Adolfo Orsini

Quale iscritto del PD di Città di Castello e cofondatore di “POLIS” (Officina Politica della Sinistra Umbra), intendo fare alcune riflessioni sulle candidature del mio partito alle prossime elezioni comunali per evidenziare ed estrinsecare le numerose perplessità che nutro, sia per le modalità con cui si è arrivati alla scelta dei candidati che per il merito delle scelte effettuate. Si è trattato di un percorso avvenuto interamente nelle stanze delle segreterie, totalmente autoreferenziale, senza alcun coinvolgimento dell'organismo dirigente (Unione Comunale) se non per ratificare le suddette scelte, con una finta partecipazione dei circoli (o meglio, una parte di questi) alla presenza di tre o quattro iscritti al massimo, secondo uno schema che purtroppo sta diventando abituale, suscitando notevole malumore nei militanti che si trovano sempre più abitualmente chiamati soltanto ad alzare la mano per approvare le scelte fatte altrove.

Tutto questo si rivela essere ancor più grave in quanto avviene in presenza di scelte politiche che manifestano la volontà evidente di andare verso quel partito della nazione che, a Città di Castello, va addirittura oltre Forza Italia. Oltretutto importante sarebbe stato tale coinvolgimento in un quadro in cui si è andati ampiamente a derogare la norma delle due legislature: insistere ripetutamente nel voler ricandidare i consiglieri che hanno già fatto due legislature dà all’esterno il segnale di un partito che non vuole rinnovarsi e che fa fatica a trovare forze nuove.

Grandi perplessità nutro anche nel merito delle scelte dei candidati, nulla di personale, ma solo una riflessione politica. Trovo, infatti, la lista non in grado di rappresentare adeguatamente tutte le anime del partito (per fortuna a Città di Castello abita il coordinatore regionale della sinistra P.D.) e le varie componenti territoriali. Storicamente le liste dei candidati venivano fatte per cercare di attrarre il maggior numero possibile di consensi e di far riconoscere tutti in esse; oggi pare, invece, che si vogliano avere solo persone in grado di garantire il perfetto allineamento, senza lasciare alcuno spazio al dibattito interno, alla pluralità di posizioni e alle diversità che hanno rappresentato il codice genetico alla base della nascita del progetto politico chiamato Partito Democratico.

Enormi sono le sfide che attendono nel prossimo futuro la nostra città: la perdita dell’Università, di Equitalia, dell'ASL, del Tribunale, per fare alcuni esempi; la crisi profonda delle società partecipate, ma che, al di la di quello che si vuol far credere, sono di fatto gestite solo con soldi pubblici; la crisi economica, che interessa tutti i settori produttivi con grave perdita di posti di lavoro e di impoverimento delle famiglie; la perdita della ferrovia, che porta ad un concentramento sempre maggiore, nel terzo millennio, del traffico su ruota gommata.

Si pensi poi al problema delle altre infrastrutture, basti pensare alla E78, ormai un eufemismo chiamarla due mari; è proprio di oggi la notizia, sulle cronache locali, che è stato sottoscritto l'accordo da parte della regione Toscana con Anas per il tratto toscano. L'Umbria dov'è? Per dirla con le parole espresse da un nostro parlamentare del P.D.: “Il tratto umbro sarà poco più di una mulattiera a due corsie.”

Si consideri infine la grande tematica della gestione dei rifiuti e delle acque che viene sottratta al nostro territorio. Mi viene da pensare che, mentre Città di Castello (la quarta città) è sempre più la cenerentola dell'Umbria, l'Umbria è sempre più la cenerentola d'Italia. Non mi sembra che siano questi i presupposti per far si che il PD torni ad essere punto di riferimento propositivo e luogo di elaborazione di idee e proposte per risolvere le enormi problematiche che evidenziano la urgente necessità di colmare il vuoto rappresentativo del nostro territorio e il silenzio del nostro partito. 

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