Capovilla canta Majakovskij e la sua rivoluzione
Sembrava che la “rivoluzione’’ fosse andata definitivamente nel cassetto, insieme ad altre parole-anticaglie e concetti retrò da sindacalisti barbudos come uguaglianza, diritti, povertà, solidarietà. Poi un bel giorno succede che mancano i soldi per il pane – o il cous cous, vedete voi – e qualcosa si muove. Il Gheddafi di turno sparisce; Mubarak - nonno o zio presunto di accompagnatrici minorenni - toglie il disturbo e perde la salute. Pierpaolo Capovilla porta in giro un reading su Majakovskij e fa sold out da tutte le parti. Che la voglia di rivoluzione sia diventata più grande di quella di possedere sneakers alla moda? Sia quel che sia, la bella notizia è che Capovilla, frontman dei Teatro degli orrori e degli One dimensional man, sta per riportare in giro lo spettacolo di musica e parole dedicato al poeta russo, curato insieme a Giulio Favero. Durante i concerti verrà venduto anche un dvd con le riprese del reading in due atti (Eresia socialista/Eresia dell’amore), che da maggio verrà venduto nelle librerie.
Capovilla, ci può spiegare come ha deciso di dedicare uno spettacolo a Majakovskij?
Sono arrivato alla sua opera attraverso Carmelo Bene. Già con i Teatro degli orrori avevamo pensato di mettere in musica “All’amato se stesso’’ in rock, nella versione beniana; poi da lì ho scoperto Majakovskij: studiandolo me ne sono innamorato, ed è nata l’idea di fare questo reading. Un’idea nata così, in furgone, mentre eravamo in tournée e io magari gridavo ad alta voce le sue poesie. Ma spesso va così, io mi lascio guidare dal caso.
Che significato ha proporre i testi del russo oggi? Il vostro pubblico di “rocker’’ è composto anche da molti giovani...
Majakovskij non è il poeta della rivoluzione russa; lui “è” la rivoluzione; la rivoluzione in poesia, l’insurrezione del verso, del modo di versificare tradizionale, che distrugge. In lui ogni parola diventa verso, assume importanza fondamentale ogni singola sillaba. E serve ai giovani, oggi, perché induce a sperare, a lottare, perché ti sprona all’azione. E’ passato un secolo, l’umanità è cambiata, il socialismo reale è fallito; ma questo non conta: una società di giusti la continuiamo ancora a volere. Per noi e per i nostri figli. Lui è utilissimo per capire il sentimento della giustizia e quello della fratellanza – c’è un lato sacrale e teologico che si sente, nella sua poesia.
Ma la gente risponde a questi stimoli?
Noi lavoriamo per diffondere dignità sociale. Il segnale positivo è che c’è interesse per queste cose; non a caso facciamo sold out.
Avete deciso di commercializzare un dvd del progetto: che caratteristiche avrà?
Il dvd sarà proprio la ripresa completa del reading così come è stato presentato al Meeting delle Etichette Indipendenti dello scorso anno. Indubbiamente non si tratta di una produzione cinematografica, ma della registrazione dell’evento con tutti i suoi difetti, soprattutto i miei; ma rappresenta con giustizia cosa accade.
Reading a parte: ci sono cose in vista con i Teatro degli orrori?
Sicuramente avremo delle canzoni pronte per la fine del prossimo anno. Ma attualmente sto registrando con i One Dimensional man e sono totalizzato. Stiamo facendo un nuovo cd, il master sarà pronto per metà aprile. E’ una sorta di “instant record’’.
Non ha paura di avere troppe cose da seguire?
In realtà, questo è un momento magico. Più lavoriamo e meglio è: se non ora, quando? Le cose iniziano a girare adesso.
Crede sia normale che chi fa rock genere “adolescenziale’’ nel senso migliore del termine, in Italia emerga nella maturità?
Con “Amici’’ e “X Factor’’ qualsiasi cretino preso per strada può pensare di riuscire a diventare famoso presto. Scherzo... Ma la realtà è che se fai il musicista con cuore e vocazione è difficile, mdevi mantenere la dignità e magari ci vuole più tempo. Io ho sempre lavorato (faceva il cameriere in una osteria, ndr), sono solo 8 mesi che faccio il professionista. E’ dura però va bene così, mi accontento. Citando D’Annunzio, poeta che non amo: “io ho ciò che ho donato’’. D’altro canto, mi dischi non si vendono più; solo Tiziano Ferro, magari. Io l’ho capito e mnon c’è niente da fare. Un tempo si faceva il tour per proporre i dischi, ora si fanno i dischi per trovare le date. Ma questa cosa, paradossalmente, mi mfa anche piacere: il fatto di dover fare un sacco di concerti, per tirare avanti, mi fa assomigliare più a un lavoratore mche a un parassita a cui piovono i denari in tasca senza sudore.

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