“Invito i miei concittadini ad iscriversi alla Società Operaia di Mutuo Soccorso fra gli Artisti e gli Operai di Perugia, una delle società più antiche d’Italia. Fondata nel lontano 1861 la società operaia perugina nasce, come tante altre esperienze analoghe nell’Italia unita o in procinto di diventarlo, per rispondere alle necessità di difesa del mondo del lavoro e dei meno abbienti. Possiamo anzi affermare che sono proprio le società operaie a gettare le fondamenta dello stato sociale come lo abbiamo conosciuto. I lavoratori della seconda metà del secolo scorso potevano contare su una organizzazione mutualistica che provvedeva ai loro bisogni in caso di malattia e, in qualche esperienza, si intravedevano i prodromi del sistema sanitario e del sistema pensionistico nazionale. Un argine a difesa del mondo del lavoro contro il nascente sistema industriale e capitalistico che, soprattutto nelle grandi città, mieteva manodopera a costi irrisori senza alcuna tutela per la salute e le famiglie dei lavoratori. L’apporto del mutuo soccorso nella fase iniziale dell’affermazione di diritti sociali è indubbio. All’interno della cerchia dell’associazione il vincolo di reciprocità statutariamente affermato faceva sì che il singolo lavoratore, di fronte alle sventure della vita, per la prima volta cessasse di cadere nella condizione del bisognoso che implora benevolenza verso l’alto, diventando invece un soggetto portatore del diritto al sostegno solidale dell’associazione”.

 
“La società operaia perugina, e le società operaie in genere, rappresentano una grande lezione di civiltà, quanto mai attuale ai nostri giorni, mentre assistiamo ad un degrado della concezione del lavoro sempre più variabile dipendente dal profitto e il liberismo, corroborato anche dalle scelte imposte dall’Europa delle banche, continua a minare le fondamenta dei welfare degli stati nazionali.

 
La società contemporanea spezza legami sociali e costruisce di fatto e ideologicamente le derive individualistiche. Forme di nuovo mutualismo non possono essere viste come interventi di supplenza di diritti negati dalla crisi e dal restringimento del welfare ma come azione diretta positiva volta a rendere esigibili diritti elusi, a promuovere nuovi diritti e, soprattutto, tesa ad affermare un rapporto radicalmente mutato tra pubblica amministrazione e società che veda emergere il protagonismo dei soggetti, il loro potere di partecipazione solidale alle scelte e alle decisioni che riguardano le loro esistenze.

L’Italia è tra i paesi che registrano le maggiori disuguaglianze nella distribuzione dei redditi, seconda solo al Regno Unito nell'Unione europea e con livelli di disparità superiori alla media dei paesi Ocse. Inoltre gli estremi si allontanano, ovvero i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. E la ricchezza si sposta sempre più nei portafogli della popolazione più anziana, a scapito delle giovani generazioni.
È evidente che dinanzi ad uno scenario così desolante non basta evocare lo spirito di chi, oltre centocinquant’anni fa, istituiva le società operaie, ma occorre recuperare l’eredità morale e sociale che quelle straordinarie esperienze ci hanno tramandato.

Come non accostare agli artisti e agli operai di allora i tanti disoccupati, i lavoratori senza diritti, le tante partite Iva, artigiani, commercianti, che vedono ridotte ulteriormente le loro tutele e le loro garanzie?

 
Sbaglia chi si ostina a ritenere la crisi economica che ha sconvolto l’economia mondiale come frutto di un ineluttabile disegno del fato. Ci sono responsabilità precise, scelte politiche ed economiche l’hanno innescata. Come si fa a non comprendere che la crisi non può essere affrontata con le stesse ricette che l’hanno determinata?

Occorrono, al contrario, soluzioni drastiche, iniziative che mettano al centro coloro che meno hanno, attraverso forme di tutela e di assistenza universalistiche come, ad esempio, l’introduzione del reddito minimo garantito, per consentire a tutti di poter dignitosamente vivere la propria esistenza, in qualità di portatori attivi di diritti e non come mendicanti in balia della carità e degli interessi del più forte.

Forse questo è il patrimonio ideale più importante che le società operaie ci hanno tramandato: mai quanto oggi dobbiamo farne tesoro per recuperare quella socialità e quei principi di mutua assistenza che non hanno solo fatto la fortuna degli aderenti ad esse ma hanno anche contribuito a rendere l’Italia un grande paese moderno così come Perugia la straordinaria città in cui viviamo”. 

Stefano Vinti

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