Il consiglio di sicurezza dell'Onu ha imposto alla Libia una no-fly zone e autorizzato il ricorso alla forza contro le truppe di Muammar Gheddafi per proteggere i civili, spianando la via ad attacchi aerei nel Paese. Alla notizia, è esplosa la gioia a Bengasi, roccaforte degli insorti, minacciata in precedenza da Gheddafi: 'Stiamo arrivando e non avremo pieta'', aveva detto. La risoluzione 1973 è una minaccia all'unità della Libia, ha denunciato il viceministro degli esteri Kaaim, aggiungendo che Tripoli è pronta a un cessate il fuoco. "Speriamo che l'Italia si tenga fuori da questa iniziativa", ha detto fra l'altro.

ROMA - L'Italia è pronta a mettere a disposizioni basi e aerei per contribuire all'attuazione della 'no fly zone' autorizzata dall'Onu: è quanto si apprende da fonti qualificate, le quali sottolineano che sono già state pianificate diverse opzioni che saranno ora valutate con gli altri partner internazionali.

Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha sempre detto che l'Italia intende avere «un ruolo di primo piano» e stasera ha ribadito che «non ci sottrarremo ai nostri doveri»: questo significa, in primo luogo, la messa a disposizione delle basi aeree non più per mere finalità umanitarie, come già avviene dall'inizio della crisi per Sigonella, ma anche per veri e propri scopi militari.

Come concordano molti esperti, l'attuazione di una no fly zone sulla Libia dovrebbe cominciare con un attacco, «nel senso - spiega l'ex capo di Stato maggiore dell'Aeronautica Leonardo Tricarico - che occorre neutralizzare i mezzi antiaerei nemici, cioè distruggere radar e postazioni missilistiche. Noi questa capacità, cosiddetta SEAD, cioè 'soppressione delle difese aeree nemiche', ce l'abbiamo ed è costituita dai caccia Tornado: l'abbiamo fatto in Kosovo insieme ai tedeschi e dopo tre giorni non volava più un aereo serbo».
Naturalmente è presto per dire se l'Italia metterà effettivamente a disposizione questi assetti aerei, eventualmente insieme ai caccia F-16 ed Eurofighter, idonei per il pattugliamento e la sorveglianza, oltre agli aeroplani Av8, di cui è equipaggiata la portaerei Cavour.

Una cosa che invece viene data per scontata e, appunto, la messa a disposizione delle basi aeree, specie quelle del centro-sud, sia per il rischieramento degli aerei di altri Paesi, sia per l'assistenza logistica. Gli aerei-radar Awacs, ad esempio, potrebbero essere dislocati a Trapani, che è specificatamente attrezzata per questo tipo di velivoli, ma basi idonee ad ospitare caccia sono tutte: da Grazzanise a Gioia del Colle. Si potrebbe ricorrere, in caso di necessità, perfino a Lampedusa o Pantelleria.

Vi è poi un'altra capacità fondamentale, ricorda ancora il generale Tricarico, «che ha a che fare con l'intelligence e di cui è dotata l'Italia: si tratta della costellazione di satelliti Cosmo-Skymed che è completamente operativa e che ha una performance superiore a qualsiasi altro sistema esistente. Grazie a questi satelliti si può avere una rappresentazione fotografica ricorrente con definizione molto alta, quanto di meglio ci sia oggi in circolazione». Agli stessi fini possono essere impiegati anche gli aerei senza pilota (droni) 'Predator', che sono dotati di grande autonomia e che potrebbero essere pilotati dalla loro base di Amendola, in Puglia. 

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