di Alessandro Torrini // candidato alla segreteria regionale del Pd Umbria

I mali dell’Italia stanno emergendo tutti nella loro drammaticità. Il Covid li ha solo portati in evidenza.
Nei primi mesi della pandemia abbiamo gestito l’emergenza, governato i processi, fatto debito.
Nessuna decisione importante è stata presa per provare a curare i mali storici del paese: disoccupazione, precariato, sommerso, evasione, illegalità, disuguaglianze…
L’Italia non cresce da oltre venti anni e, nello scacchiere geopolitico ed economico internazionale, arretra e perde influenza e competitività. La ricerca e l’innovazione sono i grandi imputati, sia nel privato che nel pubblico.
L’imprenditoria nostrana si dimostra miope ed egoista mentre i mediatori sociali, in un mercato del lavoro globale, sempre più svalutato e umiliato, perdono rappresentanza e forza contrattuale. L’architettura e l’organizzazione dello stato, in tutti i suoi comparti, mostra importanti deficit funzionali.
Sanità, Scuola, Università, Giustizia, Welfare, Pubblica Amministrazione... hanno bisogno di grandi processi di efficientazione per accrescere la produttività e migliorarne la qualità dei beni e dei servizi forniti.
Non parliamo di politiche che guardano al futuro: non se ne vede traccia. Nulla lascia intravedere dove si voglia portare il paese, almeno nei prossimi dieci anni. Gestiamo in emergenza e improvvisiamo su tutto.
La Cina, con il suo dirigismo di Stato, imprime accelerazioni quali quantitative molto efficaci con le quali il mondo intero dovrà fare i conti.
Lo Stato, con i limiti che il mercato spesso dimostra di avere, deve attrezzarsi perché se e quando dovesse servire, deve saper fare la propria parte. Per troppo tempo abbiamo fatto scelte che hanno indebolito lo Stato ed oggi, difronte alla disponibilità di grandi risorse da investire, la tecnostruttura risulta inadeguata a gestirle, sia per qualità che per quantità.
Impensabile fino a qualche mese fa, serve un nuovo protagonismo dello Stato, una agenda quindi tutta da scrivere, una nuova narrazione.
I partiti, nessuno escluso, dopo la sistematica azione d’indebolimento operata negli ultimi venti anni, sono in grande sofferenza e non producono classe dirigente all’altezza della sfida necessaria.
Mi rivolgo al PD, al mio partito.
Caro Zingaretti, è giunto il momento di osare.
È da troppo tempo che con senso di responsabilità abbiamo fatto da argine, ora, se abbiamo idee e progetti per provare a cambiare questo paese, è giunto il momento di porre con radicalità e determinazione le nostre opzioni e le nostre priorità.
Mi aspetto un grande impegno per rilanciare il partito e la sua capacità di elaborazione politica, dal quale, nel lungo periodo discende la visione, la selezione e la formazione della classe dirigente.
Mi aspetto un progetto organico di trasformazione del paese, non tanto per gestire il presente, ma per attrezzarlo per il futuro. Uomini e donne di grande prestigio, competenti e capaci, sono a disposizione.
Allargare il campo. Il PD si apra con generosità ai tanti movimenti impegnati in tutti i campi del civismo e a tutti coloro che credono nei valori costituenti, per dare maggiore forza a un progetto di vera emancipazione.
Solo dopo, nella parte del campo di chi ha più bisogno della politica, vedremo chi è disponibile a fare questo percorso insieme a noi.
Caro Segretario, se non ora, quando?!

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