Via dell'Alpe di Serra alla base della rinascita del centro storico
CITTA' DELLA PIEVE - Città della Pieve si fa parte attiva nella riscoperta delle antiche vie di pellegrinaggio dal Nord Europa a Roma, aderendo al progetto per la valorizzazione della Via Romea di Stade (detta Via dell’Alpe di Serra nel tratto Forlì-Montefiascone), che prende il nome dal percorso effettuato dal monaco Alberto nel 1236 da Stade (nelle vicinanze di Amburgo) alla Città Eterna. La denominazione “Via Teutonica” (o di Alemagna) si è diffusa al di là dell’Appennino Tosco-Emiliano, in riferimento alla provenienza della maggior parte dei pellegrini che la percorrevano.
Accanto alla sua valenza dal punto di vista storico-culturale, l’iniziativa riveste notevole importanza dal punto di vista turistico, soprattutto per l’individuazione di percorsi a piedi o in bicicletta. La città del Perugino può contare sul lavoro di ricerca condotto da anni dallo storico Valerio Bittarello, Operatore culturale del Comune, che ha consentito di individuare i tracciati tra le tappe di Ossaia, Castel della Pieve, Torrone, Orvieto, citate dal monaco Alberto. Lo studio di Valerio Bittarello, effettuato sul campo e sulle carte dell’Istituto Geografico Militare di Firenze, mettono in luce come la stessa nascita e lo sviluppo del centro urbano di Città della Pieve sia il frutto del suo essere snodo tra la Via dell’Alpe di Serra e la Via di Monte Bardone (detta poi Francigena). Così afferma Bittarello: “Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente venivano meno le opere di regimazione delle acque della Valdichiana realizzate da etruschi e romani; così a partire dal sec. V d.C. cominciavano i primi segni di impaludamento della valle.
La Via Cassia, la via consolare che collegava Roma a Chiusi, Arezzo e Firenze, diveniva pertanto in alcuni tratti intransitabile. I Longobardi, che avevano occupato tutta la Tuscia sul finire del sec. VI d.C., sostituirono la Via Cassia con due percorsi alternativi utilizzando precedenti tracciati: la Via di Monte Bardone e la Via dell’Alpe di Serra. La Via di Monte Bardone - quella che poi verrà chiamata Francigena a seguito della sconfitta subita dai Longobardi ad opera del Re dei Franchi Carlomagno - da Bolsena, situata sulla Via Cassia, si dirigeva verso Acquapendente, Radicofani, San Quirico d’Orcia, Siena, Lucca (capitale della Tuscia longobarda), e attraversava il Passo della Cisa (Monte Bardone da Mons Langobardorum) per raggiungere Pavia, sede della monarchia longobarda.
La Via dell’Alpe di Serra, invece, da Montefiascone situata sulla Via Cassia si dirigeva verso Orvieto, il colle dell’odierna Città della Pieve, la dorsale collinare di Castiglione del Lago, Cortona, Arezzo, Bibbiena e superava l’Appennino all’altezza dell’Alpe di Serra, a sud-est del Passo dei Mandrioli, per raggiungere, attraverso Bagno di Romagna, Galeata, Meldola, Forlì situata sulla Via Emilia. Questa via lambiva il Corridoio Bizantino, primo nucleo dello Stato della Chiesa, vale a dire quella fascia di territorio che collegava Ravenna a Roma attraverso la Valle del Tevere. Per i Longobardi la strada aveva un’eminente importanza militare nel quadro del lungo conflitto contro i Bizantini. Pertanto il colle dell’odierna Città della Pieve, attraversato dalla Via dell’Alpe di Serra, assumeva una grande rilevanza strategica per il fatto che si avvistava Perugia, centro nevralgico della difesa bizantina tra Ravenna e Roma e si controllava la direttrice nord-sud dal Pratomagno al Monte Cimino. E’ del tutto probabile che intorno al sec. VII d.C. sulla cima del colle i Longobardi della Tuscia - più precisamente quelli di Chiusi - avessero costruito un avamposto militare (castrum) in avvistamento di Perugia bizantina. Successivamente, nelle vicinanze del castrum, situato forse presso l’odierna Via Manni, chiamata un tempo non a caso Via Lombardia, veniva edificata una Pieve, chiesa con funzioni battesimali, dedicata ai Santi Gervasio e Protasio, martiri di Milano e quindi della “Longobardia”.
La Pieve, posta sotto la giurisdizione del Vescovo di Chiusi, assolveva alle funzioni di assorbimento delle ultime “schegge” di paganesimo della popolazione sparsa nonché della cristianizzazione della gente longobarda, secondo un procedimento diffuso in tutta la Tuscia: gli individui che entrano nella chiesa per riconoscersi cristiani si riconoscono anche come comunità sul piano civile. Nel nostro caso la Pieve esercitava una forte attrazione anche nei confronti di quella popolazione che era costretta ad abbandonare la valle a causa del suo progressivo impaludamento. Si creava quindi un centro urbano intorno alla Pieve che verso il sec. XI veniva compreso all’interno di una cinta muraria: si formava così il Castello della Pieve, antico nome della città.
Soprattutto tra i secc. XIII - XIV la Via dell’Alpe di Serra costituiva un importante percorso commerciale, di pellegrinaggio verso Roma, ma anche di collegamento tra le sedi papali di Viterbo, Orvieto e Perugia. In questo quadro Castel della Pieve diventava un centro obbligato nel percorso tra Orvieto e Perugia. Si registrano infatti in questo periodo numerosi passaggi di Pontefici, Re e Imperatori per Castel della Pieve. Tra tutti andranno ricordati i passaggi del Papa francese Martino IV, il quale, diretto da Orvieto a Perugia, sostava a Castel della Pieve tra il giugno e l’ottobre del 1284, come del Re di Sicilia Carlo I d’Angiò , il quale nel 1283 transitava per la nostra città per andare in Francia. Castel della Pieve si sviluppava commercialmente e quindi a livello urbanistico non solo per essere attraversata dalla Via dell’Alpe di Serra, ma anche per essere in prossimità (circa 30 Km) della Via Francigena, via internazionale di commerci e pellegrinaggi, alla quale era legata da numerosi percorsi. Nei duecenteschi Annali di Alberto, Abate di Santa Maria Stadense in Germania, dove Castel della Pieve figura come una delle tappe della Via dell’Alpe di Serra, i due monaci Firri e Tirri dialogano in prossimità di Bologna su quale sia il miglior tracciato per raggiungere Roma: la Via dell’Alpe di Serra viene giudicata preferibile al tracciato della Francigena.
Nelle Rationes Decimarum della fine del sec. XIII si cita l’esistenza a Castel della Pieve di un “Hospitale novum” e di una “Domus leprosorum de dicto castro”. Sicuramente nel sec. XIII, lungo il percorso della Via dell’Alpe di Serra all’interno della città, si trovavano l’Ospedale dei Disciplinati nei pressi dell’odierno Oratorio di Santa Maria dei Bianchi e fuori Porta Romana, l’Ospedale dei Santi Filippo e Giacomo nelle vicinanze di Santa Maria dei Servi. Per quanto riguarda l’ospedale dei lebbrosi è interessante notare che lungo la strada per Roma, a circa 1 km dalla città, si trova la località Lazzaretto, dove insiste l’antica chiesa denominata non a caso Madonna della Sanità”.

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