La sentenza della Cassazione ha definitivamente chiuso la pagina del delitto Meredith per quanto riguarda le responsabilità di due degli accusati. IL fatto tragico e la conseguente vicenda giudiziaria rimarranno negli annali della storia della città, non solo per l’efferatezza del crimine rivolto contro una giovane donna alle porte della vita, per il mistero che continua a circondarne le modalità e le responsabilità (che chissà se sarà mai diradato), ma anche perché da esso ha preso le mosse un offuscamento di “immagine” di cui Perugia, in termini di buona fama in Italia e all’estero e quindi anche economici, ha pagato e sta pagando pesanti conseguenze. La flessione di iscritti nelle due Università ne è il sintomo più appariscente per il peso della presenza studentesca nei redditi delle famiglie perugine.

“Sbatti il mostro in prima pagina”; da quell’evento delittuoso la città è stata descritta dai grandi media, estranei alla sua vita, in modi peggiori della realtà ed è stata fatta apparire solo come detentrice di primati negativi. E lecito proporsi interrogativi circa il funzionamento, anzi il mal funzionamento, di una informazione che fa del sensazionalismo, della superficialità e della ricerca ossessiva di audience, il suo modo di essere. Altri interrogativi possono essere legittimamente accampati circa la esistenza di un “complotto” di natura politica, volto a far cambiare di segno al governo della città o persino di interessi competitivi di altri centri universitari forse sostenuti dai media di cui sopra. A supporto di questi sospetti potrebbero essere portati i reportage di qualche Tv che capovolgono l’immagine della città dopo il cambio della sua guida politica, anche se i tempi sono troppo stretti perché quest’ultima possa rivendicarne il merito.

Ma prendersela con l’informazione “distorta” o con l’opposizione che fa il suo dovere, non è sufficiente. Rimane anche l’interrogativo se, al delitto della ragazza inglese, la risposta degli amministratori pubblici ed anche di parte delle classi dirigenti avrebbe dovuto/potuto essere diversa. La tragica vicenda fu subito derubricata a “fatto tra stranieri” che non coinvolgeva i perugini. In questi anni si è costantemente tentato di procedere ad una rimozione dell’accaduto, nella speranza che essa costituisse un antidoto al diffondersi di un’immagine negativa della città.Nei mesi precedenti l’ultima campagna elettorale per le comunali si è continuato a proporre agli elettori un’immagine, a volte surreale, di una Perugia dove “tutto va bene” e questa è stata, probabilmente non ultima, una delle cause della sconfitta del centro sinistra. E’ comprensibile e anche giusto il desiderio di chi amministra di difendere il proprio lavoro e di tutelare la comunità amministrata.

Ma, in tutti questi anni, la tesi principale è stata quella di dire che quanto accaduto a Perugia, sarebbe potuto accadere dovunque. Beh, certo, bella scoperta! Ma il punto è proprio questo: che a Perugia ci possa ormai essere quanto di negativo si trova altrove, mentre ci eravamo abituati a pensare, confortati per molti anni anche dai fatti, a questa città come ad un’oasi immune o comunque tra le più avanzate nel panorama generale.

Sarebbe stato utile un altro atteggiamento. Il delitto Meredith avrebbe potuto essere l’occasione per aprire una riflessione in grande. Su cosa? Su molte cose: sulla città, sul suo modo di essere, sui processi da cui è investita e il suo modello di sviluppo. E, ancora, sulla solitudine giovanile, la desertificazione del centro storico, una concezione della presenza studentesca esclusivamente come fonte di reddito e la assenza o la insufficienza di servizi “socializzanti”. Insomma dire le cose come stavano, presentare i successi e i problemi in equilibrio e nella loro giusta dimensione, avrebbe spuntato le armi di chi voleva, e c’è riuscito, deformare l’immagine della città. Ma così, purtroppo, non è stato.

Leonardo Caponi

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