Referendum costituzionale: qualche valida ragione per votare NO (Parte Quinta)
Nelle precedenti puntate, ho avuto modo di affrontare argomenti di natura prevalentemente politica e concettuale. A chi potrebbe obiettare che, nel cambiare le regole del funzionamento dei poteri statuali, sono anche presenti questioni più squisitamente tecniche, mi sento di replicare che l’architettura complessiva di uno Stato non può e non deve mai essere solo e solamente la risultanza di alchimie arzigogolate da “apprendisti stregoni” ma, e quasi del tutto esclusivamente, derivare da specifiche e ben sperimentate volontà decisorie con finalità strutturali, filtrate attraverso il crivello della “buona politica”.
Le riforme costituzionali, infatti, non sono di per sé né forme di tecnicismi e né forme di tatticismi se è vero, come è vero, che ad ogni modifica della collocazione delle competenze decisionali e delle procedure ad esse sottese corrisponde, sempre e consequenzialmente, una differente strutturazione dei poteri potestativi.
Volendo tradurre quanto sopra esposto e rapportarlo al testo di riforma che ci occupa, non sembra lontano dalla verità il poter sostenere che, per effetto del combinato disposto tra la revisione della Costituzione e la legge elettorale “Italicum”, chi ne esce umiliato e dequalificato è unicamente il Parlamento della Repubblica a tutto vantaggio dell’esecutivo di governo.
Basti per tutti, quanto scritto per esteso nel decreto autoproclamatosi “riformatore”: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione, per le altre leggi costituzionali e per quelle di attuazione delle disposizioni concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, per i referendum popolari e per le altre forme di consultazione di cui all’articolo 71, per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57 sesto comma, 80 secondo periodo, 114 terzo comma, 116 terzo comma, 117 quinto e nono comma, 119 sesto comma, 120 secondo comma, 122 primo comma e 132 secondo comma”.
Ci avete capito qualcosa??? Io, francamente NO!!! Sembra proprio un testo scritto con i piedi per confondere e intorbidire ancor più le acque già melmose nelle quali da tempo arranchiamo ma, così e testardamente, lo ha voluto l’ineffabile ministra Maria “Etruria” Boschi.
Di vero pasticcio, e solo di vero pasticcio, è d’uopo dire poiché, in tal maniera, la nostra Costituzione è stata non soltanto maltrattata ma, fatto ben più grave, è stata ridotta a dozzinale zerbino su cui strofinare dei calzari imbrattati di incapacità e incompetenze.
Vi è anche di più: nel capoverso sopra riportato si fa esplicito riferimento alle “due Camere” e, ciò, vuol significare che il Senato rimane e con esso il bicameralismo con la conseguenza che, se la seconda Camera non si arenerà su dei binari morti, i suoi rapporti con la prima Camera apriranno ineludibilmente la stura a numerosi quanto imprevedibili conflitti di attribuzione legislativa.
Ancor meno chiara è la futura composizione del Senato e se i senatori rappresenteranno le Regioni in quanto enti autarchici territoriali, oppure i gruppi consiliari o le popolazioni residenti nelle Regioni stesse. Nelle norme transitorie e finali è scritto, ritengo io in modo raffazzonato, che i senatori saranno scelti dai consigli regionali in conformità alle indicazioni di voto espresse dagli elettori per i candidati consiglieri. Sorge allora il dubbio: se queste scelte saranno vincolanti, non si dovrà procedere per elezione trattandosi, tutt’al più, di ratifiche “sic et simpliciter”; se invece non saranno vincolanti, non si potrà certo parlare di conformità alla volontà popolare.
Un vero pasticcio, ribadisco! Agli insensati fautori di norme come codeste, mi viene da chiedere se per avventura si siano posti la domanda di cosa realmente abbiano avuto tra le mani. Forse risponderanno, da navigati quanto miserevoli mestieranti della politica, che le colpe non sono le loro e, bensì, dei tecnici dei quali si sono avvalsi. Ma, se detti tecnici non hanno fornito egregia prova di sé, probabilmente sarà stato perché hanno dovuto nascondere, nell’oscurità dell’inintelligibilità, l’assenza di chiarezza che ha regnato nelle menti di quelli che hanno affidato loro il mandato di redigere tali e siffatte sconsiderate norme.
Se lo vorrete, continueremo a dialogare per il tramite della sesta e ultima puntata.
Mario Tiberi
Lunedì
30/05/16
19:35
Ecco un caso da manuale di occasione sprecata da un lato e di totale inutilità di un certo modo di sentirsi (perchè esserlo davvero è tutt'altra cosa) di sinistra. Ben cinque interventi, più la minaccia di un sesto, per non dire assolutamente niente nel merito della questione contesa (lo ammette lo stesso articolista nella premessa di quest'ulteriore logorroica esternazione): la riforma. Ovvero nessun bilancio sui vantaggi/svantaggi del nuovo assetto rispetto all'attuale, nessun raffronto tra i due sistemi ma solo generiche affermazioni di principio circa la dannosità della riforma intervallate da appellativi dispregiativi affibbiati ai principali promotori della stessa. Insomma niente di niente. Sia chiaro io non sostengo affatto che la riforma costituzionale che sarà oggetto del referendum confermativo in ottobre sia eccellente, tutt'altro. Presenta indubbiamente alcune determinazioni tutt'altro che ottimali (a partire dall'aver stabilito una soglia del 40% per accedere al premio di maggioranza già al primo turno elettorale, quando sarebbe stato decisamente più equilibrato e lineare averla fissata alla metà più uno dei voti validi) e meccanismi demandati a successive determinazioni (come le modalità di accesso al nuovo Senato) che invece sarebbe stato opportuno chiarire fin da subito. Ma sull'altro piatto della bilancia c'è il superamento del bicameralismo paritario che permetterà di eliminare l'assurdo rimpallo di ogni decisione (che ha come conseguenza, ancor più che l'allungamento dei tempi, lo stravolgimento dei testi legislativi iniziali rendendo il più delle volte incoerenti quando non espressamente contraddittori) e l'assicurazione che con le elezioni si determinerà un chiaro vincitore a cui spetterà onere ed onore di governare per l'intera legislatura (anzichè, com'è avvenuto con il sistema attuale, avere ben 63 governi in 70 anni di Repubblica il più delle volte, quello attuale incluso, nati da accordi post-elettorali tra forze che si erano presentate in alternativa tra loro; una follia ed uno scempio che gridano vendetta). Di questo sarebbe utile parlare anzichè vagheggiare come se si avesse smarrito ogni residuo barlume di lucidità.
Martedì
31/05/16
19:59
A me ciò che colpisce di questa riforma è che il testo non è stato condiviso tra le parti, ma elaborato da una sola e imposto all'altra.
Mi pare un brutto segno ancor prima di entrare nel merito del testo.
Mercoledì
01/06/16
16:21
Certamente un testo largamente condiviso sarebbe stato auspicabile. Tuttavia trovo riduttivo addebitare ad una parte la colpa di aver imposto un testo, quando - e non solo in quest'ultima legislatura - ogni tentativo di riformare la Costituzione in forma condivisa è sempre fallito. Personalmente ritengo che vi sia la necessità di aggiornare la Costituzione superando il bicameralismo paritario e introducendo un meccanismo che assicuri un chiaro responso elettorale a favore di una parte (mettendola in condizione di governare per l'intera legislatura), poi certamente sarebbe stata auspicabile una riforma qualitativamente migliore e maggiormente condivisa. Come ogni determinazione umana, anche questa modifica, ha pro e contro ed è su questi che invece conviene discutere dato che sarà influente sul nostro futuro. Sarà il Referndum confermativo ad esprimere un giudizio finale con il quale legittimerà la volontà popolare (a favore o contro) sulle riforme proposte, rendendo del tutto irrilevante chi e quanti l'abbiano inizialmente sostenute.