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ROMA - La Corte Costituzionale ha bocciato la legge 40 nella parte che limita a tre il numero degli embrioni da impiantare. La decisione della Consulta era nell'aria e ora si attendono gli effetti nei centri italiani che da cinque anni si sono attenuti alle norme, con gli occhi sempre rivolti ai tribunali dove a colpi di ricorsi si è consumata una guerra legale voluta da associazioni e coppie. La Corte ha dichiarato, in particolare, l'illegittimità dell' art. 14 comma 2, della legge 18 febbraio 2004, n. 40, "limitatamente alle parole 'ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre'" embrioni. Incostituzionale infine il comma 3 dello stesso articolo "nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna". A fare ricorso alla Corte, con tre distinte ordinanze, sono stati il Tar del Lazio e il Tribunale di Firenze, ai quali si erano rivolti, rispettivamente, la World association reproductive medicine (Warm) e una coppia non fertile di Milano affetta da esostosi, una grave malattia genetica (con tasso di trasmissibilità superiore al 50%) che genera la crescita smisurata delle cartilagini delle ossa. "E' il trionfo dello Stato laico. Da domani migliaia di coppie avranno più possibilità di avere figli e di ricominciare a gioire", ha detto il ginecologo Severino Antinori, presidente della Associazione Mondiale della Medicina della riproduzione, una delle associazioni che si è costituita nel giudizio davanti alla Consulta. "Sono strafelice - dice - finalmente in questo paese vengono riconosciuti i diritti garantiti dalla Costituzione. Da oggi mi sento orgogliosamente di nuovo italiano". Positivo il commento del ginecologo Carlo Flamigni, uno dei pionieri della fecondazione artificiale in Italia, alla dichiarazione di parziale illegittimità della legge 40 sulla fecondazione assistita. "Mi pare che, come già accaduto altre volte, la magistratura aiuta a raddrizzare delle sciocchezze, anche se la politica dovrebbe essere la prima a non farle", rileva Flamigni. Condividi