di Federico Fiume (L'Unità) - 

Che la letteratura sia una guida per Pierpaolo Capovilla è traspare chiaramente dai suoi progetti, si chiamino One Dimensionale Man o Teatro degli orrori. Ma come diceva il buon Faber, “la passione spesso conduce a soddisfare le proprie voglie”, così dalle ispirazioni e dalle piccole citazioni, Capovilla è passato ad affrontare di petto l’argomento con un vero e proprio reading letterario interamente dedicato a Vladimir Majakovskij, il grande poeta russo cantore della rivoluzione d’Ottobre. Un progetto che ha visto la luce all’edizione 2009 del Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza e che ha cominciato a camminare sulle proprie gambe la scorsa estate con alcune date in giro per l’Italia.

CAPOVILLA SUL PALCOSCENICO E VIDEOINTERVISTA

Ora Capovilla è nuovamente sulla strada insieme al suo storico socio Giulio Ragno Favero, al pianista Kole Laca e al contrabbassista Richard Tiso, per un vero e proprio tour che riporta in scena le poesie di Majakovskij sotto il titolo di “Eresia”. Partito il 9 Marzo dal Circolo degli artisti di Roma, il tour prosegue ora in tutta Italia (le date su http://www.ilteatrodegliorrori.com) offrendo tra l’altro al pubblico la possibilità di acquistare il dvd dello spettacolo con netto anticipo rispetto alla sua uscita nei negozi, che avverrà a Maggio. Il reading sa essere intenso e coinvolgente, mantenendo per l’intera durata la straordinaria tensione poetica che Majakovskij metteva in ogni suo scritto. Un lavoro per niente improvvisato che rilascia emozioni durature. Ne abbiamo parlato con Capovilla.

Da dove viene l’idea di fare un reading su un autore non molto “di moda” di questi tempi come Majakovskij?

“Quale grande poeta va di moda oggi? C’è una disaffezione generale per la cultura, figuriamoci per la poesia…comunque tutto parte da quella piccola sfida che è “All’amato sé stesso” (rilettura dell’omonima poesia dell’autore russo, ndr) che abbiamo inserito nel secondo album del Teatro degli orrori. Credo che nessuno al mondo abbia trascinato Majakovskij in una canzone rock e spero che la buonanima ci voglia perdonare, però la sfida è stata vinta perché ha indotto molte persone fra il nostro pubblico a interessarsi non soltanto di lui ma più in generale della poesia russa. Mi sono arrivati dei ragazzini con raccolte di poesia di Esenin che volevano lì l’autografo e questo mi ha fatto pensare che forse la musica rock può essere utile a raggiungere qualche risultato che non sia unicamente quello di pavoneggiarsi sui palcoscenici. La cosa è nata un po’ per gioco ma in realtà è molto seria perché la lirica di Majakovskij è di una potenza abissale e non solo nei poemi rivoluzionari ma anche negli aspetti relazionali, intimi, privati. Una volta spogliato dalla prigionia della parola scritta e urlato a squarciagola, Majakovskij è ancora in grado di sbatterti in faccia la realtà. E’ davvero un autore straordinario che ancora oggi è capace di indurre in chi lo vuole conoscere la voglia di lottare per una società più libera e giusta”.

Ti sei ispirato anche al celebre lavoro di Carmelo Bene su Majakovskij per il reading?

“Inevitabilmente. Anzi, la prima cosa che sono andato a vedermi è stata proprio “Quattro modi di morire in versi” ma quando sento certi paragoni fra quello che sto facendo io e le sue interpretazioni penso che siano profondamente inesatti e anche ingiusti, non può esistere un paragone con il grande Maestro. Tutto sommato quello che stiamo facendo noi lo facciamo sia per piacere personale che per divulgare la cultura, con un intento politico-sociale”.

Il fatto che tu sia il cantante di un gruppo rock molto amato ti mette in condizione di essere ascoltato con maggior attenzione di altri dai giovani. C’è dunque una funzione educativa possibile per chi fa questo mestiere con intenti che non siano di puro intrattenimento?

“Il rock è musica di ampio consumo quindi possiamo ascriverla alla macro-categoria della musica leggera. Certo, è difficile mettere sullo stesso piano la Pausini o Zucchero con Il Teatro degli Orrori perché le intenzioni, da un punto di vista culturale, sono opposte. Fare della musica è un fatto politico, questo è chiaro a tutti, perché farla significa essere ascoltati e dunque interagire con l’immaginario collettivo che è la categoria della politica nella post-modernità. Io sono convinto che con la musica si possa fare cultura e anche politica perché la politica non si riduce ai partiti, la politica siamo noi: la società civile, gli intellettuali, gli artisti. Anche Ramazzotti fa politica, il problema semmai è che la fa di segno opposto al nostro. Il Teatro degli orrori non è interessato all’intrattenimento o al costume, vorrebbe fare cultura. Speriamo di riuscirci, forse solo un po’, forse male, però almeno ci proviamo e se il TdO è riuscito, anche in misura piccolissima, a mutare la situazione della musica rock in Italia, a inclinarla anche solo di un pochino verso questo grande obiettivo che è la cultura e l’impegno civile, io ne vado fiero”.

Allora dopo questa esperienza pensi di ripetere la cosa, magari con altri autori?

“Credo che in futuro si potrebbero affrontare anche altri autori. Penso a Dino Campana, che Carmelo Bene amava molto, o anche allo stesso Bene che ha scritto cose bellissime. Ormai il gioco è cominciato, forse diventerà un vizio”.

Ma il fatto che Majakovskij fosse comunista non può costituire oggi un limite per un pubblico contemporaneo?

“Nessuno di noi crede in una rivoluzione socialista in questo momento storico. Il socialismo reale è stato uno dei grandi fallimenti nella storia politica dell’umanità, perché divenne un universo concentrazionario, Stati di polizia e tutto quel che sappiamo. Ma l’ideale socialista non è morto; l’idea del progresso dell’umanità è ancora viva, in me e in moltissime altre persone in questo Paese, perché, porca miseria,. non siamo dei sudditi, né dei consumatori, vogliamo tornare ad essere dei cittadini coscienti della nostra cittadinanza. In un momento storico come quello che viviamo, fatto di prevaricazioni e ingiustizie continue, che avvengono intorno a noi ma anche nelle nostre stesse vite e nelle nostre stesse case, l’ideale di giustizia e di uguaglianza resta valido come lo era negli anni venti o trenta. Tendere verso l’utopia, che conosciamo come un obiettivo impossibile, rende comunque le nostre vite più belle, più interessanti e più degne di essere vissute”.

Dopo il tour di “Eresia” riprenderai con il Teatro degli orrori?

“Non subito. Stiamo finendo di scrivere il nuovo disco dei One Dimensional Man che dovrebbe uscire entro giugno e poi dedicheremo buona parte dell’anno al tour. Nel frattempo scriveremo il nuovo disco del Teatro”.

Come mai questo ritorno agli ODM?

“Non sono mai morti. Nel 2005 fondai il Teatro come side project dei ODM poi le cose sono andate meglio del previsto e siamo tutti molto felici, però ODM è la mia band ortiginaria, ce l’ho nel cuore e mi piace sapere di poterla ancora tenere in vita. Inoltre nei ODM io suono il basso e avevo voglia di tornare un po’ allo strumento”.


Ecco le prossime date del tour di “Eresia”:

22/03/11 Massa Carrara @ Tagomago
23/03/11 Perugia @ Teatro del Pavone
24/03/11 Firenze @ Flog
27/03/11 Recanati (MC) @ Museo Civico Villa Colloredo 

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