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Morena Piccinini, Segreteria nazionale Cgil (da Liberazione 20 dicembre 2009) La crisi continua a far male e le misure previste dal Governo nella Legge Finanziaria per il 2010 non sono in grado di fare fronte alla gravità della situazione. Non si tutelano i salari e le pensioni, né si contrasta la disoccupazione. Non c'è nulla per allungare la cassa integrazione ordinaria e l'indennità di disoccupazione, nulla per innalzare i tetti per le persone che da mesi vivono con 6/700 euro al mese. Non ci sono politiche capaci di produrre nuovi investimenti e nuovo sviluppo. E per il Welfare in senso stretto non va certo meglio, anzi. Solo per la Sanità si è ottenuto un "risultato complessivamente favorevole", ma dopo un lungo conflitto con il Governo, sostenuto dalle Regioni e da un vasto fronte di forze sociali - che ha visto protagoniste la Cgil e movimenti trasversali come quello nato dall'appello "SOS Sanità". Qui, con il recente Patto per la Salute, che pure non è privo di ombre, si è trovata una soluzione ragionevole, superando le resistenze del'Esecutivo, ottenendo oltre sei miliardi in più di finanziamento nel triennio rispetto alle previsioni della finanziaria. Negli altri settori è invece buio fitto: Politiche Sociali, per l'Infanzia, Previdenziali continuano a subire tagli e disattenzioni clamorose. Non dimenticando che se scatterà la revisione dei coefficienti previdenziali, per milioni di persone le future pensioni non saranno in grado di garantire un reddito dignitoso. Così il Governo intende impoverire e dequalificare il sistema di stato sociale, fino a renderlo residuale, non più strumento universalistico di tutela e affermazione di diritti. E' l'idea sostenuta nel Libro Bianco sul Welfare ("differenziato, individualista, multipilastro") e "nell'ostilità a prescindere" contro ogni forma di lavoro pubblico. Ma non c'è solo una ragione di equità sociale che ci spinge a contrastare questa deriva: proprio nella crisi un finanziamento mirato per il welfare è uno strumento anticiclico formidabile e un investimento di carattere economico e sociale. Perché la spesa sanitaria e la spesa sociale contribuiscono alla crescita del Pil, sono investimenti pregiati per la riproduzione di capitale umano e sociale e volano di uno sviluppo equilibrato, indispensabile per reggere nella dimensione globale. Ma la crisi accentua anche la necessità di interventi mirati, fiscali e non, per sostenere il reddito da pensioni e da lavoro, e di una misura specifica per contrastare la diffusione della povertà, che drammaticamente coinvolge sempre più bambini e minori. In questa situazione si ricorre invece alla "social card", arcaico strumento di beneficienza in natura, che, oltretutto, ha toccato meno della metà della platea cui era destinata. In questa situazione si riduce ancora il Fondo nazionale per le Politiche Sociali; mentre i Livelli Essenziali delle Prestazioni di Assistenza Sociale, nonostante siano prescritti dalla Costituzione, restano vaghi e indefiniti e con loro i diritti dei cittadini, soprattutto i più deboli. E poi c'è la Non Autosufficienza, grande capitolo "incompiuto" del Welfare. Grazie alla mobilitazione cresciuta attorno al Patto per la Salute è stato rifinanziato con 400 milioni il fondo che il Governo aveva cancellato. Tuttavia è cifra insufficiente per rispondere alla crescente domanda di assistenza per le persone non autosufficienti, i cui costi sociali ed economici si scaricano oggi sulle famiglie (vedi la vicenda delle badanti) e sullo stesso sistema sanitario. Insomma la finanziaria proprio non va. E non solo per le "uscite" ma anche per le "entrate": perché buona parte delle misure di spesa corrente (non per investimenti come era già accaduto) sono finanziate con gli accantonamenti del Tfr, cioè con i soldi dei lavoratori. Vi è l'obbligo di restituirli ma ciò produrrà debito futuro per lo Stato. Per questo la Cgil continua la sua mobilitazione. Si è avviata a dicembre una campagna sul fisco, con al centro la questione della lotta all'evasione fiscale, "più evadono, più paghi" è lo slogan. Mentre per affrontare e contrastare la crisi economica - e per costruire le condizioni per superarla - la Cgil ha avviato una campagna di mobilitazione e di contrattazione sociale, dedicata alle questioni del Welfare, che riguarda sia il livello nazionale, che il livello di contrattazione sociale regionale e locale. E proprio nei territori una diffusa pratica di contrattazione sociale ha "ridotto i danni" della crisi: si sono prodotti accordi con centinaia di comuni e con alcune regioni, per offrire forme di protezione del reddito (agevolazioni fiscali, tariffe ridotte, sostegno al pagamento del mutuo o dell'affitto) e agevolazioni nell'accesso ai servizi sociali. Certo non è stato possibile compensare i danni causati dall'assenza di interventi del Governo, e per tutto il territorio nazionale. Tuttavia la pratica diffusa della contrattazione sociale sulla tutela del reddito e sul welfare locale indica al sindacato una strada anche per il suo reinsediamento. Ancora una volta, la pratica sindacale torna utile: costruire dal basso, con la mobilitazione e gli accordi, le condizioni per sostenere il conflitto a livello nazionale e creare le condizioni per tentare di uscire dalla crisi se non migliori almeno non peggiori di come ci si è entrati. Impegno molto difficile ma assolutamente necessario. Tanto più che i problemi irrisolti dalla legge finanziaria li avremo tutti davanti il giorno dopo la sua approvazione. Condividi