di Antonio Torrelli - Perugia -

Meno di un mese di tempo per contestare le irregolarità contrattuali. Questo il tempo limite per i precari di scuola, università e ricerca (circa mille in Umbria) con contratto a tempo determinato da più di tre anni e che ora vedono restringersi nettamente i tempi per fare ricorso.
A segnalarlo è la Flc-Umbria, che stamattina ha fatto il punto della situazione sul cosiddetto “collegato al lavoro”. La legge 183, infatti, dopo i 60 giorni dalla sua entrata in vigore, non permette più ai lavoratori di impugnare la propria situazione contrattuale, facendo perdere, nel caso di decorrenza dei termini, tutta le pregressione lavorativa. Termine ultimo per inviare la richiesta del passaggio dalla condizione determinata a quella indeterminata, il 23 gennaio.
“E’ doveroso accendere i fari su questa data -ha dichiarato la segretaria regionale Giuliana Renelli dalla sede dia via Bellocchio- e informare coloro i quali possono ottenere una nuova posizione contrattuale e uscire dalla dimensione precaria del lavoro”. In particolar modo i giovani, che costituiscono una grossa fetta di tutti quei soggetti coinvolti all’interno dei comparti che appartengono al mondo della scuola e della conoscenza in generale. “Il nostro percorso legale -ha spiegato Domenico Maida, segretario provinciale Cgil Perugia- muove i primi passi dalla sentenza del giudice di Siena che ha riconosciuto il divieto di reiterazione dei contratti di lavoro a tempo determinato intimandone la trasformazione in rapporti a tempo indeterminato ”. Da qui la decisione di avviare la vertenza, sempre affiancata dalle iniziative nazionali e regionali di Flc-Cgil. Una delle più importanti è quella per la stabilizzazione dei 110 mila precari della scuola che, come ha spiegato il segretario regionale Amedeo Zupi, “andrebbero a ricoprire un ruolo essenziale per lo svolgimento delle attività didattiche”. Messe in ginocchio dai tagli e dal proliferare di contratti temporanei, i quali, oltre a creare una forte instabilità per tutto il sistema scolastico, sta producendo i primi pensionamenti di chi non ha mai conosciuto la stabilizzazione. Un elemento in più, secondo il sindacato, per dimostrare l'assoluta esigenza di un'inversione di tendenza immediata. “Anche i recenti episodi dei giorni scorsi denunciano la grave crescita di uno stato di malessere tra i giovani, la cui causa principale è la sostanziale esclusione dal lavoro ordinario di intere generazioni – ha detto ancora Zupi – Ma un Paese che vuole tenere al lavoro i 70enni e condannare alla precarietà i giovani è un Paese stupido, arrivato alla frutta”.

 

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