Il linguaggio dello spettacolo parla al cuore e riempe i teatri
di Isabella Rossi - Un mare di prenotazioni e tutto esaurito al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti per “Love Machines” domenica scorsa a Spoleto. “Difficile resistere all’offerta di uno spettacolo di danza, io per venire qui mi sono fatta quasi un’ora di strada – racconta una signora in fila – ma perché a Perugia non si fa più niente?”. E dopo una buona mezz’ora di attesa è tutto a posto. Le prenotazioni sono state tutte ritirate e per eventuali spettatori dell’ultim’ora non c’è più niente. Peccato. Pochi minuti per entrare in sala e poi parte la “Love Machines. Un mondo di traverso in cui le cose vanno dritte”. E altro non si può dire: per il Kataklò Athletic Dance Theatre le cose sono andate bene. Sul palco movimento, colori e suggestioni. Al centro, questa volta, non il linguaggio del corpo declinato negli stili della danza. Non la sua sintassi, la sua naturale forza evocativa. Ma il corpo - uno atletico e statuario, a tratti coinvolto in movimenti acrobatici - parte di un contesto che prende forza dalle luci, dalle musiche, dalla studiata “fotografia” e dalle macchine “omaggio a Leonardo da Vinci”. E’ lo spettacolo il vero protagonista. Il punto di partenza e arrivo dell’ultimo sforzo della compagnia fondata da Giulia Staccioli. E nel linguaggio dello spettacolo sembrano tornare forme di racconto e immagini scolpite nell’immaginario collettivo grazie a quelle fantasiose coreografie dei programmi televisivi del sabato sera negli anni ’70 e ’80, ancora sicuramente nel cuore di molti italiani.

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