Umbria Jazz a Barcellona: “El jazz que sale de la bota”
PERUGIA - “Special guests” alla 43esima edizione del “Festival Jazz Internacional” di Barcellona, Danilo Rea, Enrico Rava, Paolo Fresu, Stefano Bollani, Gabriele Mirabassi, Giovanni Guidi, musicisti targati “Umbria Jazz” (che nella manifestazione umbra hanno ormai il loro “domicilio artistico” e, per dir così, il “marchio di fabbrica”, che rende la casa-madre riconoscibile e visibile nel mondo) si sono fatti ben valere durante la settimana italiana del Festival della città catalana, con concerti che, al jazz club “Luz de Gas” o al Teatro del Conservatorio del Liceo, si sono avvicendati facendo registrare il tutto esaurito ed unanimi consensi.
È “el jazz che sale de la bota” – ha titolato nella sua corrispondenza il quotidiano di Barcellona “La Vanguardia” -, il jazz che viene dallo “stivale”, il nuovo jazz italiano a fare sensazione. In un incontro svoltosi a conclusione della settimana con il Sovrintendente Artistico di “Umbria Jazz” Carlo Pagnotta e il referente negli Stati Uniti di UJ Enzo Capua, alla presenza dell’assessore della Regione Umbria Fernanda Cecchini, del sindaco di Perugia Boccali e del responsabile dell’Agenzia di Promozione Turistica Stefano Cimicchi, il “patron” del Festival Jazz Internacional di Barcellona Tito Ramoneda ha espresso “soddisfazione e profonda gratitudine per la partecipazione di ‘Umbria Jazz’ alla manifestazione, a cui ha regalato – ha detto - un valore aggiunto in termini di prestigio e di qualità. Il ‘gemellaggio’ fra i due Festivals è stato un esperimento riuscito, che è nel nostro interesse ripetere. Occorre definirne – ha aggiunto – le modalità future, ma già fin d’ora possiamo dire che si tratta di un rapporto proficuo, uno scambio che non riguarda soltanto la musica, ma la cultura e le prospettive turistiche”.
È dello stesso avviso Ted Panken, newyorchese, critico musicale della famosa rivista “Down Beat”, che ha assistito a Barcellona a tutti i concerti dei jazzisti italiani: “Umbria Jazz – dice – è diventata una sorta di comunità virtuale per il jazz contemporaneo, in grado di condensare ed offrire il meglio e il nuovo del jazz internazionale, dei suoi classici, dei suoi ibridi, delle sue contaminazioni che nascono dal rapporto con tradizioni e diverse culture nazionali, e che hanno arricchito considerevolmente l’offerta culturale ed anche il livello artistico, che, in mancanza ormai di un centro, non può che giovarsi di questi innesti e di questa molteplicità di spunti e di ‘ingredienti’ disponibili”.
È d’accordo Seth Abranson, anche lui newyorchese, titolare della “Rabbit Moon Productions”, una società che organizza importanti eventi jazzistici: “In un non remoto passato – dice – i festival jazz in Europa promuovevano soltanto o in gran parte i musicisti americani. Ora la situazione è radicalmente cambiata, c’è massimo rispetto e massima ammirazione per il jazz che viene dall’Europa e da altre parti del mondo. C’è la possibilità di esperimenti e ‘fusioni’, che rappresentano uno scambio salutare per i jazzisti, e un vantaggio anche per la crescita del pubblico, per la conquista di maggiori fette di ‘audience’, anche in tempi difficili di crisi economica come questa. Le fondamenta sono gettate, si è aperta la possibilità di fare un grande lavoro in questa direzione”.
Del fatto che “Umbria Jazz” si muova nella direzione giusta è convinto anche Ted Panken: “UJ – dice – è stata in grado di presentare qui in Catalogna non soltanto un ‘pool’ di artisti superbi, come Rea, Rava, lo straordinario Bollani, Fresu, Gabriele Mirabassi, che per me, che non lo avevo mai ascoltato prima, è stata una enorme e piacevolissima sorpresa, e, per continuare a parlare dei vostri musicisti umbri, quel Giovanni Guidi che è un talento dotato di un potenziale ‘no limits’. Con i suoi artisti – prosegue Panken -, grazie a questi musicisti ‘world class’, UJ ha saputo presentare qui a Barcellona una estetica italiana, una sostanza che è fatta di bellezza e di eleganza, una ‘way of style’ che raccoglie in chiave moderna l’identità e la tradizione italiana. Si tratta, secondo me, di un’ottima vetrina per l’Italia, buona anche per far sviluppare il mercato europeo e negli Usa. Il vostro – ha spiegato – è un jazz di alto livello tecnico, che ha in più il dono della comunicazione, quella capacità di dialogare e di tenere alta la temperatura del pubblico che hanno, ad esempio, Bollani e il vostro Gabriele Mirabassi”.
Che possibilità ci sono per una eventuale collaborazione futura fra UJ e il Festival di Barcellona? “La decisione – dice Seth Abranson – spetta ovviamente agli organizzatori. Di certo con il gemellaggio di questi giorni a Barcellona si è creato un importante ponte fra due grandi festivals. In Catalogna, in Spagna ci sono fenomeni interessanti, musicisti che, nel quadro di Umbria Jazz, potrebbero partecipare ad un comune e proficuo lavoro sperimentale”.

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