I “buu” razzisti sono cori che mimano il verso della scimmia nei confronti di un calciatore nero e domenica 1 settembre 2019, durante la partita di calcio Cagliari-Inter, i cori sono stati indirizzati nei confronti di Lukaku, a cui va la nostra solidarietà.

Cori che ripropongono i problemi di sempre: “la violenza negli stadi”, nonché il comportamento degli Ultras delle varie squadre, che si cerca di combattere con i tornelli e con altri mezzi tecnologici che non ci convincono perché non poggiano sull’educazione e sulla formazione dei singoli.

A proposito del comportamento degli ultras, in occasione dei derby o di partite di calcio, va detto, a scanso di equivoci, che le condanne inflitte ai violenti trovano concordi, con l’opinione pubblica, anche la nostra.

I fenomeni di intemperanza sportiva nei vari Stadi della penisola stanno diventando un costume e investono squadre che vanno dai dilettanti ai professionisti. Porre un freno all’escalation è un dovere delle Istituzioni ed un diritto della comunità.

 I cori razzisti, degli interisti nei confronti degli avversari, nella scorsa stagione avevano interessato diversi giocatori africani fra cui il difensore Kalidou Koulibaly del Napoli e il centrocampista del Milan Franck Kessié. Nel primo caso la curva era stata chiusa per due giornate dal Giudice sportivo. Il ripetersi di tali atteggiamenti dovrebbe comportare la chiusura di un settore per un tempo maggiore.

La legge tutela il rispetto per la proprietà altrui e la salvaguardia dei cittadini nei confronti di episodi di violenza e punisce severamente chi sbaglia.

Non deve trarre in inganno, né servire da giustificazione il fatto che quasi sempre i giudici, nei confronti di scontri “sportivi”, abbiano tenuto un atteggiamento “comprensivo” nei riguardi dei trasgressori. Per quanto riprovevoli, le violenze consumate nei contesti calcistici, hanno goduto sempre di una certa “accondiscendenza”, anche da una larga parte della pubblica opinione, considerando gli “sfoghi”, come esuberanze giovanili.

C’è da chiedersi che cosa abbiano fatto le Istituzioni per prevenire le intolleranze; perché non bastano le leggi e le forze dell’ordine per evitare che le violenze si ripetano; leggi e militari si incaricano di reprimerle.
Il compito di educare i cittadini e l’analisi di prevenzione del rischio appartengono ad altre realtà istituzionali: la scuola, la famiglia, la società tutta.

Sarà il caso che quanti hanno come dovere sociale la responsabilità di crescere cittadini rispettosi delle leggi, si attivino per evitare che il cattivo comportamento di pochi si identifichi con quello di tutti.

Al di là di intemperanze di pochi il popolo sportivo non lo è.

Il problema della violenza in Italia c’è e le partite di calcio sono ricche di episodi incresciosi che non risparmiano anche sodalizi che vantano una solida tradizione sportiva.

Inoltre l’Antimafia svela le relazioni pericolose tra criminalità e ultras.

Il rapporto dell’Antimafia sulla criminalità contiene considerazioni inquietanti sulle infiltrazioni criminali nelle curve degli stadi. Nessuna grande squadra ne è immune. E purtroppo sull'argomento nessuno sembra voler fare davvero chiarezza.

Bisogna puntare sui giovani, sulla prevenzione, sulla formazione chiamando la scuola tutta, la famiglia a dare il proprio contributo e le istituzioni e le organizzazioni sportive a favorire gli incontri con gli studenti ed i campioni siano a disposizione per trasmettere valori. Lavorando in sinergia sarà possibile educare allo sport e creare una vera cultura sportiva. Proviamoci…insieme si può.

Giocondo Talamonti

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