da Liberazione

La televisione di Stato libica, sui cui schermi durante la scorsa notte Muammar Gheddafi è ricomparso pochi secondi per assicurare di essere ancora a Tripoli e non all'estero, ha negato che siano in atto
«massacri» contro i manifestanti, e ha respinto categoricamente quelle che ha liquidato come «menzogne e illazioni» al riguardo.

«Dicono che ci sono massacri in numerose città, paesi e sobborghi della Libia, ma noi dobbiamo combattere contro simili menzogne e illazioni, che fanno parte di una guerra psicologica», recitava una sovrimpressione rossa con scritte di colore bianco, mandata in onda durante la programmazione sul canale 'al-Jamahiriya 2'. Simili asserzioni, ha quindi insistito l'emittente di regime, «puntano a distruggere il nostro morale, la nostra stabilità e le nostre ricchezze».

La stessa televisione pubblica aveva peraltro riferito qualche ora prima di «assalti» delle forze di sicurezza a un presunto «covo di terroristi». Il leader libico Muammar Gheddafi ha fatto una breve apparizione alla tv libica, apparentemente fuori dalla sua residenza a Tripoli, per smentire di essere scappato «in Francia o venezuela...Sono ancora qui (nella capitale», ha dichiarato. Oggi era stato il ministro degli Esteri britannico William Hague a rilanciare le voci che Gheddafi si sarebbe rifugiato a Caracas.

Quello che era stato annunciato come un discorso alla nazione in realtà si è risolto in una breve apparizione del leader libico. Il colonnello seduto in unasorta di pulmino bianco e protetto da una grande ombrello bianco si è rivolto alla telecamera della tv di Stato solo per smentire di essere fuggito dalla Libia. Dopo aver pronunciato poche parole il leader libico ha salutato, ha chiuso l'ombrello ed è rientrato nel veicolo senza aggiungere altro.

Un gruppo di ufficiali dell'esercito libico ha pubblicato una dichiarazione in cui esortano i soldati a «unirsi al popolo» per abbattere il regime di Muammar Gheddafi. Una sorta di contrappasso per il colonnello che assunse il potere con un golpe incruento di «giovani ufficiali» destituendo nel 1969 re Idriss. Lo riferisce al Jazira.

 

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