di Maria Pellegrini

Eva Cantarella non ha bisogno di presentazioni, già docente di Istituzioni di Diritto romano e Diritto greco antico all’Università Statale di Milano, ha insegnato in molte università straniere, i suoi libri - per i quali ha avuto riconoscimenti ufficiali e premi - sono stati tradotti in tante lingue. I suoi articoli scientifici sono pubblicati da prestigiose riviste internazionali. Di recente pubblicazione è il volume Gli amori degli altri. Tra cielo e terra, da Zeus a Cesare (La nave di Teseo, pp. 240, € 18,00). Il titolo è accattivante, il soggetto è l’amore, quello degli dei dell’Olimpo, di eroi epici, di personaggi mitici o della storia greca e romana, «una sorta di campionario delle facce dell’amore» e delle diverse reazioni emotive influenzate dalla diversità di modelli culturali, narrate con rievocazione suggestiva, supportata da un grande lavoro di documentazione su testimonianze antiche e con un linguaggio semplice pur nella complessità degli argomenti trattati, con l’intento, come si legge nell’Introduzione, di «raggiungere il pubblico più ampio di coloro che desiderano approfondire una conoscenza del mondo classico…un tentativo di divulgarne la cultura per impedire che diventi patrimonio di pochi privilegiati».

La narrazione che Cantarella ci offre sul tema dell’amore è divisa in due sezioni: I Greci e i Romani, per puntualizzare la loro differenza nel modo di vivere questo sentimento e tutti i suoi aspetti: quando sconvolge cuore e sensi (eros) e quando è rapporto affettivo tra familiari o amici (philia).

Gli amori dei nostri antichi antenati, i Greci e i Romani (“gli altri” del titolo) sono diversi tra loro e dai nostri perché, come suggerisce l’Autrice «il passato è complesso, non monolitico e la diversità è sempre una ricchezza. Questa è la lezione della storia».

La lettura di questo volume che chiamerei “saggio narrativo” è un viaggio tra amori corrisposti o traditi, romantici o violenti, incestuosi, perversi, omosessuali, passionali, amori eterni o infatuazioni passeggere, ottenuti con l’inganno o suscitati dalla freccia del dio Eros, figlio di Afrodite, dea dell’amore, Le storie narrate possono essere a lieto fine o proseguire verso esiti tragici, alcune sono più note e per molti sarà una rilettura che riporta ai tempi della scuola media o superiore, altre possono sorprendere perché poco conosciute e per il loro svolgersi tra incantesimi, travestimenti, e diversità di versioni di uno stesso mito. La narrazione è spesso accompagnata da riflessioni sul ruolo delle donne nel mondo antico greco e romano, sul potere che cerca di regolare e prendere misure per frenare libertà individuali, sul mutare del pensiero col mutare delle condizioni storiche.

Tornando al tema del libro, il primato tra gli amanti divini è riservato a Zeus, (Giove per i romani) definito da Cantarella «il primo molestatore seriale». Il re dell’Olimpo ricorre anche allo stratagemma di mutarsi in un animale per portare a termine le sue avventure, in cigno quando s’invaghisce di Leda, in toro per consumare il suo atto di conquista della fanciulla Europa, o come accade quando s’innamora del giovane Ganimede di rara bellezza, si serve di un‘aquila per rapirlo e trasportarlo sull’Olimpo assegnandogli il compito di coppiere degli dei.

Le gesta degli antichi eroi greci hanno sempre esercitato una forte attrazione e anche oggi, in un mondo tecnologico e globalizzato, si sente il bisogno di tornare alle radici della civiltà europea, all’inizio della letteratura del mondo occidentale e ai suoi miti. Pochi altri temi della storia antica sono divenuti terreno di studio delle più diverse discipline antichistiche e umanistiche come la guerra di Troia e i loro personaggi. Il racconto dei loro amori da millenni incanta il cuore degli uomini.

Elena è uno dei simboli eterni dell’onnipotenza dell’amore, splendida donna fatale che abbandona il marito Menelao, re di Sparta, per seguire il principe troiano Paride. La sua passione per quel giovane figlio del re Priamo non è un sentimento nato liberamente nel suo animo, bensì come una forza ineluttabile: la donna è stata travolta dalla passione ispirata da Afrodite. La dea della bellezza e dell’amore, dopo il fatale concorso sul monte Ida tra lei, Atena ed Era per il titolo della “più bella”, dietro la promessa dell’amore della spartana esaltata nel mondo allora conosciuto per la sua avvenenza, ottiene la palma della vittoria da Paride, scelto per il verdetto. Accolto con ogni onore nella reggia di Menelao il giovane si allontana portando con sé Elena a Troia provocando in tal modo la sanguinosissima guerra fra due popoli.

Esempio di amore coniugale è quello della moglie di Ulisse, Penelope: con fedeltà costante resiste alla corte dei numerosi pretendenti che vogliono sposarla aspettando il suo sposo. Ulisse invece, durante il viaggio di ritorno, si concede qualche “distrazione”, così Cantarella ironicamente definisce le avventure amorose dell’eroe che sbarca sull’isola abitata dalla maga Circe, signora di incantesimi. I suoi poteri non riescono a far effetto su Ulisse perché il dio Hermes gli ha donato un’erba magica. Dopo aver costretto la maga a ridare l’aspetto umano ai suoi compagni trasformati in porci, non resiste all’idea di accettare le lusinghe amorose della bella incantatrice e rimane sull’isola per un anno. Più a lungo rimarrà presso la ninfa Calipso, sette anni dice Omero. Ma alla fine riconquista il suo regno e la sua sposa.

Le tragedie del teatro greco hanno immortalato altre storie dolorose come quella di Medea e Giasone. La vicenda narrata nelle “Argonautiche” di Apollonio Rodio comincia con l’innamoramento fatale della giovane principessa, figlia del re della Colchide, per Giasone venuto in quella lontana terra per riavere il vello d’oro custodito da un drago invincibile. Il re impone prove impossibili che il giovane supera grazie alle arti magiche di Medea alla quale promette di portarla con sé in Grecia e sposarla. In seguito Giasone, nonostante abbia avuto da lei due figli, tradisce Medea e per desiderio di potere si accinge a sposare la figlia del re di Corinto. La tragedia di Euripide inizia con la scena di Medea dinanzi alla sua casa dopo l’abbandono di Giasone, parla alle donne di Corinto e si lamenta della sorte riservata alle donne: «Fra gli esseri tutti, dotati di anima e di ragione, noi donne siamo la razza più sventurata…Gli uomini dicono poi che noi viviamo in casa una vita senza pericoli mentre essi combattono in guerra, ma ragionano male. Io vorrei imbracciare tre volte lo scudo piuttosto che partorire una volta sola».

Nella figura di Medea tracciata da Euripide Cantarella vede l’intrecciarsi di due aspetti discriminatori: è donna e straniera, quindi “diversa”. In quanto donna subisce il tradimento come ogni altra ateniese, ma è un’esule ha perduto le sue radici lontana dalla sua terra, si sente sola, non può tornare dai suoi che ha tradito ed è guardata con sospetto anche nella terra che l’ha ospitata. Euripide mette in scena la sua commedia quando Pericle nel 450/51 ha stabilito che la cittadinanza ateniese non spetta più a chi nasce da un padre ateniese, ma a chi ha sia padre che madre cittadini ateniesi. Il gesto terribile di vendicarsi di Giasone uccidendo i figli è ingiustificabile ma ci siamo mai chiesti perché lo ha fatto? Non era stato anche l’abbandono di Giasone e le circostanze del momento ad aver soffocato in lei anche l’amore materno? I classici antichi ci aiutano a riflettere, ci esortano a porci sempre domande sulle motivazioni delle azioni umane.

Anche l’amore di Arianna per Teseo ha un esito tragico, ma infine il suo dolore per il tradimento e l’abbandono di Teseo sarà compensato dall’amore del dio Dioniso. Arianna ha aiutato Teseo a entrare nel Labirinto per uccidere il Minotauro ed uscirne tramite il filo che lei stessa le ha fornito per poter ritrovare l’uscita dai meandri di quell’edificio. Insieme prendono il mare alla volta della Grecia. Ma sulla via del ritorno Teso sbarcato per fare rifornimenti nell’isola di Dia, odierna Nasso, in piena notte mentre Arianna dorme, risale sulla nave, riprende la via del mare abbandonandola sulla riva. Il dio Dioniso mosso a pietà dai suoi lamenti, la prende in sposa. Come regalo di nozze le dona un diadema di splendida fattura, tramutato poi in costellazione. La storia di Arianna diventa l’ispirazione per molti poeti.

Nella sezione dedicata ai Romani ricorderemo gli amori che hanno ispirato grandi poeti: la storia di Didone ed Enea, che indusse Virgilio a esclamare Crudele Amore, a quali eccessi non spingi il cuore dei mortali! E la passione di Catullo per Lesbia, descritta come una pulsione bruciante che spinge chi ne è còlto a diventarne schiavo. Dunque l’amore come sofferenza, malattia, i cui sintomi il poeta sente sul proprio corpo con la perdita della voce, della vista e persino dell'udito, fino al deliquio, come già l’aveva espressa Saffo in un noto carme. Per Lesbia c’è l’altalena dell’incanto e dell’estasi da una parte, del disprezzo e della maledizione dall’altra. Lesbia gli ispira inappellabili sentenze negative. Esemplare quella del carme LXX: «ciò che una donna dice all’ansioso amante / bisogna scriverlo nel vento, e sull’acqua che fugge». Ma anche il suo amore per il giovinetto Giuvenzio è un’altalena di passione, tradimenti e infine rottura.

Interessanti le considerazioni intorno alle preferenze sessuali di Cesare e ai suoi amori. Delle tre mogli, dalla prima, Cornelia, da lui amata teneramente ha una figlia, Giulia. È nota la sua fama di seduttore e l’elenco delle sue amanti è molto lungo, tra le più famose: Cleopatra quando lei ha solo 17 anni e lui 52. Dalla loro relazione nasce un figlio, ma la donna che secondo Svetonio ha amato più di tutte le altre è Servilia con la quale ha un rapporto lungamente stabile. Si vociferava anche che avesse avuto un figlio, quel Bruto che pugnalerà Cesare a morte. Tuttavia le voci sulle sue preferenze per amori maschili sono riportate da vari autori. Ne fanno fede quanto i soldati durante il suo trionfo per la vittoria sulla Gallia cantano: «Cesare ha sottomesso la Gallia, ma Nicomede ha sottomesso Cesare» oltre che definirlo «marito di tutte le mogli e moglie di tutti i mariti», allusione alle sue doti di seduttore di donne ma anche di amante passivo nei suoi rapporti con uomini. L’etica romana non condanna che due uomini abbiano rapporti sessuali, disapprova il ruolo passivo; in quello attivo identifica la virilità del maschio, ma dalla condanna si passa nel corso degli anni all’accettazione anche del ruolo passivo perché la pratica diviene ampiamente diffusa.

Ripercorrendo storie amorose Cantarella si sofferma anche sull’etica della sessualità e della sua trasformazione dall’antichità pagana dei greci e dei romani a quella cristiana quando l’omosessualità sia attiva che passiva è considerato un delitto che offende Dio e ed è qualificata “contro natura” e punita severamente.

Se scorriamo l’indice del libro scopriamo quanto sia ricco l’elenco degli amori che sono stati raccontati. Ne citiamo alcuni che susciteranno l’interesse dei lettori. Tra i Greci: Fedra e Ippolito; Ettore e Andromaca; Alcesti e Admeto; Orfeo e Euridice; Edipo e Giocasta. Tra i Romani: Rea Silvia e Marte; Lucrezia e Collatino; Marzia e Catone. Per le storie di età augustea: Livia e Augusto; Sulpicia e Cerinto.

La lontana eco di questi racconti affascinerà il lettore soggiogato da eventi ora di un mondo mitico senza tempo, ora documentati dalla storia e dalla voce dei poeti. La narrazione ha toni a volte fiabeschi ma non mancano dotti riferimenti storici e letterari e talvolta espressioni ironiche e colorite del nostro linguaggio quotidiano.

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