L’Assemblea Nazionale del Potere Popolare (il Parlamento) di Cuba ha approvato, il mese scorso, la nuova legge sulla “inversionextrajera”, cioè  gli investimenti stranieri nell’isola. La nuova norma (che modifica la precedente del 1995) segna una svolta,equiparando sostanzialmente la legislazione cubana a quella degli altri Paesi e fa cadere un altro degli alibi che, per decenni, hanno giustificato il boicottaggio e l’isolamento economico internazionale dell’isola voluto dagli Stati Uniti e assecondato o subito dalle altre potenze occidentali.

   In particolare la nuova legge interviene su due punti che, a torto o a ragione, venivano sempre indicati come ostativi alle imprese e al capitale straniero per investire a Cuba: la possibilità di una misura di “esproprio” improvviso da parte del governo del bene acquistato o impiegato nell’isola (pericolo più presunto che reale, ma sempre agitato come un vero e proprio spauracchio anche per i piccoli investitori) e la impossibilità di trasferire nel Paese di origine o comunque fuoriCuba, i profitti realizzati nella stessa isola. La nuova legge stabilisce che il governo si impegna a tutelare le proprietà straniere e nel caso limite nel quale, per cause di eccezionale emergenza naturale o nazionale, venisse requisito, all’impresa investitrice sarà garantito il rimborso a prezzi di mercato corrente.I guadagnirealizzati da imprese sul territorio cubano, potranno liberamente essere trasferiti all’estero e lì, eventualmente, reinvestiti o soggetti ad altro utilizzo.

   Per le imprese straniere è inoltre previsto (altra misura di grande importanza e interesse) un regime di incentivazione fiscale con l’esenzione, per otto anni, dal pagamento di alcune tipologie di imposte. Anche il trattamento dei dipendenti assunti potrà essere oggetto di una condizione particolare, tenendo che a Cuba già di per se il costo della manodopera è assolutamente basso, irrisorio, rispetto alla media dei Paesi occidentali.

   Il quadro di apertura dell’economia cubana è completato e integrato dalla realizzazione (risalente agli ultimi mesi dello scarso anno) di una Zona di Libero Scambio a Mariel, località sede di un porto situato 40 km ad ovest de L’Avana (da cui a suo tempo parti una massa di 125mila cubani che, autorizzati, anzi spinti dal governo, vollero raggiungere la Florida). La zona franca è stata concepita per aggirare l’irragionevole e criminale blocco americano, uno dei cardini del quale è rappresentato dalla legge Helms Burton, norma che impedisce di accedere ad un porto americano a tutte le navi che abbiano attraccato in un porto cubano nei sei mesi precedenti. A Mariel, secondo le intenzioni del governo, dovrebbero in breve aggiungersi altre due aree della stessa natura. In queste zone norme  e leggi cubane di carattere fiscale, industriali e ambientale non saranno applicate per permettere il massimo possibile di scambi e di afflusso di capitale straniero.

La nuova norma sugli investimenti è stata approvata all’unanimità dall’Assemblea nazionale. Probabilmente anche a Cuba e fuori di Cuba ci sarà qualcuno che storcerà il naso per questa e per altre misure del percorso riformatore di Raoul. Agli esteti della purezza del socialismo occorre rispondere che Cuba, che solo adesso grazie ai rapporti col Venezuela e gli altri Paesi dell’Alba e a quelli con la Cina, sta riprendendosi dopo il terribile “periodo speciale”, ha bisogno di capitali e investimenti come l’aria per respirare e che il socialismo si difende e va avanti solo se riuscirà a garantire migliori condizioni economiche e sociali ad un popolo eroico, ma provato da venti anni di penuria seguenti al crollo dell’Unione Sovietica. Ha ragione Raoul quando dice “reforma per mas socialismo”, riforma per più socialismo e non per il ritorno alcapitalismo. Indicativa di questo modo di vedere le cose è una delle norme contenute nella legge sugli investimenti stranieri: il governo di riserva di valutare e autorizzare (evidentemente lo faranno gli uffici) singolarmente i progetti e le proposte che vengono dall’estero. Mantenere il diritto di tenere alla larga da Cuba avventurieri e razziatori è più che giusto.

Leonardo Caponi

 

 

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