaborando in prima persona con il mondo universitario.
Non sono a conoscenza se questo master benefici di soldi pubblici, solitamente sono gli iscritti a pagarsi il master di tasca propria. Evidentemente se l'Ateneo ha organizzato questo master, ha individuato una esigenza formativa e una richiesta da parte di potenziali iscritti. Riguardo ai master nel complesso, vogliamo parlare delle decine e decine di master sui beni culturali e turismo che hanno creato solo illusioni? Anche in quel caso non saranno stati buttati al vento dei soldi? Comunque, dei master in gestione dei servizi, dei centri e delle strutture sociali esistono in Italia. Quindi accolgo il suo appello e, spero anche io, che se ne possa attivare uno anche in gestione dei centri - socio culturali a Perugia. Nella speranza che questo crei lavoro e non solo altri 'disoccupati' qualificati. Forse sbaglio, ma più che dei volontari, abbiamo bisogno di lavoratori motivati, per creare sviluppo e crescita sociale.