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Fabrizio Salvatori (Liberazione, martedì 2 giugno 2009, pag 5) Si avviano a diventare un milione tondo tondo. Hanno un titolo di studio che poco ha a che vedere con il loro status lavorativo e il contratto, e una età media che si alza sempre di più. Sono i cosiddetti apprendisti, che in dieci anni, dal 1998 al 2008, sono cresciuti dell'87%. Meno giovani e più istruiti, ma anche meno legati al settore tipico di impiego, ovvero quello dell'artigianato. Secondo la decima edizione del rapporto annuale dell'Isfol, l'istituto per lo sviluppo della formazione professionale di lavoratori, nel 2008 ben un quarto degli apprendisti, che in tutto sono 644.582, ha superato i 25 anni. L'apprendistato ha così subito una sorta di invecchiamento. Nel 2002 gli over 25 erano la metà e i teenager tra i 15 e i 17 anni, ora circa il 6%, erano il doppio. Un tipo di contratto come quello dell'apprendistato, dove peggiori condizioni retributive sono compensate da un'offerta formativa specializzata, e che dovrebbe avere come target naturale i giovani. Ma le esigenze che caratterizzano "il mercato" del lavoro hanno portato alla diffusione del contratto di apprendistato anche tra chi si avvicina ai trenta anni e magari è anche laureato. D'altra parte, la contrazione del numero di minorenni assunti come apprendisti si spiega, secondo l'istituto, con la preferenze a «reclutare questi giovani con altre forme contrattuali meno tutelanti, soprattutto dal punto di vista formativo». Insomma, la precarietà e la flessbilità dilaga in tutte le direzioni. E così se prima non esistevano "dottorì apprendisti", nel 2002 erano lo 0,2%, nell'ultimo hanno raggiunto il 4,7% mentre una buona parte (31,7%) risulta anche diplomata. Conferma la tendenza la riduzione, in parallelo, del numero di apprendisti in possesso del solo titolo di licenzia media (dal 63,8 del 2002 al 48,8 del 2008). Una buona parte (31,7%) risulta anche diplomata. Un'altra novità, che modifica il tipico profilo dell'apprendista, è il settore dell'occupazione: l'artigianato, sebbene dia ancora posto a un terzo (34%) degli apprendisti, ha perso il suo storico primato. Dal 2005, infatti, è il terziario il comparto con più occupati. E nel 2008 è arrivato a rappresentare una fetta pari al 43,4%, mentre dieci anni fa sfiorava appena il 25%. In particolare, in quanto a numero di occupati, nell'ultimo anno il commercio ha sopravanzato l'edilizia, seguito il settore metalmeccanico. Non cambia, invece, il basso tasso di partecipazione degli apprendisti agli interventi di formazione. Secondo il monitoraggio, a fronte dell'aumento delle risorse messe in campo dalle Regioni, il coinvolgimento dei lavoratori rimane scarso. Le risorse impegnate per il finanziamento dei sistemi regionali di formazione per l'apprendistato ammontano a circa 125,6 milioni di euro nel 2006 e ad oltre 180 milioni di euro nel 2007, con un incremento nell'ultimo anno del 43,4%. Relativamente alla spesa, gli ultimi dati disponibili fanno riferimento al 2006: le Regioni hanno utilizzato circa 114 milioni di euro per l'apprendistato. Gli interventi formativi per gli apprendisti organizzati dalle Regioni, nel 2007, hanno permesso di coinvolgere 124.262 apprendisti nel sistema offerta formativa, pari al 20,7% del totale degli occupati in apprendistato. Nonostante la crescita significativa rimane il fatto che nel 2007 un apprendista su cinque ha partecipato ad interventi di formazione offerti dal sistema pubblico. L'impegno delle Regioni sull'apprendistato evidenzia forti disparità. Nel Nord-Est la quota di formati è pari al 28,9% nel 2006 e sale al 34,9% nel 2007. Di contro nel Mezzogiorno la stessa quota è pari al 10,3% per il 2006 e scende al 5,1% nell'ultimo anno, al netto delle Regioni i cui dati sono indisponibili. Condividi