Con Braccio tutto l’anno
Non dovremmo considerare le polemiche sulla nuova destinazione d'uso delle logge del Duomo una bega di paese. Ciò che ci raccontano le pietre che rappresentano le tracce superstiti del Palazzo di Braccio è una storia molto moderna, dei giorni nostri. E' la storia di ciò che sta accadendo un po' ovunque ai beni culturali del nostro paese, ai musei, alle pinacoteche, alle zone archeologiche, ai palazzi storici. Conservare? mettere in sicurezza? restaurare? insegnare nelle scuole la storia dell'arte, promuovere la cultura? Ma no, non è questo. Ciò che abbiamo di più prezioso in questo Paese va soprattutto messo a rendita e in fretta e, quindi affidato alla direzione di manager che sappiano vendere il loro prodotto alla grande folla dei turisti. Abbiamo il patrimonio più ricco del mondo ma non così tanti visitatori. Dobbiamo vendere di più e meglio la nostra immagine. Così dicono, e questo è ciò che si cerca di fare. Serve, insomma, una grande operazione di marketing. Commercio. Non è detto che l'idea sia quella vincente perché le componenti da mettere in campo sono molte e piuttosto complesse. Di sicuro avremo bisogno di meno storici dell'arte e di più esperti in pubbliche relazioni, propagandisti, promotori.
Se così ha da essere, Eugenio Guarducci sotto le logge del Duomo ci starà benissimo, così come alla guida del festival di Todi, così come al centro della sua fiera del cioccolato, a ottobre. La strategia è sempre la stessa. Vendere e poi anche qualcosa di più. Sedurre il potere, servirlo e servirsene. Ora il patron di Eurochocolate, con in tasca il contratto di affitto firmato dalla Curia, sta ripulendo le Logge e dovremmo ringraziarlo. Un posto così privilegiato occupato dai piccioni. Non si può. E poi si deve far presto. Tra qualche giorno arriva il corteo in costume, la metafora del nuovo potere che si mostra e ci racconta le sue storie dei nobili di una volta, degli eserciti di Braccio che vinsero tutte le battaglie meno l'ultima, di come la città di Perugia sconfisse la decadenza e aprì le porte a un futuro di rinascita . Bella storia, davvero. Per questo tutti i bravi cittadini devono fare il loro dovere. Ripulire la città, riempirla di bandiere e di stendardi, aprire le taverne, correre dietro a un drappo per vincere un palio dall'aspetto indecifrabile. Quella che si prepara è la più grande festa mai vista a Perugia, non una processione e neanche una manifestazione politica. L'una e l'altra, semmai. Un nuovo santo c'è già, ed è Braccio al quale ormai si dedica ogni cosa, tutto porta il suo nome e tutti devono servire la sua memoria con grande devozione. Qualche giorno fa hanno chiamato gli esperti dell'Università dei sapori, una cosa seria in altri tempi, e gli hanno chiesto di scegliere il migliore dolce di Braccio, torte variamente confezionate come si sarebbe fatto nel Quattrocento. Questi esperti, un po' spaesati, assaggiavano muovendo lentamente le mascelle e facendo gonfiare le guance come fanno i sommelier. Alla fine è saltato fuori il dolce più degno che si possa immaginare per un capitano di ventura. Una cosa marrone, un po' rinsecchita, ma con gli ingredienti di quell'età indefinita che si vuol festeggiare e che non riusciremo mai a capire perché fu così importante visto che per tanti secoli non se n'era accorto nessuno. Scomoderanno anche Boccaccio e le sue novelle per metterle in scena nelle piazze del centro. Chi non ricorda Andreuccio da Perugia? Beh, come idea non è male, ma Boccaccio è del Trecento, il secolo degli anni bui, quando morì, Braccio aveva solo sette anni. Pazienza. Visto che si festeggia un'età di passaggio può darsi che sia passata anche da lì, dal paese di Boccaccio, per un po', per correre poi di nuovo dietro a Braccio che a Perugia riuscì a far tante cose pur non avendoci, in pratica, vissuto mai. Neanche nel 1416, per dire.
Capita l'antifona, dopo Guarducci e insieme a lui davanti ai fotografi, si è presentato in piazza un signore che gestisce una società di pulizie. Ha detto che ripulirà gratis tutte le scale del duomo e anche, se il Comune gradisce, quelle del Palazzo dei Priori, così gli operai della Gesenu imparano. Naturalmente in tempo per il giorno del Grande Evento. Stavolta i perugini non potranno scappare, come fanno di solito nel periodo di Eurochocolate perché l'ombra di Braccio li seguirà per tutto l'anno, convegno dopo convegno, taverna dopo taverna, dolce dopo dolce, lezioni nelle scuole e in ogni dove. Non siamo mica su Scherzi a parte. Questi ci credono davvero e non solo loro, purtroppo.
Renzo Massarelli
Domenica
05/06/16
17:12
L'analisi di Renzo Massarelli è in buona parte condivisibile, tuttavia nel caso in oggetto ritengo che si parta da presupposti errati. Massarelli parla di "nuova destinazione d'uso delle logge del Duomo" e da questa premessa parte il suo j'accuse all'amministrazione comunale e più in generale alle politiche culturali dle Governo nazionale. Rimanendo colpito da tale affermazione e risultandomi errata, prima di rispondere mi sforzo di documentarmi e, senza neanche dovermi troppo sforzare, riscontro che i locali incriminati corrispondono a quelli già fino ad oggi occupati da attività commerciali (il negozio di fiori "la violetta" e il negozio di articoli sportivi "sport outlet"). Dunque di quale "nuova destinazione d'uso" si parla se questa rimane esattamente quella presistente? Forse se non si ha sufficiente dimestichezza con la materia urbanistica sarebbe il caso di essere più cauti nell'avventurarsi in azzardate affermazioni perentorie. Certamente è condivisibile la critica circa un uso così incoerente di tali locali che svilisce anzichè valorizzare il suo valore storico ed artistico-architettonico, ma imputare all'attuale amministrazione comunale (che avverso politicamente), al privato che avvierà la nuova attività o al Governo nazionale la colpa di tale situazione è francamente sbagliato e financo ipocrita. Correggere tale "stortura" (una destinazione d'uso incongrua) di uno spazio che, pur avendo un importantissimo valore civico per la città, è privato non spetta all'inizitiva della proprietà o di un imprenditore economico, come non spetta ad un Governo Nazionale, ma sarebbe spettato all'amministrazione civica che a suo tempo (oggi le difficoltà che si trovan ad affrontare gli enti locali rendono tali operazioni molto difficili) avrebbe dovuto espropriare e recuperare ad una funzione pubblica tale spazio. Certamente si può riflettere e discutere se comunque, pur nell'estrema onerosità dello sforzo, valga tutt'oggi la pena avviare un tale processo ma a condizione che si riesca a definire un processo davvero virtuoso che sappia poi assicurare un ritorno (anche indiretto attraverso un maggior flusso turistico) alla città e soprattutto chiarendo quali altri interventi e servizi saranno penalizzati in questo caso (perchè l'idea che ci siano risorse per tutto è tanto fallace quanto pericolosa). Ma soprattutto che si abbia il coraggio di ammettere che se c'è un colpevole dell'attuale criticità questi va ricercato in chi ha amministrato la città fino agli anni novanta, quando ancora - a livello locale - espropriare ed investire in valorizzazione di beni culturali era economicamente sostenibile. Svegliarsi adesso solo perchè non abbamo in simpatia chi amministra la città, fa torto all'intelligenza di tutti noi e soprattutto rende un pessimo servizio alla città stessa.