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Maria R. Calderoni (da Liberazione del 12 febbraio 2010) L'ultimo "Calendario del popolo" mi è giunto puntuale qualche giorno fa, porta il numero 748: caro Nicola, è l'attestato della tua lunga, grande fatica. E anche il simbolo della tua indiscussa vittoria di editore e di uomo coraggioso. Di compagno e di militante. Di militante quale Nicola Teti è stato tutta la vita, senza mai pentirsi. Ed è con questo "cuore" che se ne è andato. Un cuore di compagno, nel Pci da subito e da sempre, quel Pci che veniva da lontano e voleva andare lontano. Anche lui veniva da lontano, ragazzo povero di un paesino, Polia (Vibo Valentia); ragazzo povero miracolosamente scampato al suo destino di operaio e approdato alla scuola dei previlegiati, il liceo; e poi sbarcato a Milano con una lettera di raccomandazione in tasca. La lettera era firmata da Domenico Solaini, segretario nazionale della Federbraccianti, ex bracciante anche lui, che si prende a cuore quel ragazzo calabrese, studente di legge, che ha un disperato bisogno di lavorare. «A dispetto del mio accento da terùn - raccontava lui - i compagni milanesi mi accolsero e mi trattarono sempre con grande affetto»; e ancora, sessant'anni dopo, si commuoveva. A Milano arriva nel '52 e ha 22 anni; e ne ha 35 quando, nel 1964 - dopo un intermezzo agli Editori Riuniti - decide di mettersi a fare l'editore in proprio. Alla grande, offrendosi di gestire con le sue sole forze il già famoso "Calendario del Popolo", la rivista che il Pci aveva fondato ancora prima della Liberazione, esattamente il 27 marzo 1945. Quindicinale, amatissima da Togliatti, dopo il 25 aprile la rivista viene pubblicata a cura della Sezione Stampa e Propaganda (allora diretta dall'ex operaio Celeste Negarville): un foglio popolare che, ricollegandosi all'esperienza pre-fascista degli "almanacchi", si propone di "rileggere" i fatti in una chiave ben diversa da quella della storiografia ufficiale. Grande successo, quel foglio partigiano diventa rotocalco, tiratura 120 mila copie, direttore è Giulio Trevisani e tante le "firme" che lo illustrano, Concetto Marchesi, Mario De Micheli, Carlo Salinari, Umberto Terracini, e molti altri. Nel '64, sono ormai passati vent'anni, e l'editore Pci ha però necessità di cedere la storica testata. «E qui arrivo io». Nicola Teti, l'ex ragazzo calabrese, l'outsider. L'ha raccontato lui stesso al nostro giornale: il potente capo dell'editoria comunista Amerigo Terenzi, non voleva, «se lo diamo a Teti non dura più di tre mesi»; ma in segreteria prevalse Natta, che era favorevole. E così inizia l'avventura di Nicola Teti e del suo "Calendario". Amerigo Terenzi cattivo profeta: per il "Calendario" corre infatti il 64mo anno. «E' la rivista italiana più longeva», gli piaceva sottolineare. Sì, 64 anni, 748 numeri: tutti con onore, bellezza e rettitudine. Nei periodi facili come in quelli difficili, il Calendario di Teti non ha mai deragliato, si è mostrato "all'altezza", un laboratorio e insieme un foglio militante; e sempre riuscendo a mantenere quell'impianto storico che resta la sua forza (anche oggi, in tempi tanto rovinosamente revisionisti). Con Carlo Salinari prima e Franco Della Peruta oggi, il Calendario di Nicola ha saputo tenere egregiamente in vita anche le vecchie buone abitudini, affiancando alla rivista incontri coi lettori, dibattiti, iniziative culturali, mostre (per esempio le ultime particolarmente toccanti sull'emigrazione, "Macaroni e Vucumpra", "Balie italiane e Colf straniere"). Nicola Teti, capitano coraggioso. «Dopo aver preso Il Calendario, ho esordito con "La Storia Universale"», lui la raccontava così, una cosa facile facile. Si tratta, appena!, della monumentale "Storia Universale dell'Accademia delle Scienze dell'Urss", 13 volumi, 280 carte geostoriche, 27 milioni di battute. una macro-opera che all'epoca - siamo sempre negli anni 60 - suscitò unanimi giudizi positivi, non solo tra gli studiosi marxisti. Anche allora, mentre Botteghe Oscure tentenna ad assumersi la grossa impresa, è lui a gettarvisi. Nicola Teti, il capitano temerario. Premiato. L'Enciclopedia gli è andata bene, ne ha piazzate diverse migliaia, grazie alle provvidenziali rate (anch'esse militanti): «E' stata - diceva - il mio pezzo forte, l'ossatura della mia produzione futura» (negli anni 80 piazza infatti un altro suo pezzo forte, la "Storia della società italiana", 25 volumi e tutti con "copertina d'autore": le opere che 25 pittori, da Treccani a Guttuso, hanno creato esclusivamente per lui, per la sua "Storia". Addio Nicola, fantastico ragazzo calabrese. Compagno. Condividi